DELITTO DI FERRO.

Racconto scritto da Andrea Camporese - Sottomarina di Chioggia - Venezia

CAPITOLO N. 2

Quando Ilaria si rese conto della gravità della situazione chiamò d'istinto la polizia di Brescia per denunciare il fatto.
Due agenti furono lì dopo una ventina di minuti.
"Buon giorno. Agente Stefano Fusco".
"Agente Lorenzo Manetti".
"Buon giorno. Sono Ilaria Abate".
Si strinsero la mano come fossero dei vecchi amici che non si vedevano da parecchio tempo.
Questo era dovuto al buon carattere dei due poliziotti, ma comunque fosse, la donna si sentì rassicurata.
"Ma che cos'è successo esattamente"? Chiese con calma l'agente Manetti.
"Le mie bambine giocando nei pressi dei binari hanno trovato quel corpo che a dire il vero ha fatto molta impressione anche a me".
Le due sorelle intanto erano filate in camera da letto, e nessuna delle due aveva il coraggio di aprir bocca, o di guardare fuori della finestra, la quale dava dritta sui binari.
Se ne stavano sedute sul letto con quei lunghi capelli biondi che ricoprivano i loro visi, quasi a voler nascondere quell'espressione di terrore che si era stampata su di essi.
In salotto intanto continuava il dialogo tra i poliziotti e la donna.
"Se ci porta sul posto cercheremo di capire cos'è successo".
Disse Fusco.
Premuroso com'era nel far attenzione a non ferire le persone Manetti chiese:
"Se la sente di rivederlo ancora una volta"?
"Sì, credo di farcela".
Si ripresentava davanti agli occhi dei tre il solito paesaggio.
La scarpata, i ciotoli, i binari, e in fine quel corpo così orrendamente dilaniato, che giaceva a lato della ferrovia.
Anche se erano poliziotti, che di cose brutte ne vedevano spesso, quel corpo fece rabbrividire anche loro, tanto che Manetti, così calmo e tranquillo com'era sempre, si lasciò scappare una viva esclamazione:
"Certo che uno deve proprio voler morire per farsi tagliare a metà da un treno".
Non capisco nemmeno come abbia fatto.
Solitamente uno si butta sotto il treno e viene spazzato via o viene mutilato in varie parti del corpo, ma così è strano.
Capirei se fosse stato tagliato a metà in lunghezza, quello sì è possibile, ma così...
Secondo me c'è sotto qualcosa". Disse guardando il suo collega.
"Ma cosa vuoi che ci sia sotto Lorenzo!
Quello voleva morire e per essere sicuro di riuscirci si è fatto tagliare a metà in quel modo".
"Ma come ha fatto"?
"Si è steso sopra la rotaia ed ha aspettato il primo treno".
"è impossibile restarci fino a quando arriva il treno e tu lo sai bene.
Quando un convoglio si avvicina, la rotaia comincia a vibrare, e quando il mezzo è sul punto di piombare addosso a un oggetto, lo spostamento d'aria lo caccia via, ammenochè non sia un masso".
"E falla finita Manetti.
Adesso avvertiamo il commissario e poi portiamo il corpo all'obitorio.
Lì cercheranno di capire come diavolo abbiafatto ad uccidersi.
Io intanto dico al commissario di archiviarlo come caso di suicidio".
"Tu non fai niente!
Quì c'è qualcosa sotto e finchè la faccenda non sarà chiarita il caso resta aperto".
Il tramonto era ormai giunto al termine quando Manetti e Fusco lasciarono la cascina su di un'auto di grossa cilindrata con il corpo nel bagagliaio, mentre i treni continuavano a passare, a passare, e a passare, come se lì non fosse successo niente.
L'indomani, all'obitorio cominciarono gli accertamenti su quella morte così strana agli occhi di Lorenzo Manetti, il quale espose tutti i suoi dubbi sul suicidio al medico legale.
Il cadavere intanto non aveva ancora un'identità perchè privo di portafogli o di documenti.
"Vede, il corpo è stato tagliato esattamente a metà dalle ruote del treno.
A me però sembra strano che quest'uomo sia riuscito a stare steso su di una rotaia.
Il treno lo avrebbe certamente buttato giù prima di passargli sopra".
"è quel che dico anch'io".
è quasi impossibile rimanere stesi su di una rotaia, anche perchè per quanta voglia avesse di morire, un po' di paura la avrà pure provata no"?
"Infatti".
Il medico legale volle andare a fondo della questione.
Cominciò ad ispezionarlo con cura, facendosi quindi vedere esperto in quel campo.
