LA MIA VITA IN LIBERTA'

Voglio raccontarvi ora un ricordo molto originale che senz'altro vi farà comprendere tutta la mia vivacità di fanciullo che trascorreva la sua vita in un modo perfettamente naturale.
Quando io avevo l'età di tutti i bambini che frequentavano i primi anni di scuola elementare, pensavo che tutti gli esseri viventi di questo Mondo, fossero liberi ed uguali.
Non capivo perchè le mucche e l'asino del nonno Silverio dovessero restare rinchiusi nella stalla, legati per il collo, lì, sempre da soli, poverini, a mangiare solo fieno, senza mai un panino a merenda.
In quei momenti, tra i miei pensieri di fanciullo innocente, pensavo sempre che sarebbe stata cosa giusta fare al nonno una domanda un poco pesante:
- Nonno! perchè hai fatto prigionieri le mucche e l'asino? Quando gli Austriaci ti hanno fatto prigioniero, ti hanno legato come loro? Ti tenevano per il collo con una catena?
Il nonno sicuramente, dalle storie che mi raccontava nella stalla durante le mattine di buon'ora, mi avrebbe sicuramente risposto:
- Quando io ero prigioniero, non ero legato, ma rinchiuso in un recinto, con delle baracche! eravamo trattati male, ma non avevamo la catena al collo!
In quel momento, pensando a quelle cose, mi prese un malessere strano.
Pensavo che quegli animali erano trattati peggio ancora del nonno!
Cominciai allora a formulare piani strategici pur di alleviare la vita di quei poveri animali nella stalla.
Piano piano, entrai nella stalla cercando di non farmi vedere, anche perchè a dire il vero un poco mi vergognavo del mio stato d'animo.
Il cortile era sempre pieno di bambini e, se mi avessero visto entrare nella stalla, mi avrebbero sicuramente preso in giro dicendomi sempre:
- Oh! Sellin va a far compagnia all'asino e ci gioca pure come fosse un suo amico!
Quando ad esempio l'asino ragliava mentre stavo giocando in cortile, (lo faceva spesso), Forse avvertiva per davvero la mia presenza e allora non vi dico cosa succedesse in quel cortile!
Tutti si mettevano a parlare e a dire:
- Non senti che l'asinello ti sta chiamando?
Dovevo insomma evitare ogni possibile sospetto perchè i nemici erano sempre in agguato ad ogni mia mossa, particolarmente Elefantoide, il mio amico più caro che quotidianamente veniva a trovarmi.
Adottando quindi tutti gli accorgimenti possibili per non farmi scoprire, mi infilai lentamente nella stalla avvicinandomi subito all'asino e accarezzandolo affettuosamente.
Dopo pochi istanti, gli diedi quel che rimaneva del mio panino preparatomi dalla nonna Mafalda per merenda e lui se lo mangiò in un batter d'occhio senza fare alcuna smorfia di rifiuto.
Quando l'asinello terminò di sbaffarsi il mio panino, girandomi, mi accorsi che c'erano anche le due mucche, sicuramente desiderose pure loro di fare merenda.
Erano lì che mi guardavano con quei loro occhioni imploranti, come a dirmi che pure loro erano desiderose di poter fare un piccolo spuntino.
- Come! A noi niente ? È così che ci ringrazi di tutto il buon latte che tutti i giorni facciamo anche per te?
Non me la sentivo di far loro un torto simile, dovevo trovare una soluzione!
Non potevo lasciarle a bocca asciutta, testimoni d'una simile differenza!
Con questi pensieri che mi frullavano dentro al cervello, partii di corsa verso la cucina, presi il sacchetto del pane fresco, era ancora caldo di forno.
Sopra la credenza vi era un vaso pieno di coloratissime piume di pavone.
Io ne presi due, ritornando poi velocemente nella stalla per non farmi scoprire, dando successivamente un panino per ciascuna, uno ad una mucca, uno ad un'altra mucca, uno all'asino e così via, finchè svuotai tutto il sacchetto.
Dopo aver sfamato tutta quella comunità dentro alla stalla, liberai le mucche e l'asino dalle catene, presi le redini dell'asino legando successivamente le mucche e misi la briglia e la sella all'asino.
