La storia di Oreste.
BAMBINI INCONTENTABILI
Questa e' la storia di Oreste, un bambino di otto anni che vive in un borgo montano di una vallata lombarda, lontano dal paese e dalla scuola.
Da ottobre a giugno indossa sempre un maglione azzurro e un paio di pantaloni verdi, perche' quello e' il suo unico vestito.
Oreste e' bravo a scuola e non fa mai assenze.
Al mattino, quando il sole indora le cime nevose dei monti, il bambino scende a balzi verso il paese. E alla sera ritorna su, alla sua baita con passo piu' lento, perche' e' stanco.
Il suo pranzo e' sempre la stessa cosa: il tone, una palla di polenta, grossa come un pane, che contiene due o tre pezzetti di formaggio.
Verso mezzogiorno Oreste lo posa sulla stufa di classe perche' si scaldi e quando al suono della campana i suoi compagni vanno a casa a mangiare la minestra calda, Oreste prende il suo tone, si siede in un angolo del corridoio e mangia il suo pranzo.

 

IL LEONE E IL TOPO
Da Esopo
Una volta, mentre il leone stava dormendo, un topolino comincio' a passeggiare avanti e indietro su di lui.
Il leone si sveglio', mise la sua grossa zampa sopra il topolino e apri' le fauci per inghiottirlo.
"Perdono, maesta' - grido' il topolino - lasciami andare, non lo dimentichero' mai e forse un giorno potrei ricambiarti il favore".
Il leone sorrise a quelle parole, ma alzo' la zampa e lo lascio' libero.
Qualche tempo dopo, successe che il leone fu preso in una trappola e i cacciatori, che volevano portarlo vivo al loro re, lo legarono ad un albero e si allontanarono per andare a cercare un mezzo adatto dove caricarlo.
In quel momento passo' di li' il nostro topolino.
Vide subito in quale guaio era finito il leone, si avvicino' e rosicchio' con i suoi dentini aguzzi la corda che teneva prigioniero il re degli animali.
"Non avevo ragione? - esclamo' - Piccoli amici possono essere grandi amici".

 

IL CONTADINO E I PANTALONI LUNGHI
C'era una volta un marito che disse alla moglie:
"Vado a comprarmi i pantaloni".
Arrivato al negozio, ne provo' un paio: erano troppo lunghi, ma glieli tirarono su e gli dissero:
"Questi vanno bene".
Tornato a casa, li indosso' e si accorse che ne avanzava un bel pezzo.
Chiese alla moglie di accorciarli ma lei ribatte':
"Te lo avevo detto che te li avrebbero dati come non dovevano essere.
Non dovevi comprarli".
Allora ando' dalla mamma, ma questa rifiuto' e cosi' pure la sorella.
Cosi' l'uomo torno' a casa, poso' i pantaloni e ando' a fare una passeggiata nel bosco.
La moglie nel frattempo aveva cambiato idea e taglio' quattro dita di stoffa dai calzoni.
Poi, usci' di casa per andare a fare la spesa.
Poco dopo arrivo' la mamma del contadino e disse:
"Se non glieli taglia nessuno, lo faro' io" e via altre quattro dita.
La sorella penso' la stessa cosa e siccome in casa non c'era ancora nessuno, fece la sua parte.
Quando il contadino arrivo' a mettersi i pantaloni, erano ormai diventati dei bermuda.

 

COME VENNE LA PIOGGIA
(Racconto Bantu')
Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva.
Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo.
Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava.
Poi tocco' alle giraffe, e agli animali piu' piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi.
Ancora niente.
Per ultime toccava alle rane.
Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua.
Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e cosi' presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stanco' di sentirlo e si copri' di nubi per attutire quel suono.
Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e cosi' il cielo penso' di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte.
Mando' giu' tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente.
E da allora si credono padrone dell'acqua, perche' furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.

 

IL CAGNOLINO SENZA BIGLIETTO
C'era una volta una signora che voleva far viaggiare senza biglietto il suo cagnolino, ma arrivo' il controllore e le disse:
"Cara signora, deve pagare anche l'altro biglietto".
E lei di rimando:
"Ma e' cosi' piccolo, io non pago".
Dopo una animata discussione nella quale la signora e il controllore portavano le loro ragioni, per forza contrastanti, il controllore approfitto' del fatto che il treno stava rallentando per afferrare il cagnolino per la collottola e sporgerlo fuori dal finestrino, lasciandolo lentamente cadere nel vuoto.
La signora era disperata e chiedeva conforto agli altri passeggeri.
C'era chi le dava ragione e chi le suggeriva di rivolgersi alla "Protezione degli animali".
Il controllore era ormai pentito di quello che aveva fatto e si stava allontanando dallo scompartimento quando la signora, molto infuriata, gli strappo' dalle mani la pipa e la scaravento' fuori del treno.
Alla stazione successiva scesero tutti i due inferociti:
lui per l'affronto fatto alla pipa, lei per l'offesa al cane.
Non ebbero il tempo di scambiarsi altre parole perche' comincio' un battimani dei compagni di viaggio:
stava arrivando il cagnolino con la pipa del controllore in bocca.
Poco manco' che i due contendenti si abbracciassero. E tutto fini' per il meglio.

 

E' ARRIVATO CARNEVALE
Il febbraio pazzerello
ci ha portato carnevale
a caval d'un asinello
e con seguito regale:
Pantalone e Pulcinella
e Rosaura e Colombina,
Balanzone con Brighella
e Pieretta piccolina.
A braccetto con Gioppino,
che dimena un gran bastone,
van Gianduia e Meneghino
sempre pronti a far questione.
Arlecchin chiude la schiera
che fra canti e balli e lazzi,
lieta va, da mane a sera,
con gran coda di ragazzi.
Va, fra salti e piroette,
seminando per la via
tra un frastuono di trombette
di coriandoli una scia.

 

LA STORIA DI UNA GOCCIA D'ACQUA
Di certo non conosci la storia della goccia d'acqua, che trema sulla corolla del fiore.
La gocciolina, che brilla al sole come se fosse d'argento, viveva un giorno in un torrentello limpido e chiacchierino.
Dopo aver corso a lungo fra due rive fiorite di margherite, un bel giorno la gocciolina precipito' in un grande fiume e comincio' a correre forte e a vedere tante cose belle.
Un giorno arrivo' al mare e lo vide bello, pareva un altro cielo, quando era sereno, e invece quando si infuriava diventava una distesa di schiuma bianca.
Poi venne un gran caldo e pareva che il sole volesse bersi il mare.
La nostra gocciolina si senti' sollevare su verso il cielo: era diventata una specie di fumo leggero e invisibile.
E in cielo si trasformo' in una nuvoletta bianca.
Aveva molte amiche e con loro giocava volentieri a rincorrersi, fino a quando venne un ventaccio violento e freddo.
E tutte le nuvolette si unirono formando un unico pesante nuvolone nero, che fini' per disciogliersi e cadere sulla terra sotto forma di pioggia.
La nostra gocciolina ora si dondola di nuovo sulla corolla del fiore.

 
LA LEPRE E LA TARTARUGA
Da Esopo
Un giorno la lepre si vantava con gli altri animali:
"Nessuno puo' battermi in velocita'. Sfido chiunque a correre come me".
La tartaruga, con la sua solita calma, disse:
"Io accetto la sfida".
La lepre scoppio' in una risata e la tartaruga replico':
"Non vantarti prima di aver vinto. Accetti la gara?".
E cosi' fu stabilito un percorso e dato il via.
La lepre parti' come un fulmine: quasi non si vedeva, tanto era gia' lontana.
Poi si fermo' e per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga si sdraio' a fare un sonnellino.
La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro, e quando la lepre si sveglio' la vide vicina al traguardo.
Allora si mise a correre con tutte le sue forze, ma ormai era troppo tardi per vincere la gara.
La tartaruga sorridendo disse:
"Non serve correre, bisogna partire per tempo".