"Le gambe non sono state toccate, e questo vuol dire che le teneva aperte.
Il taglio inizia dall'osso pubico, prosegue per lo stomaco, per il torace, e termina sulla clavicola, mentre la testa è stata falciata come da una ghigliottina probabilmente da un'altro treno.
Nemmeno le braccia sono state toccate, ma ai polsi vi sono dei segni che non sono stati provocati dal treno, e adesso che ci faccio più attenzione si trovano gli stessi segni all'altezza delle caviglie solo che sono meno profondi".
Quasi con una smorfia di soddisfazione Manetti disse con tono sicuro:
"Lo sapevo io che non era un suicidio.
Secondo me è stato legato alla rotaia prima che passasse il treno".
"Ma questi non sono segni provocati da una corda". Ribattè il medico.
"Sembrano provocati da una catena di acciaio.
Guardi, se ci fa molta attenzione, si scorgono i solchi provocati dagli anelli sia sulle braccia sia sulle gambe".
Da quel momento non ci furono più dubbi.
Quel pover'uomo era stato barbaramente assassinato da qualcuno.
Quando l'agente Stefano Fusco venne informato della cosa, si mostrò molto sorpreso.
"Lorenzo, avevi ragione tu allora.
Ma chi può averlo ucciso"?
"Il nostro lavoro è quello di scoprirlo.
Senti Stefano, io adesso torno al mio dovere.
Il caso rimane aperto e io lo lascio a te".
"No no! Svolgile pure tu le indagini.
Sei stato così bravo a capire fin da subito che non si trattava di un suicidio che io non oso mettermi immezzo.
Se fosse stato per me non si sarebbe mai saputo niente".
Detto questo, infilò la porta e tolse il disturbo.
Manetti invece rimase in commissariato, e si chiuse in una stanza in gran parte disordinata.
I fogli riuniti in fascicoli erano accatastati con non curanza su di una scrivania piena di polvere, le sedie erano fuori posto, e un computer era rimasto acceso, posizionato su di un programma di video scrittura.
Trovandosi solo immerso in quella tranquillità, l'agente ripensò a tutte le cose che aveva scoperto assieme al medico legale su quel cadavere, e quasi subito ebbe un sussulto.
"Quando mi sono recato alla ferrovia" pensò, "non c'era la catena legata alla rotaia e tanto meno a terra.
L'assassino deve aver slegato il corpo appena passato il treno, perchè altrimenti non avrebbe senso".
Il commissario, che aveva confermato a Manetti di svolgere le indagini, gli intimò di tornare sul luogo del delitto a cercare qualche indizio che lo portasse sulle tracce di qualcuno.
Così nel pomeriggio, si infilò una tuta da lavoro, un paio di scarpe da ginnastica, e si recò sul posto.
Cominciò a frugare tra i ciotoli trovando qualche frammento di vestito, ma per il momento nulla che potesse portarlo sulle tracce di qualcuno.
Continuò per una quarantina di minuti con il sole che illuminava tutta la zona, ma che ormai era già sulla strada del tramonto nel cielo azzurro e sgombro di nubi.
Non si lasciava sfuggire nemmeno un centimetro quadrato di terreno, e finalmente trovò qualcosa che faceva per lui.
Due anelli di una catena di acciaio separati da quest'ultima molto probabilmente dal treno visto il taglio, ed inoltre erano sporchi di sangue.
In obitorio si confrontarono il sangue del cadavere con quello trovato sulla catena e combaciarono perfettamente.
L'assassino però era stato molto astuto perchè non si riscontrarono impronte digitali ne sugli anelli della catena ne sulla rotaia.
Doveva aver usato dei guanti di gomma, evitando così il rischio di tagliarsi le mani nella fretta di sciogliere i nodi, lasciando così traccie del suo sangue che potevano essere trovate e analizzate.

Opzioni di sistema

Per tornare all'inizio della pagina clicca qui sotto.
Torna all'inizio della pagina
Per passare al capitolo precedente, clicca qui sotto
Passa al capitolo precedente
Per passare al capitolo successivo, clicca qui sotto
Passa al capitolo successivo
Per tornare alla pagina iniziale della Grande Metropoli clicca qui sotto.
Torna alla pagina iniziale della Grande Metropoli
Per tornare alla pagina principale clicca qui sotto.
Torna all'inizio

venerdì 10 novembre 2000 18.05.22