In testa mi ero messo il cappello di paglia della nonna Mafalda, a dire il vero mi andava un po' grandìno perchè notai che Si appoggiava sulle orecchie, tenendole a sventola.
Per evitare questo inconveniente l'avevo arrotolato per bene sui lati e sul nastro avevo piantato le piume di pavone.
Il personaggio che immaginavo della mia persona in quel momento mi dava un'aspetto simile ad un idiota mezzo-sangue, Metà indiano e metà cauboi, completamente suonato.
Tolsi il canovaccio al portone della stalla, ma lo lasciai chiuso e, solo quando ero pronto con una mucca per parte ed io a cavallo dell'asino, uscii nel cortile.
Mentre uscivo, tutti restavano alibiti nell'osservare la scena.
Successivamente mi sono diretto verso la campagna avanzando con passo lento, ma l'asino sembrava avesse càpito che la stavo facendo troppo grossa!
Comunque, nonostante tutto, andava benissimo.
Dietro di noi, vi era uno stuolo di ragazzini e ragazzine che ridevano divertendosi a vedere la scena.
Ero ormai giunto nel vigneto, le mucche avevano cominciato a brucare sulle viti ed io non riuscivo a far avanzare l'asino per la loro resistenza!
Volsi allora lo sguardo all'indietro, nell'intento di poter capire cosa stava succedendo:
In quel preciso momento vidi il nonno Silverio con le mani tra i capelli che stava correndo verso di me, preoccupato per la mia incolumità, ma anche per le sue viti.
Lasciai allora il laccio che teneva le mucche e diedi alcuni strattoncini alla briglia, l'avevo visto fare nei film di cauboi visti al cinema in parrocchia, per far andare più veloce il cavallo.
Funzionò anche con l'asino perchè partì come una saetta, mentre io, in sella tutto sballonzolante, stavo cercando di tenermi duro per la briglia.
Dopo alcune decine di metri fatti di gran carriera, presi uno di quei ferri che vengono usati per sostenere le viti attraverso il toràce, disarcionandomi letteralmente dalla sella.
Il nonno, che in quel momento stava recuperando le mucche, corse verso di me per soccorrermi preoccupato della mia rovinosa caduta.
In effetti, dopo tutta quell'avventura strana mi duoleva un poco il toràce, ma niente di grave.
Raccolsi il cappello da terra, risistemai le piume di pavone rimettendomelo in testa.
Il nonno Silverio mi prese poi per mano accompagnandomi a casa.
Mentre andavamo verso casa, io gli chiesi:
- Nonno! mi hai fatto prigioniero? È successo così pure per te quella volta con gli austriaci?
Lui, arrivati a casa, mi consegnò ai gendarmi, ovvero i miei genitori, spiegando loro l'accaduto quasi come per rimproverarli della poca attenzione prestata nei miei confronti.
- Se non state attente, questo qui, una volta o l'altra si rompe l'osso del collo!
La mia nonna Mafalda, anch'essa preoccupata dell'accaduto, disse con un fil di voce:
- Lo dobbiamo portare nella cattedrale di San Silverio! io prego sempre per lui, ma qui ci vuole una benedizione!
Così dicendo, corse immediatamente davanti ad un quadretto della Madonna a pregare per me.
La mia mamma, prendendomi bruscamente per un braccio nell'intento di costringermi a salire le scale e sollevandomi anche quasi letteralmente di peso da terra, mi regala un forte ceffone che fa volare il cappello giù dalla tromba delle scale stesse, facendolo sembrare ad un disco volante.
Quando fummo arrivati in camera, lasciandomi libero finalmente il braccio, mi disse:
- E qui ci resterai fino a questa sera! Ma dimmi, dov'è il sacchetto del pane?
Io, un poco piangendo, ma sicuro di dover nascondere la mia avventura vissuta nella stalla, risposi:
- Non te lo posso dire! È un segreto!
Lei allora, un poco più rilassata, replica dicendo:
- Prima che i nonni se ne accorgano, sarà meglio che tu mi sveli il tuo segreto! Non sarà mica come l'altra volta che glielo hai buttato da mangiare ai pesci nel canale!