 

LA RAPA
(Racconto russo)
C'era una volta un vecchietto che pianto' una piccola rapa e disse: "Cresci carnosa e forte".
E la rapa crebbe carnosa, forte e tanto grande.
Un giorno il vecchietto ando' nell'orto per coglierla, ma tira tira non riusci' a strapparla.
Chiamo' allora una vecchina, che si mise a tirare il vecchietto, che a sua volta tiro' la rapa.
Tira tira, non riuscirono a sradicarla.
Allora la vecchina chiamo' la nipotina, che tiro' la vecchina, che tiro' il vecchietto, che a sua volta tiro' la rapa.
Ma nemmeno questa volta riuscirono a strapparla.
La nipotina chiamo' allora il suo cagnolino nero.
Il cane tiro' la nipotina, che tiro' la vecchina, che tiro' il vecchietto, che tiro' la rapa.
Tira e tira, la rapa non si muoveva di un millimetro.
Il cane nero chiamo' il gatto, il gatto tiro' il cane nero, il cane nero tiro' la nipotina, la nipotina tiro' la vecchina, la vecchina tiro' il vecchietto, il vecchietto tiro' la rapa.
Tutti insieme tirarono e tirarono ancora, ma la rapa rimaneva salda al suo posto.
Il gatto chiamo' il topo, il topo tiro' il gatto, il gatto tiro' il cane nero, il cane nero tiro' la nipotina, la nipotina tiro' la vecchina, la vecchina tiro' il vecchietto, il vecchietto tiro' la rapa. E finalmente, grazie ad un topolino, la rapa venne fuori.

 

LA CORNACCHIA E LA BROCCA
Da Esopo
Una cornacchia, mezza morta di sete, trovo' una brocca che una volta era stata piena d'acqua.
Ma quando infilo' il becco nella brocca si accorse che vi era rimasto soltanto un po' d'acqua sul fondo.
Provo' e riprovo', ma inutilmente, e alla fine fu presa dalla disperazione.
Poi, le venne un'idea e volle provare subito.
Prese un sasso e lo getto' nella brocca.
E uno per volta ne getto' dentro diversi, fino a che pian piano l'acqua comincio' a salire.
Allora ne getto' altri e cosi' riusci a bere e a salvarsi la vita.
Morale della favola: a poco a poco si arriva a tutto.

 

IL MIO GATTO
Da Vincenzo Cardarelli
Tornando a casa mi imbatto spesso in un bel gatto selvatico e vagabondo, con una grossa faccia baffuta da Gatto Mammone, arrivato dalla Toscana insieme al nuovo portiere e subito ambientato attorno all'aiuola in mezzo al cortile.
E' lui che funesta le mie lunghe veglie d'inverno con i suoi miagolii, che mi fa trovare il secchio dell'immondizia scoperchiato e rovesciato sulla soglia, che gioca fra i vasi allineati sul muro, facendone cadere sempre qualcuno e fuggendo poi spaventato.
Una sera di pioggia, rincasai piu' tardi dall'ufficio e trovai il gatto accovacciato al riparo sulla soglia di un negozio vicino a casa.
Li' per li' non lo riconobbi e feci per accarezzarlo: lui spalanco' la bocca e mi mostro' due bellissime fauci color rosa.
Ritrassi subito la mano, temendo un morso e lui miagolo' come per rimproverarmi.
Pensai allora che fosse contrariato del mio ritardo e dell'esser rimasto sotto la pioggia, aspettando di poter tornare al riparo nel suo nascondiglio, in un angolo del cortile del palazzo.
Appena mi mossi, salto' giu' dalla soglia e mi segui' come un cagnolino.
Ogni volta che incontrandolo sul portone gli cedo il passo, da allora mi ripaga con una graziosa alzatina di coda.

 

I FIUMI RACCONTANO
Anche i fiumi d'Italia cantano, passando fra i monti, fra gli argini e sotto i ponti delle citta'.
Il Po dice:
"Sono il fiume piu' grande d'Italia, scendo dal Monviso, attraverso Torino e poi solco la pianura Padana fino al mare Adriatico.
Ci sono tanti fiumi e torrenti che mi portano la loro acqua.!."
E L'Adige dice:
"Ci sono anch'io. Arrivo dalle Alpi, passo vicino al lago di Garda e quando siamo vicini, anziche' rispondere al tuo richiamo mi piego a sinistra e in solitudine raggiungo anch'io l'Adriatico".
Ecco l'Arno:
"Il mio cammino e' molto piu' breve del vostro: nasco nel Casentino e in poco tempo raggiungo Pisa. Pero' io attraverso Firenze e nella mia acqua si specchio' Dante, il divino poeta".
La voce del Tevere e' lenta e solenne:
"Alle mie foci approdarono le navi dei guerrieri venuti da lontano, guidati da Enea. Suo figlio fondo' Albalonga, poi nacque Roma sui colli che si elevano dalle mie sponde. E la mia acqua, che in tanti secoli ha visto tanta storia, riflette ancora la mole dell'imperatore Adriano".
Sommessa e' invece la voce del Volturno:
"Presso la mia riva cavalco' Garibaldi che guido' la battaglia per portare il regno di Napoli nell'Italia unita".
Ancora piu' al sud, due fiumi parlano insieme:
"Siamo l'Ampollino e il Sele, figli della Sila e della Campania. Usando le nostre acque con certi macchinari, gli uomini hanno ottenuto l'elettricita' che fa funzionare altre macchine e illumina intere citta' e paesi".

 

PERCHE' L'ORSO HA LA CODA MOZZA
Era inverno ed un giorno l'orso incontro' la volpe che sgattaiolava di soppiatto con una lunga filza di pesci rubati.
Le chiese dove gli avesse presi e lei rispose di averli pescati.
Cosi' l'orso decise di imparare, per non patire piu' la fame.
E la volpe spiego':
"E' molto semplice. Devi andare sul ghiaccio, scavare un buco, introdurvi la coda e tenervela il piu' a lungo possibile. Se ti fa un po' male, non preoccuparti: sono i pesci che mordono e tanto piu' la terrai quanto piu' farai una ricca pesca. Alla fine, devi tirar fuori la coda con uno strattone forte forte".
L'orso fece come la volpe gli aveva spiegato: sentiva freddo e la coda gli doleva e non si accorse che si stava congelando.
E quando la tiro' fuori con forza, la coda si spezzo'.
Ecco perche' da quel giorno l'orso va in giro con la coda mozza e ancora non ha trovato il modo di procurarsi da mangiare.
Vuoi provare tu a dargli un buon suggerimento?

 

C'E' UNA TANA PER TUTTI
Di Fanny Faifofer
Era inverno, faceva un gran freddo, la neve aveva vestito di bianco tutti gli alberi del bosco e uno scoiattolo con i suoi piccoli e la moglie se ne stava al calduccio nel nido.
Appena cessato il vento forte che faceva dondolare la casetta, il babbo scoiattolo usci' dal nido per andare a prendere le noci e le nocciole che aveva ben nascosto in una cavita' dell'albero.
Era quasi l'ora di pranzo.
Era appena sceso che subito senti' una vocina lamentarsi; si volto' e vide uno scoiattolino che aveva freddo e fame.
Se ne impietosi' e lo porto' con se' fino al nido.
"Vi ho portato un compagno che ho trovato sperduto in mezzo alla neve - disse ai suoi piccoli - volete che lo facciamo entrare nella nostra casetta?".
Fu un coro di si'. I piccoli si strinsero di piu' l'uno all'altro per fargli posto. Lo scoiattolino entro', si accoccolo' in mezzo e non gli pareva vero d'essere in quel calduccio.
Poi ebbe la sua noce e tutti quanti mangiarono di gusto, e trovarono il gheriglio piu' dolce del solito, perche' erano contenti di aver aiutato quel loro compagno.

 

LE CAMPANE
Din do lon, din do lon, le campane di Sant'Alo'. Tutto il giorno le suonai, pane e vino guadagnai.
Guadagnai un bel cappone, lo portai al mio padrone, il mio padron non c'era, c'era la cameriera, che faceva le frittelle.
Me ne dette una, la misi sul banco.
Il banco era rotto, sotto c'era il pozzo.
Il pozzo era scoperto, sotto c'era il letto, il letto rifatto, sotto c'era il gatto.
Il gatto in camicia, che moriva dalle risa.
Piovi piovicello, L'acqua nel corbello, Mi ci lavai le mani, Mi ci casco' l'anello.
Pesca e ripesca, pescai un pesciolino, vestito di turchino.
Lo portai a monsignore, monsignor non c'era.
C'era la cameriera, che faceva le frittelle.
Gliene chiesi una, mi dette la piu' dura.
Gliene chiesi un'altra, mi dette la piu' marcia.
La mise sul banco, il banco era rotto.
Sotto c'era il pozzo.
Pozzo scoperto, sotto c'era il letto.
Letto rifatto, sopra c'era il gatto.
Gatto in camicia, che moriva dalle risa.

 

IL CONTADINELLO E IL DIAVOLO
C'era una volta un contadinello che vide sul suo campo, sopra un mucchio di carboni ardenti, un diavoletto.
"Sei seduto sopra un tesoro", disse il bambino e il diavolo rispose:
"lo so, c'e' piu' argento e oro di quanto tu non abbia mai visto".
Il contadinello allora gli fece notare che era tutto suo perche' il tesoro era sulla sua terra.
Il diavolo accetto' "di oro e argento i diavoli ne hanno sempre molto" ma in cambio volle per due anni i frutti della terra.
Era infatti un diavoletto goloso.
Trovarono un accordo: quello che cresceva sopra la terra era del diavolo, quello che nasceva sotto terra era del contadino.
Il bambino furbo semino' e come da accordo al momento del raccolto si presenta il diavoletto per avere la sua parte.
Ma il contadinello aveva seminato rape: belle rosse sotto terra, con foglie gialle e appassite sopra la terra.
Arrabbiato, il diavoletto disse:
"per il prossimo anno facciamo al contrario, tu prendi quello che nasce in superficie io quello che sta sotto terra".
Il contadinello furbo non semino' le rape ma il frumento e cosi' in primavera ecco un campo di spighe gialle.
Una bella burla per il diavolo che se ne ando' arrabbiato.
Come erano d'accordo, al contadinello lascio' il tesoro.

 

LA PAPPA DOLCE
C'era una volta una bambina che viveva sola con la sua mamma.
Non aveva un babbo che andava a lavorare per portare a casa qualche soldo per mangiare.
Lei e sua madre erano molto povere ed avevano tanta fame.
Un giorno, mentre era nel bosco, la bimba manifesto' il desiderio di mangiare.
Apparve subito una vecchina che le dette un pentolino e le spiego':
"Se dici - Fa' la pappa, pentolino - avrai da mangiare. Quando non ne vuoi piu' basta tu dica - Fermati pentolino - ".
E cosi' fu.
Per giorni e giorni la mamma e la bambina mangiavano tutte le volte che avevano fame, ma un giorno la mamma rimase sola proprio mentre aveva fame.
Chiese al pentolino di fare la pappa ma poi non si ricordava la frase giusta per farlo fermare.
Tutte le strade del paese furono sommerse dalla pappa buona finche' a casa non torno' la bambina e disse alpentolino di fermarsi.
E come lei, chi voleva tornare a casa doveva percorrere la strada mangiando.

 

PER OGNUNO I PROPRI FIGLI SONO I PIU' BELLI
C'era una volta un cacciatore che ando' nel bosco per cacciare qualche uccellino.
Una beccaccia da un albero lo vide e spaventata chiese:
"Per favore non uccidere i miei bambini".
Il cacciatore ci penso' un po', poi decise di accogliere la preghiera di quella mamma ecosi' le chiese quali fossero, per riconoscerli.
La beccaccia gli disse:
"Sono i piu' belli del bosco, li noterai di sicuro".
Il cacciatore fece di si' con la testa e prosegui' il suo cammino.
Verso sera passo' nuovamente vicino allo stesso albero dove la mattina c'era la mamma beccaccia.
Tra le mani aveva tanti piccoli uccellini morti.
La mamma li vide e piangendo disse:
"Mi avevi promesso di non uccidere i miei figli, perché l'hai fatto?". "Sono i tuoi figli?" rispose il cacciatore - "Ma io ho sparato ai piu' brutti che vedevo".
Il cacciatore non sapeva che per un genitore i propri figli sono sempre i piu' belli.

 

LA STORIA SENZA FINE
C'era una volta un re che voleva dare in sposa sua figlia, ma solo a quell'uomo che avrebbe saputo raccontargli una storia senza fine:
chi falliva il tentativo, sarebbe stato espulso dal regno.
Davanti al cancello della reggia si formo' una coda lunghissima. Arrivarono molti principi da tutte le parti del mondo e tutti provarono a raccontare una storia eppure finivano sempre.
Nessun pretendente aveva fantasia all'infinito.
Un giorno al cancello si presento' un contadino, un ragazzo povero che voleva tentare la fortuna.
Il re lo fece entrare e comincio' ad ascoltare la storia che faceva cosi': "Un uomo decise di costruire un granaio alto fino al cielo e grande come molti campi messi insieme. In cima lascio' solo un foro grande solo per far passare una cavalletta alla volta.
La prima entro' e porto' via un chicco di grano.
Poi entro' la seconda, poi la terza...
La storia era davvero senza fine e cosi' il re, stanco di ascoltare, dette in sposa la principessa al bravo contadino.

 

IL PICCOLO GRILLO
Che gran ronzio, nel cielo dorato! Il piccolo grillo, nascosto nell'erba del prato, lo guardo' e per la prima volta vide le api e le vespe. Volle provare anche lui a volare e così apri' le alette e spicco' un salto, ma ricadde subito a terra.
Quel gran salto gli era pero' piaciuto ed era molto contento, cosi' ne fece un altro.
Era finito in un orto e senti' una gran puzza d'aglio.
Poi il piccolo vide del prezzemolo, si avvicino' e incuriosito ne assaggio' una fogliolina.
Non fece in tempo a gustarsela che all'improvviso un enorme drago gli si paro' davanti: era una lucertola che stava cercando il suo pranzo.
Il piccolo grillo non ci penso' due volte e con un salto fuggi' a rifugiarsi nella sua tana.
Quello che aveva visto del mondo gli sembro' abbastanza, per quel giorno.
E pensando alla nuova esplorazione dell'indomani, si addormento'.

 

LA MAGIA DEL BOSCO
Oggi andiamo nel bosco, un posto meraviglioso che nasconde tante belle sorprese.
Vi sono tanti alberi che vivono come in famiglia e si vogliono bene.
Vi sono quelli vecchi come i nonni, quelli giovani come i bambini.
Il fresco che sentiamo è il loro respiro, custodito dall'ombra di sole.
Tu raccoglierai le profumate fragoline e le more, tu i funghi, tu le ghiande per il porcellino che ne va matto.
Tu invece un mucchietto di legni caduti dagli alberi, per il fuoco nel caminetto.
Nel bosco vivono mille creature e ognuna puo' trovare quello che cerca: la farfalla e l'ape i fiori, lo scoiattolo le nocciole da sgranocchiare, la formica le briciole, gli uccelli le bacche.
Il ruscello vi trova refrigerio, i bambini l'albero di natale.
Per tutti, il bosco riserba dei doni.
Per ringraziarlo, basta dargli il nostro rispetto.