Io, tra le lacrime per l'accaduto, le risposi:
- No mamma, non l'ho dato ai pesci! Ho fatto semplicemente la carità ai poveri che se lo sono già mangiato tutto!
La mamma, un poco meravigliata di quella risposta, allora replica dicendo:
- Carità ai poveri? A quali poveri hai fatto la carità? Era più di un chilo di pane!
La mia ultima risposta, quasi sicuramente, le aveva fatto comprendere che ormai non c'erano più speranze di recuperare quel pane.
Io lo compresi osservandola nel momento in cui uscì dalla mia cameretta con un'aria sconsolata, chiudendomi a chiave dentro alla stanza.
Ritenendo opportuno di aspettare che le acque si calmassero un poco, mi sedetti sul letto cercando di pensare al modo migliore di risolvere quel problema.
Pochi istanti dopo, dando un'occhiata casuale verso la finestra della mia cameretta, vidi che il balcone e la finestra del vano scala erano aperti!
Aprii allora la finestra, saltai sul davanzale sedendomi successivamente con le gambe rivolte all'esterno.
In questa posizione, mi agrappai al balcone, trovandomi penzoloni sul vuoto!
Con un tallone quindi, diedi un colpetto sul muro esterno, cercando di avvicinarmi all'altro balcone, ottenendo così il travaso da un balcone all'altro.
Con un altro colpetto di tallone sempre sul muro esterno mi trovai finalmente sul davanzale della fuga!
Finalmente scesi velocemente sul pianerottolo del vano scala, dirigendomi successivamente verso il granaio, dove vi era un balconcino che volgeva verso un albero di fico.
Era quello il mio passaggio segreto!
Da quel punto sapevo di poter salire e scendere senza essere visto, almeno così credevo!
Come tocco terra, una paziente voce amica mi sussurra da dietro, dicendo:
- Per oggi ne hai combinate a sufficienza!
Io, con l'asino ed il carretto, devo portare il sacco del granoturco al mulino e, se mi prometti che farai il bravo e non scenderai più dal granaio attraverso il fico, ti farò guidare l'asino!
Io, comprendendo la bontà del nonno Silverio, replicai dicendo:
- Siii! nonno! io guido, ma tu mi racconterai la storia di quando gli austriaci ti avevano fatto prigioniero!
Il nonno, dopo averci pensato un attimo, replica dicendomi:
- Ma non è una storia! è la verità! Quella storia però te l'avrò raccontata almeno mille volte!
In realtà, ogni volta che la raccontava, era sempre un poco diversa.
A pensarci oggi che sono adulto, io credo che il nonno mi raccontasse solo le cose buffe, e quelle tristi se le tenesse per se!
Tutto era pronto per uscire nel cortile, dove tutti gli amici stavano aspettando di potermi vedere.
io ero in piedi al centro del carretto, tutto rigido dall'emozione, con le redini strettissime tra le mani ed assumendo un atteggiamento serioso.
Ero impegnato in un ruolo mica da poco!
Stavo guidando l'asino!
- Ehi ragazzi! io vado al mulino! Volete salire anche voi?
Tutti restarono per un momento indecisi, ma poi il nonno fece loro un segno di approvazione con la testa ed il carretto in un attimo fu pieno di marmocchi!
Quando tutti furono a bordo, lui li fece sistemare tutti seduti e si raccomandò con loro di restare ben agrappati per non cadere, dando poi l'ordine all'asinello di partire per il mulino!
Lungo la strada tutti ci salutavano e noi, agitando le nostre manine e gridando tutti in coro, ricambiavamo il saluto!
Sul calesse noi si cantava, si rideva per ogni singola cosa e per noi, essere su quel carretto, era come fare un giro in giostra!
Quando giungemmo al mulino, rimanemmo tutti con la bocca aperta, guardando all'interno dei locali attraverso le piccole finestre.
Che meraviglia! Tutto si muoveva dentro in quei locali! Tutto girava!
Il mugnaio, allertato per il nostro correre da una finestra all'altra, temeva che qualcuno si infilasse furtivamente dalla porta e, magari, finisse dentro a qualche ingranaggio del mulino.