 

LA GALLINELLA
Appena aprono la porta, la gallinella salta a zampe unite nel pollaio.
E' una gallina comune, non di quelle dalle uova d'oro.
Appena entrata nel pollaio, vede un mucchietto di cenere e come ogni mattina vi si rotola, poi scuotendo forte le ali, gonfiando le piume, scuote le pulci della notte.
Appena terminata la toilette, va a bere un po' d'acqua dalla ciotola nell'angolo.
Beve a piccoli sorsi e drizza il collo, guardando qua e la' in cerca di cibo.
vede le erbette, qualche insetto, briciole di pane sparse per terra.
Ha proprio una gran fame e cosi' comincia a beccare fitto fitto, interrompendosi ogni tanto per salutare le sue amiche che stanno arrivando nel pollaio.
Alcune hanno al seguito i loro piccoli pulcini, che pigolano chiedendo con insistenza la colazione.
La gallinella saluta, contenta della nuova compagnia, con la cresta dritta sulla testa, e continua a cercare altre briciole per finire la sua colazione.
Cammina tenendo le zampe rigide, allarga le dita e le posa piano piano senza far rumore.
Quando ormai e' bella sazia, va incontro ad una chioccia coi pulcini e comincia a chiacchierare del piu' e del meno.
Deve passare la giornata e prima di tornare a dormire deve trovare il modo di non annoiarsi.

 

IL MAGO BRUSCOLINO
C'era una volta un mugnaio molto povero che aveva cinque figli: quattro maschi e una bambina che non si lamentava mai.
Un giorno qualcuno busso' alla porta: era un uomo molto vecchio. "Sono stanco e ho fame... disse... Potete aiutarmi?".
Allora la mamma mugnaia gli dette un po' di pane e la sedia meno zoppa della casa.
Dopo che ebbe mangiato e dormito, la mattina dopo il vecchietto doveva partire e disse:
"Io sono il mago Bruscolino che aiuta l'uomo poverino e vorrei ricompensarvi dell'accoglienza".
E cominciando dal figlio piu' grande del mugnaio, chiese ad ognuno cosa desiderassero.
Il primo voleva diventare grande come il babbo per andare nel mondo a cercar fortuna, il secondo una bacchetta magica per fare i compiti, il terzo un gran palazzo con tanti sacchi pieni d'oro per comprare tutti i dolci del mondo, il quarto tanti gatti con la coda lunga per divertirsi a tirargliela.
Il mago scuoteva la testa, senza dire ne' si ne' no.
Poi fu la volta della piccolina.
"Davvero ho gli occhi dolci?... disse... Allora vorrei fossero ancora piu' dolci e che guardando ogni mattina le tazze dei miei fratelli il latte diventasse dolce come se la mamma vi avesse messo dentro dello zucchero".
Sentendo queste parole, il mago sorrise:
"Esaudiro' il tuo desiderio e mandero' la fortuna su questa casa".
E cosi' il mugnaio e la sua famiglia non furono piu' poveri.

 

TREMOTINO
Un giorno un mugnaio racconto' al suo re che aveva una figlia molto bella e che soprattutto sapeva filare la paglia trasformandola in oro. Naturalmente non era vero e cosi', quando il re chiese di vederla, il mugnaio si senti' perso.
Ma non aveva scelta e il mattino seguente si presento' al castello con la figlia.
Il re le promise di sposarla se avesse trasformato davvero la paglia in oro, altrimenti, se non ce l'avesse fatta in una notte, per lei c'era la prigione a vita.
La bella mugnaia non sapeva come fare e comincio' a piangere.
Tra le lacrime vide pero' che nella stanza c'era un omino piccolo piccolo che le propose uno scambio: il suo primo figlio in cambio della magia.
La ragazza non aveva scelta. La paglia si trasformo' in oro, il re la sposo', nacque un figlio e l'omino, puntuale, si presento' per portarsi via il bambino.
Ma la mamma non voleva, comincio' a piangere e cosi' l'omino le disse: "Se entro domani non riuscirai a scoprire il mio nome portero' via il bambino".
Fortunatamente ormai la mugnaia era una regina, cosi' un suo servitore l'aiuto' a scoprire il nome dell'omino: si chiamava Tremotino.
E cosi' il bambino rimase per sempre insieme alla sua mamma.

 

I MESI DELL'ANNO
I bimbi lo sanno che i mesi dell'anno, fra grandi e piccini, son dodici in tutto.
Se ognuno ha il suo fiore, se ognuno ha il suo frutto nessuno e' fra loro piu' bello o piu' brutto.
Son tutti fratelli, ognuno ha un mestiere: chi cura i piselli, chi porta un paniere; chi pota, chi innesta, chi ara, chi miete; chi porta una brocca di acqua a chi ha sete; chi versa uno scroscio di pioggia lucente... nessuno sta in ozio guardando la gente.
Piu' bella famiglia nessun vedra' mai.
Son dodici mesi e tutti operai.

 

LA SAGGIA GHITA
C'era una volta una cuoca che si chiamava Ghita e che viveva da un buon padrone.
Aveva pero' un difetto: era golosa.
Ed ogni volta che cucinava assaggiava le pietanze e beveva bicchieri di vino.
Un giorno il suo padrone le dette da cucinare due polli perche' aveva invitato un ospite.
La donna li spenno', poi inizio' a cuocerli.
Arrivata l'ora di pranzo l'ospite ancora non c'era cosi' il padrone decise di andarlo a cercare.
Grave errore... la cuoca golosa inizio' prima con un'ala, poi con l'altra finche' tra un bicchiere di vino ed un altro, mangio' tutti e due i polli. Quando l'ospite arrivo', del pranzo non era rimasta neanche una briciola, allora la furba donna gli disse:
"Voi pensate di essere venuto a pranzo ma io vi dico che il padrone vuole invece farvi mangiare e bere per poi rapinarvi. Vi conviene correre via".
E cosi' fece l'ospite.
Ma la bugia non era ancora finita.
La cuoca al padrone disse invece che l'uomo era entrato in cucina e aveva rubato i due polli.
Il padrone si arrabbio' moltissimo e comincio' a rincorrerlo ma l'ospite, che aveva paura di perdere tutti i suoi soldi corse piu' veloce, lontano lontano.

 

LA GIRAFFA VANITOSA
In una foresta viveva una giraffa dal collo alto alto.
Era bellissima, agile e snella.
Tutti gli animali l'ammiravano e le facevano i complimenti.
Ma la giraffa aveva il difetto di essere molto vanitosa cosi' passava tutto il suo tempo a guardarsi negli specchi d'acqua senza mai stare in compagnia degli altri animali.
E quando questi avevano bisogno di un favore, era troppo presa a guardarsi allo specchio per aiutarli.
Cosi' un giorno una scimmietta decise di darle una lezione e le disse: "Esiste un albero che ha tanti frutti dolci dolci. Con il tuo collo potresti mangiarli. Vieni che ti faccio vedere qual e'".
La giraffa si mise sotto l'albero ma era cosi' alto che neppure allungando il suo collo gia' lungo riusciva a mangiare i frutti.
La scimmietta allora le salto' sul dorso, poi le sali' sul collo fino alla testa e con le sue manine prese il frutto e glielo regalo'.
Ma le disse anche:
"Vedi, nella vita arriva il momento per tutti di aver bisogno di un amico".
E la giraffa vanitosa imparo' la lezione.

 

IL RIVENDITORE DI STOFFE
C'era una volta, ad Istambul, un uomo che vendeva le stoffe che tesseva sua moglie.
Erano stoffe bellissime, di seta, molto preziose.
Un giorno l'uomo andò al mercato per venderne un pezzo e poter così comprare da mangiare per sé e per i figli.
Incontrò tre uomini che si mostrarono subito interessati alla stoffa.
Ma erano commercianti molto avidi e non volevano pagare il giusto prezzo.
Al venditore dissero che la stoffa era poca per quel prezzo, ma era una scusa.
L'uomo capì che lo volevano imbrogliare e decise di non venderla.
La sera, a casa, insieme alla moglie decise di punire l'avarizia di quei commercianti.
Presero scarpe vecchie, borse rotte, sciarpe ormai usurate e le avvolsero in un pezzo di seta che cosi' sembrava molto piu' grande e lunga di quanto fosse in realta'.
Il mattino seguente l'uomo ando' al mercato ed inizio', con i soliti mercanti, la contrattazione ad un prezzo maggiore di quello che aveva chiesto il giorno prima.
E a quel prezzo la stoffa, piena di cose vecchie, riusci' a venderla. Cosi' l'uomo ebbe il giusto prezzo per il lavoro di sua moglie e i commercianti la giusta stoffa per il prezzo pagato.

 

LA TARTARUGA FURBA
Un giorno una volpe affamata vide una rana sulla riva di un lago e decise di mangiarla. Ma una tartaruga capi' le sue cattive intenzioni e le diede un morso sulla coda.
La volpe si arrabbio' tanto che decise di mangiarsi anche la tartaruga, ma si fece solo male ai denti che non riuscirono neppure a scalfire il guscio del piccolo animale.
Allora la volpe disse:
"Ora ti butto nel fuoco"
e la tartaruga:
"Grazie, ho un gran freddo, cosi' mi riscaldo".
La volpe cambio' idea:
"Allora ti butto in aria cosi' morirai cadendo".
"Grazie - rispose la tartaruga - cosi' potro' giocare con le nuvole" . "Allora di butto in acqua".
"No - grido' la tartaruga - non so nuotare, non mi uccidere cosi'".
E la volpe allora la butto' nel lago.
Ma la tartaruga, in realta', sapeva nuotare molto bene e cosi', ridendo, raggiunse la sua amica rana.
E insieme iniziarono a prendere in giro la volpe che, invece, non sapendo nuotare, non poteva raggiungerle.

 

I MUSICANTI DI BREMA
c'ERa una volta un asino, ormai vecchio e stanco, e il suo padrone voleva disfarsene.
L'asino capi' le intenzioni e parti' per Brema: voleva entrare nella banda e campare facendo musica.
Per la strada incontro' un cane, anche lui avanti con gli anni, e lo invito' a seguirlo per Brema.
Cammina cammina, incontrarono un gatto, anche lui male in arnese, che ormai preferiva dormire vicino alla stufa anziche' dare la caccia ai topi.
"Vieni a Brema con noi a fare il musicante", gli disse il cane e cosi' i tre proseguirono insieme il viaggio, fino a che si imbatterono in un gallo che strillava a piu' non posso, perche' volevano tagliargli la gola.
"Non strillare e seguici", gli disse l'asino.
Arrivo' la sera e i quattro decisero di fermarsi a dormire in un bosco.
Il gallo era salito su un albero che gli pareva sicuro e vide una casa con una tavola apparecchiata con ogni ben di dio e quattro briganti che mangiavano a quattro palmenti.
Arrivati vicino alla casa, i quattro decisero di fare un bel concerto: l'asino comincio' a ragliare, il cane ad abbaiare, il gatto a miagolare e il gallo a fare chicchirichi'.
Poi spalancarono la finestra e si lanciarono nella stanza.
I briganti si impaurirono cosi' tanto che fuggirono nel bosco a gambe levate.
Uno di loro torno' alla casa per vedere cosa era successo, ma ebbe a pentirsene: il gatto lo graffio' tutto, il cane gli morse una gamba, l'asino gli diede un bel calcio e il gallo canto' chicchirichi con tutto il fiato che aveva in gola.
Il brigante torno' dai suoi compari per riferire e la paura lo fece prendere lucciole per lanterne: racconto' che una strega lo aveva graffiato, un uomo col coltello lo aveva ferito alla gamba e un uomo nero lo aveva aggredito con una mazza, mentre sul tetto il giudice gridava: "Portatemi quel birbante". E cosi' i nostri amici musicanti poterono levarsi la fame prima di riprendere il viaggio per Brema.

 

LA PRINCIPESSA DEL PISELLO
C'era una volta un principe che cercava moglie.
Voleva una vera principessa e si mise a cercarla per mesi e mesi in tutti i paesi del regno, ma non riusciva a trovarla.
Il re suo padre era preoccupato e una sera di primavera che pioveva a catinelle, qualcuno busso' alle porte del palazzo.
Il re si affaccio' e vide una ragazza, con gli abiti e i capelli inzuppati di pioggia, e le chiese sgarbatamente chi fosse.
"Sono una principessa", rispose lei. Il re comincio' a ridere, perche' non credeva a quelle parole.
Allora sua moglie intervenne: "Con questo tempaccio si prendera' un malanno, dobbiamo darle un riparo per la notte".
E cosi' la ragazza venne accolta al castello.
Vista da vicino, sia pure di bell'aspetto, tutto sembrava fuorche' una principessa, ma il principe volle metterla alla prova e diede ordine alle cameriere di mettere un pisello sotto il materasso.
"Se riuscira' a sentirlo, nonostante tutto, capiremo che e' una principessa".
Il mattino dopo la ragazza si presento' nella sala del trono con gli occhi cerchiati e il volto pallido.
"Hai dormito bene?" chiese in coro la famiglia reale.
"Non ho chiuso occhio - rispose - C'era un sasso, nel mio materasso, che mi ha tolto tutto il riposo".
Il principe non stava piu' nella pelle.
Cominciarono subito i preparativi per le nozze, che furono celebrate pochi giorni piu' tardi davanti a centinaia di invitati.

 

GIOVANNA, LE SUE AMICHE E UN PRINCIPE
C'era una volta un contadino che aveva una figlia bellissima e sempre allegra, di nome Giovanna.
Nella citta' vicina, c'era invece un re preoccupato perche' sua figlia era sempre triste e scontenta.
Nemmeno i piu' bravi giullari riuscivano a far ridere la principessa e cosi' il re fece chiamare il contadino, per chiedergli di mandare Giovanna a corte a fare da damigella di compagnia alla principessa. Giovanna non ci penso' due volte: vestita com'era, corse in citta' e davanti al re non si intimori' per nulla.
In pochi giorni, la ragazza riusci' a rendere allegra la principessa ma poi le venne il dubbio che potevano annoiarsi a passare tutto il tempo chiuse nel castello.
E cosi' Giovanna propose alla principessa di viaggiare, di conoscere paesi e persone nuove.
Il re non voleva saperne, perche' temeva uno scandalo, ma quando Giovanna disse che potevano organizzare un viaggio con altre dieci amiche, tutte vestite uguali, il re non pote' piu' opporsi.
Le dodici amiche visitarono posti bellissimi, fino a quando giunsero al palazzo di un re che aveva un figlio capriccioso e furono invitate ad un banchetto d'onore con undici amici del principe.
Durante il pranzo Giovanna fu divertente piu' del solito e disse che fra di loro c'era una principessa.
Alla fine, le ragazze ripartirono, ma il principe non si dava pace. Credeva che la principessa fosse Giovanna e aveva deciso di sposarla. Si mise a cercarla dentro e fuori dal regno, finche' giunse alla reggia e chiese subito al re la mano di Giovanna.
"Sono la figlia di un contadino - rispose lei ridendo - e non voglio diventare una principessa.
E' lei, la figlia del re e io le voglio bene come ad una sorella.
Con la mia allegria l'ho tolta dalla tristezza, tu col tuo amore rendila felice".

 

IL CAVALLO DEL BAMBINO
Il cavallo del bambino
Va pianino, va pianino
Il cavallo del vecchietto
Va zoppetto, va zoppetto
Il caval del signorino
Va lentino, va lentino
Il caval del giovanotto
Va di trotto va di trotto
Il caval del signorotto
Va al galoppo al galoppo
Il caval del mio compare
Come il vento sa volare
E il caval che va alla guerra?
..patapumfete tutti giù a terra!