Il nonno, preoccupato per la difficile situazione, ci chiamò tutti a sè e disse:
- Ragazzi! Venite con me! Mentre aspettiamo che ci macinino il grano, andiamo a prendere il pane!
Quando entrammo dal fornaio, il nonno, sempre con il suo modo allegro, disse al fornaio:
- Buon giorno! un chilo e un quarto di pane!
Mentre il fornaio pesa e consegna il sacchetto del pane al nonno, arriva la sua moglie che dice forse un poco meravigliata:
- Buon giorno! avete ospiti in casa? È la terza volta che comperate il pane oggi! Stamattina è venuta sua moglie, Poco fa è venuta di corsa la mamma di Enzo ed ora l'ha comprato pure lei! Che non ci sia qualche malinteso in famiglia?
Il nonno, impassibile come sempre, replica dicendo:
- Oh! no no! è tutto normale!
Volgendo poi verso di me lo sguardo, con un mezzo sorrisetto sotto ai baffi, disse:
- Lo hai dato da mangiare ai pesci?
Io, avendo compreso che quella domanda era rivolta verso di me, risposi un poco imbarazzato:
- No! nonno, l'ho dato alle mucche e all'asino!
Il fornaio, la sua moglie, il nonno e tutti i miei amici scoppiarono a ridere chiedendomi:
- Ma veramente? L'hai dato alle mucche e all'asino? Ma non sarai mica matto!
Mentre mi chiedevano questo, continuavano tutti a ridere a più non posso.
A pochi passi dal fornaio vi era un negozio dove vendevano alimentari, ma in realtà vendevano di tutto.
Il nonno, dicendoci di aspettarlo un momento fuori, entrò nel negozio, uscendo dopo pochi minuti tenendo tra le mani tre bottiglie di aranciata e il sacchetto del pane pieno di panini con la mortadella.
Uscendo, sempre con il suo sorriso bonario sotto ai baffi, disse ad alta voce:
- Ecco ragazzi! Adesso vi mettete sopra il carretto e vi mangiate i panini!
In un attimo, con un balzo, salimmo tutti sul carretto e, dopo esserci seduti al nostro posto, cominciammo a mangiare i panini, che, al vederli, sembravano una vera delizia.
Mentre mangiavamo il pane caldo con la mortadella, ci passavamo le bottiglie dell'aranciata uno con l'altro, senza per altro avere la necessità di avere bicchieri.
Dopo pochi minuti arrivò il nonno, aiutato dal mugnaio,portando dei grossi sacchi di farina e crusca che caricarono sul carretto.
Il nonno, sempre preciso nelle sue cose, prima di ordinare all'asinello di partire verso casa, si accertò che fossimo tutti sul carroccio.
L'asino, tirando il carretto lungo la strada che portava verso casa, andava piano, senza nessuna fretta, sotto il caldo sole di una primavera che stava ormai per finire.
L'avanzare lento del carretto lungo la stretta strada sterrata, veniva accolto da festosi tuffi di rane nei larghi fossati pieni d'acqua corrente che la costeggiavano.
L'acqua era limpidissima, tenuta fresca da alberi d'ogni tipo che contribuivano anche a rinfrescare laria attorno a noi.
Durante tutto il tragitto si potevano anche vedere nuvole di girini, mescolato allo starnazzare delle anatre che entravano ed uscivano dall'acqua.
Tutto quel muoversi attorno a noi provocava quell'atmosfera festosa che ora, con il cosiddetto progresso, non esiste più.
Ora, rammentando nella mia mente quei ricordi, mi viene alla mente che quella stradina non esiste più, non ci sono più i fossati laterali, non esiste più il cinguettare festoso delle centinaia di uccellini che popolavano quegli alberi e non esiste più nemmeno quel profumo d'erba, di ranuncoli, di fiori di ogni genere.
Ora, in quel luogo tanto caro nei ricordi della mia mente, esiste soltanto una larga strada asfaltata, si sentono soltanto rumori di macchine, si annusa soltanto odore di smog e di inquinamento.
Le sensazioni di quei tempi nella mia mente, rimangono soltanto il ricordo dei sogni della mia infanzia, accompagnato dal rinpianto per quei tempi che mai ritorneranno realtà per me.

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domenica 30 maggio 2004 07.46.24