 

LA FATA DEI DENTI
Enrico è un bambino con i capelli rossi e il nasino pieno di lentiggini.
Ha le guance tonde e un adorabile nasino a patata.
Purtroppo gli sta succedendo qualcosa di molto imbarazzante.
Ormai ha sei anni e comincia a perdere i dentini.
Il primo a cadere è stato uno di quelli davanti.
Che rabbia, povero Enrico. Gli amichetti della scuola lo prendono in giro, ma non solo.
Anche la bambina con le trecce bionde della prima si mette a ridere quando Enrico la saluta e le fa un sorriso.
Anche se mamma e papa' cercano di consolarlo, magari mettendo alcune mille lire sotto il suo cuscino facendo finta che arrivano dalla Fata dei dentini, Enrico è sempre di cattivo umore.
"Perchè devono cadere i denti?" chiede sempre il piccolo alla nonna. "Non capisco perchè, dopo avere sofferto per farli crescere, devono cadere ancora e poi ricrescere" si domanda spesso guardandosi allo specchio.
La nonna gli ha spiegato che basta avere un po' di pazienza e poi tutti i denti torneranno al loro posto, piu' forti di prima.
Ma Enrico non si accontenta e vorrebbe accelerare i tempi, per non dover più sopportare gli scherzi dei compagni di classe.
Una mattina, pero', arrivo' il momento della vendetta, anche se pacifica. Arrivo' a scuola e vide che Michele, il bullo della classe, era triste e chino sul banco.
"Ha perso il primo dente", sussuro' Eleonora.
Quella mattina Enrico segui' le lezioni sereno e torno' a casa di buon umore.
Finalmente poteva dividere con qualcuno la sua frustrazione!

 

UNA MONTAGNA DI ROSE
C'era una volta un re che abitava una montagna dove migliaia di rose di tutti i colori crescevano rigogliose per tutto l'anno.
In quel regno uomini, donne e bambini vivevano in pace tra loro e con i paesi confinanti.
Un giorno arrivarono nel Regno delle rose dei messaggeri che portarono cattive notizie.
Il re di un paese lontano aveva cominciato un lungo e terrificante viaggio con i suoi eserciti, alla conquista di tutti i regni che incontravano sul loro cammino.
Gli uomini dell'imperatore conquistatore proposero al re delle rose di arrendersi.
"Mai, rispose lui, il mio regno dovra' restare libero da ogni schiavitu' o imperialismo".
Purtroppo dopo pochi giorni arrivarono i cavalieri stranieri che iniziarono a distruggere i roseti e le case che incontravano sulla via per la fortezza.
Il re che voleva difendere il suo regno, fu fatto prigioniero e portato in una terra lontana.
Riuscito a fuggire, torno' al suo regno.
Sulla strada del ritorno, da lontano, riusciva a vedere la montagna, ma niente altro.
Infatti l'imperatore aveva distrutto tutte le piante di rose.
Per vendicarsi, il re decise che avrebbe ricostruito tutto come era prima.
Ora che aveva sconfitto il potente imperatore e aveva scatenato contro di lui i popoli conquistati, non rimaneva che ricominciare.
Il re ripenso' allo splendore del suo giardino di rose sotto il sole e comprese che cosa aveva attirato gli stranieri sulla sua montagna. Erano state la serenita' e la gioia di un paese bello e semplice come un fiore.
Ma invece di arrendersi al grigio di una natura nascosta, il re volle acccrescere l'abbondanza di colori e di vita del suo giardino.
All'arrivo della bella stagione, la montagna era tornata la patria della felicita'.
Ormai i roseti arrivavano fino ai piedi dell'altura, non si fermavano come prima della guerra, intorno al castello.
Da tutti i popoli confinanti, quella era conosciuta come la "Montagna di rose".

 

LA DONNINA CHE SEMINA IL LINO
La donnina che semina il lino
volta la pagina e vedi un bambino;
Il bambino che gioca per terra
volta la pagina e vedi la guerra;
la guerra con tanti soldati
volta la pagina e vedi i malati;
i malati con tanto dolore
volta la pagina e vedi il dottore;
il dottore che passa tra i letti
volta la pagina e vedi i confetti;
i confetti che son tanto buoni
volta la pagina e vedi i mattoni;
i mattoni ammucchiati per via
volta la pagina e vedi Lucia;
la Lucia con la veste di lino
volta la pagina e vedi Arlecchino;
Arlecchino che fa lo sgambetto
volta la pagina e vedi il galletto;
il galletto che canta più forte
volta la pagina e vedi le porte;
dalle porte ci passa la gente
volta la pagina e non vedi più niente.

 

NINNA NANNA NINNA NANNA
Fai la nanna bimbo amato
fai la nanna sopra un prato
di viole tutto adorno
che profumino il tuo sonno
Fai la nanna gioia mia
che la mamma non và via
i suoi occhi come stelle
scalderanno la tua pelle
Fai la nanna pargoletto
fai la nanna stretto al petto
sogna nuvole argentate
dove regnano le fate
sogna nuvole d'argento
dove volano bambini
coccolati in braccio al vento
come tanti palloncini
Fai la nanna tesoruccio
chiudi i sogni in un astuccio
e conservali geloso
lungo tutto il tuo riposo
Fai la nanna cuor di panna
dormi stretto alla tua mamma
che ti canta la canzone
per donarti un'emozione
Fai la nanna fiorellino
fai la nanna nel giardino
dove margherite gialle
fanno il nido alle farfalle
Dormi e sogna cuoricino
e percorri il tuo cammino
di saggezza e di sapienza
conservando l'innocenza.

 

PERCHE' LE DONNE NON HANNO LA BARBA
Tanto tempo fa le donne avevano la barba.
Non era come quella degli uomini.
La barba delle donne era piu' lunga, sottile e piu' bella.
Le donne si prendevano grande cura della loro barba.
La maggior parte ne andava cosi' orgogliosa da gareggiare con gli uomini, anche con fratelli, mariti o padri.
Una delle donne piu' attente alla propria peluria del mento era Nkemdiche.
Lei e le sue tre sorelle erano le figlie di un uomo chiamato Enyioma.
Le ragazze erano ammirate da tutti per la loro bellezza, soprattutto per la raffinatezza della loro barba.
Vicino alla loro casa abitava il re Enyi Mba.
Il suo tesoro più prezioso era un anello d'oro.
La figlia del re era una ragazza di buon cuore che quando c'era bisogno dava una mano ai servi che tenevano in ordine la casa.
Un giorno stava lavando i piatti e non si accorse che l'anello del padre era stato dimenticato su uno di questi.
Rassettando la cucina, getto' senza volere l'anello nell'acqua usata per risciacquare.
L'anello finì' nelle fogne e poi in mare, dove venne mangiato da un pesce.
Un giovane pescatore, quello stesso pomeriggio, pesco' cosi' tanto pesce da sfamare per un po' la sua famiglia e da avere abbastanza merce da portare al mercato.
Mentre stava pulendo una delle carpe, trovo' nelle sue viscere l'anello perso dal re.
Allegro per la scoperta, ando' subito al mercato a vendere il gioiello, che venne comprato da Nkemdiche.
Mentre il pescatore non sapeva di chi fosse l'anello, Nkemdiche lo aveva capito ma non volle ridare il monile al suo proprietario.
Anzi, lo nascose nella barba. Quando il re si accorse di non avere piu' l'anello, comincio' a cercarlo ovunque.
Nessuno aveva idea di dove fosse finito. Il pescatore, venuto a conoscenza della ricerca del re, capi' di chi era l'anello trovato nel pesce.
Sapendo che il re non lo avrebbe punito per la sua buona fede, ando' al castello a raccontare la storia della sua pesca miracolosa e della vendita dell'oggetto.
I servi del re cercarono ovunque Nkemdiche, ma senza successo.
La ragazza si era nascosta, sperando di cavarsela.
Il re mise una taglia sull'anello.
Allora Nkemdiche si presento' dal re, facendo finta di avere trovato solo allora il gioiello.
La giovane lo tiro' fuori dalla barba e tutti capirono che l'aveva sempre avuto lei.
Gli uomini presenti si scandalizzarono, ma le donne erano orgogliose che Nkemdiche avesse beffato i ricercatori grazie alla barba.
Il re voleva condannare a morte la ragazza, ma i servi uomini dissero: "Perche' non la costringe a tagliare la barba?".
"Si', anzi faro' in modo che tutte le donne non se la facciano mai piu' crescere", disse il re.
Da allora le donne non hanno piu' avuto la barba.

 

UN CUCCIOLO CON DUE MAMME
Viola e Margherita vivevano nello stesso palazzo, a pochi passi dalla scuola.
Ogni mattina si davano il buongiorno dai loro balconi fioriti, mentre facevano colazione.
Viola e Margherita erano molto amiche e spesso organizzavano delle uscite insieme.
Ogni pomeriggio, dopo la scuola, sedute davanti a una tazza di tè facevano merenda.
Fu cosi' che passarono gli anni e Viola e Margherita diventarono sempre più unite.
Un giorno, mentre Viola giocava con la bambola sul balcone, Margherita la chiamo' a gran voce.
"Guarda, Viola, affacciati alla ringhiera e guarda giu'!".
La bambina mise a terra il giocattolo e diede ascolto all'amica.
Sul marciapiede, proprio sotto le loro finestre, c'era un cucciolo di cane. Evidentemente impaurito, l'animale non sapeva che cosa fare. Faceva due passi e poi si sedeva, tornava al posto di prima e poi si spostava di nuovo.
Ogni poco guaiva, agitava piano la coda e si rimetteva a sedere.
Le due bimbe fecero a gara a chi si precipitava per prima in strada, per accogliere lo sfortunato cagnolino.
Arrivate vicino all'animale, cercarono di avvicinarlo con delicatezza per non spaventarlo.
Appena gli porsero alcuni pezzi di biscotto da mangiare, il cucciolo decise di fidarsi e mangiò quello che le piccole avevano portato per lui. Dopo aver coccolato il cane fino a stancarlo, Viola e Margherita capirono che dovevano decidere chi avrebbe tenuto il loro nuovo amico.
"L'ho visto prima io, - disse Margherita, - quindi è mio di diritto".
"Sì, è vero, ma il biscotto l'ha mangiato dalle mie mani e quindi vuol dire che di me si fida già", disse Viola.
Dopo una breve discussione, le due amiche risolsero il problema in nome della loro amicizia.
"Visto che abitiamo così vicine, ci occuperemo entrambe del cucciolo. Avrà due piccole mamme che gli assicureranno una doppia dose di coccole e cibo!".

 

LA CASA DEI MATTI
La casa dei matti
che sta al numero zero
è accanto all'ospedale
e vicina al cimitero.
La porta è di pietra
i muri son di lana;
dal camino esce acqua,
fumo dalla fontana.
Le sedie son di marmo,
le scale di cartone;
l'asino sta in soffitta
e nella madia il carbone.
Gli spiedi di mosconi
girano sull'acquaio
e ronzano i capponi
intorno al lampadario.
Le galline fan limoni
il nonno zappa il tetto,
il porco fa l'altalena
e la capra bela a letto.
Chi parte è benvenuto
dicono addio a chi arriva,
requiescat a chi si sposa
e a chi muore: Viva, Viva!

 

SALTA IN GROPPA
Salta in groppa, salta in groppa
al cavallo che galoppa.
Il cavallo ha peli bigi,
salta in groppa e va' a Parigi.
A Parigi c'e'un gigante
che cavalca un elefante.
Elefante col trombone,
salta in groppa e va' a Lione.
A Lion c'e' un cavaliero
che cavalca un lupo nero.
Lupo nero, mamma mia!
Salta in groppa e va' a Sorìa.
A Sorìa c'e' un sorianello
che cavalca un pipistrello.
Pipistrel con un orecchio
che si guarda in uno specchio.
Nello specchio ci sta un mago
che cavalca sopra un drago.
Drago fuoco, drago fiamma,
salta in collo della mamma!

 

LA DONNA MISTERIOSA
Agnomain di Crunniuc era un ricco latifondista irlandese.
Sua moglie era morta dando alla luce uno dei bambini e ora l'uomo viveva solo con i tre figli in una casa solitaria tra le montagne.
Un giorno, quando era solo nella sua abitazione, vide una donna che si avvicinava. Anche da lontano, sembrava molto bella.
Arrivata davanti alla porta, entro' in casa comportandosi come se avesse sempre abitato li'.
Comincio' a svolgere i lavori di casa e ad accudire i bambini non appena i piccoli tornarono dalla passeggiata a cavallo.
Quando arrivo' la sera, la donna misteriosa preparo' la cena, mise a letto i bambini e chiuse la casa per la notte.
Da quel giorno la donna si comporto' come una moglie e una mamma e nessuno le chiese mai da dove veniva e perche' si era fermata nella casa di Agnomain.
La vita della famiglia era migliorata di molto e tutti erano piu' felici. "Questa donna ha portato la prosperita' nella mia famiglia" era solito dire Agnomain.
Un giorno Erin, questo era il nome della donna, porto' i bambini alla fiera di primavera, in paese.
Mise loro i vestiti piu' belli e li pettino' con cura.
Quando stavano per uscire, Agnomain vide che la donna stava piangendo.
"Perche' sei triste, tesoro, che cosa c'e' che non va?" le chiese l'uomo.
"Niente, non preoccuparti" disse lei e usci'.
Per tutto il giorno l'uomo penso' alle lacrime di Erin e non si dava pace.
Il giorno dopo la costrinse a raccontare tutta la verita'.
Fu cosi' che scopri' le sofferenze di Erin.
Aveva avuto un marito e un figlio che le erano stati strappati da una fata malvagia e invidiosa della sua felicita'.
Erin aveva cercato un po' di sollievo alla solitudine, grazie ai bambini di Agnomain.
Ma adesso per non mettere in pericolo tutta la sua famiglia, se ne doveva andare.
A nulla valsero le proteste dell'uomo.
Erin lascio' la casa la notte stessa.
Forse in cerca di un'altra famiglia bisognosa d'affetto.

 

NOTTE
La paura vien di notte con le scarpe tutte rotte e quando arriva il dì se ne va da chissachi'.
La paura è grande cosi' soprattutto al giovedi', la paura va sui tetti e spaventa tutti i vecchietti, la paura va via di qui quando arriva il di'.

 

ILMULINO DI FINCASTLE
Tanto tempo fa nel mulino di Fincastle, in Scozia, abitavano dei folletti. Una notte una fanciulla, avendo finito la farina che stava usando per preparare la torta nuziale, ando' al mulino, dove nessuno osava mettere piede dopo il calar del sole.
La giovane mise a bollire una pentola d'acqua e comincio' a macinare il grano quando fu "sorpresa" da Dobbie, un folletto un po' stupido e dispettoso.
La fanciulla gli chiese chi fosse e lui le rivolse la stessa domanda: "Proprio io!" rispose la fanciulla spaventata e subito gli scaglio' addosso l'acqua bollente.
Dobbie fuggi' da sua madre Meg, che subito cerco' vendetta.
Dopo essersi sposata, la giovane si trovo' a raccontare cio' che le era successo e fu udita da Meg che le lancio' addosso uno sgabello a tre gambe.
Il folletto ebbe cosi' la sua vendetta.
Ma non le bastava.
Cosi' Meg si stabili' nella nuova casa della sposa, dove aiutava la governante.
La sposa, approfittandosi del suo aiuto, licenzio' tutta la servitu'.
Meg, allora, se ne ando', lasciando la casa senza servitori.
La governante non riusci' a riassumerli, perche' i domestici si erano offesi e non volevano piu' tornare.
Visto che si era sparsa la voce, nessuno voleva andare a lavorare in quella casa.
La sposa fu costretta allora a raddoppiare lo stipendio per avere ancora dei servitori per la sua famiglia.

 

GIROTONDO DELL'ANNO
Lo sapete che gennaio
Tiene i frutti nel solaio,
che febbraio piccolino,
breve, freddo e biricchino?
Arriva marzo pazzerello:
esce il sole e prendi l'ombrello!
Dietro a lui viene aprile:
sbadiglia, sbadiglia, è dolce dormire.
Esplode maggio ed è beato
Chi per tempo ha seminato.
Biondo ondeggia di giugno il grano
Pronto sta il contadino con la felce in mano.
Luglio "Lunghe son le giornate"
Porta il pieno dell'estate.
Ecco, torrido d'agosto,
il solleone brucia il bosco.
E' settembre un mese bello:
sole misto a venticello.
Davvero ottobre è generoso
E di tutti è il più fruttuoso.
A novembre i dì gelati
Son dannosi ai campi seminati.
A dicembre, neve abbondante
Salva il grano per il pane croccante.

 

LA PIGRIZIA
La Pigrizia ando' al mercato
Ed un cavolo compro'
Mezzogiorno era suonato
Quando a casa ritorno'
Mise l'acqua, accese il fuoco
Si sedette, riposo',
ed intanto a poco a poco,
anche il sole tramonto'
Cosi' persa ormai la lena
Sola, al buio, ella resto'
E a letto senza cena
La meschina se ne ando'.

 

L'ANELLO
Trucci trucci cavallucci
sulla via dei princistruppi
incontrai una fontanella
mi ci lavai le mani
mi ci cascò l'anello
del dito picciriello
pesca e ripesca
non lo riusci a trovare
trovai un pesciolino
lo calzai e lo vestii
lo portai a monsignore
monsignore non c'era
c'erano le sue sorelle
che facevano le frittelle
gliene chiesi una
mi piacque proprio tanto
gliene chiesi un'altra
la misi sulla panca
la panca era un po' cupa
sotto c'era il lupo
il lupo era un po' vecchio
e non sapeva rifarsi il letto.

 

STELLA STELLINA
Stella stellina
la notte s'avvicina
la fiamma traballa
la mucca è nella stalla
la mucca e il vitello
la pecora e l'agnello
la chioccia con i pulcini
la gatta coi gattini
la capra ha il suo capretto
la mamma ha il suo bimbetto.
Ognuno ha la sua mamma
e tutti fan la nanna.

 

L'ARROSTO FATATO
Una sera, d'inverno, marito e moglie stavano parlando dei loro vicini, che erano piu' ricchi di loro.
"Se potessi avere tutto quello che voglio, sarei di certo piu' contenta di loro", disse la donna.
In quel momento apparve una fata che disse:
"Esprimete tre desideri, ma tre soltanto".
"Vorrei essere bella, ricca e raffinata" rispose la moglie.
"Io vorrei salute, allegria e una vita piu' lunga" disse il marito.
"Perche' vivere a lungo, se si e' poveri?" disse la donna.
"Fino a domani pensiamo a quello che ci serve di piu' e chiediamoglielo" propose l'uomo.
"Va bene" disse lei.
"Con questo bel fuoco vorrei avere un pezzo di arrosto per la nostra cena! disse la donna senza pensarci.
E infatti dalla cappa del camino venne giù un pezzo enorme di carne.
"Per colpa tua, ora possiamo chiedere solo due cose! Mi fai cosi' arrabbiare che vorrei che ti venisse un bubbone sul naso!" urlo' il marito.
E infatti cosi' accadde.
"Chiedero' di diventare ricchissimi cosi' ti faro curare" disse l'uomo.
"Sei matto, io voglio che subito il bubbone cada per terra" disse la donna.
Il bubbone si stacco' e la donna, che era furba, disse al marito: "La fata ci ha voluto far imparare la lezione. E' meglio avere meno voglie e prendere le cose come vengono".
E quella sera cenarono in allegria con un ottimo arrosto.

 

SPINOSO, MA BUONO
Una sera un riccio usci', come tutti i giorni, fuori dalla sua gabbia per cercare da mangiare.
Cammina, cammina, si fermo' sotto un albero. Vide che c'erano tante piccole mele che il vento aveva fatto cadere.
"Ne voglio mangiare tante da riempirmi la pancia. Poi ne portero' anche ai miei amici" penso'.
E cosi' fece.
Inizio' a mangiare avidamente.
Le mele erano molto buone, dolci e succose.
Dopo aver mangiato abbastanza, il riccio penso' di cominciare a raccogliere i frutti per gli altri ricci.
"Come posso raccogliere tante mele?", si chiese.
"Nella bocca posso tenerne una sola".
Si giro' sulla schiena e molte mele si infilano nei suoi aculei.
Con il corpo coperto di mele, torno' verso la tana.
Quando stava per arrivare, urlo' che era pronta la cena.
"E' arrivato il riccio dai lunghi aculei con tante mele" dissero ridendo gli amici e tutti si avvicinarono.
Certo gli aculei sono scomodi da portare e spesso fanno sentire i ricci brutti e goffi, ma a volte diventano molto utili e rafforzano l'amicizia.

 

CANZONE ALLA ROVESCIA
Sapevo una canzone alla rovescia,
alla dritta non la so cantare.
Mi levai una mattina, era di sera;
presi una falce e me ne andai a vangare.
Di sull'uscio montai sopra una quercia,
e lì ciliegie cominciai a mangiare.
Venne fuori il padron di quelle mele
e disse: Lascia sta quelle cipolle!.
"Avessi tanti occhi e tanto fiato
quante delle tue noci io t'ho mangiato!
Avessi tanto fiato e tanti occhi
quanto ho mangiato io dei tuoi finocchi".

 

IL PIU' GIOVANE DEGLI ANIMALI
Un giorno tutti gli animali della savana si riunirono per decidere chi era il piu' intelligente.
C'era il leone, l'elefante, la jena, la scimmia e molti altri animali.
Tutti naturalmente pensavano di essere il piu' intelligente ma il leone decise che lo era solo l'animale piu' giovane.
Inizio' cosi' la gara per dire il proprio giorno di nascita.
La cerva disse che era nata l'anno della grande siccita', quindi aveva appena tre anni.
Lo sciacallo disse di essere nato solo tre lune fa.
La scimmia ci penso' un po' e poi disse:
"Io sono appena nata".
E tutti la applaudirono pensando che fosse lei la piu' intelligente.
Ma proprio in quel momento sentirono una vocina che stava dicendo:
"Zitti tutti, fatemi un po' di posto, sto nascendo".
Era la lepre, che cosi' dicendo fece capolino da dietro un cespuglio.
Tutti allora iniziarono a ridere e il leone, l'animale piu' saggio della savana disse:
"Sei tu l'animale piu' intelligente perche' sei riuscito a dimostrare di essere il piu' giovane anche se non e' vero".

 

LA LEGGENDA DEI CORALLI
In un tempo lontano lontano, un pescatore stava tornando a terra con la sua barca.
Il cielo si stava facendo scuro, non solo a causa del tramonto.
Ma anche perche' le nuvole si stavano addensando all'orizzonte.
Ad un certo punto, senti' un urlo straziante.
Riconobbe a fatica la voce di una ragazza, visto che la tristezza e la paura le avevano camuffato il tono.
Nonostante non fosse molto coraggioso, il pescatore decise subito che avrebbe fatto di tutto per salvare la giovane in pericolo.
Fermo' la barca sugli scogli e a fatica la tiro' in secca, per non farla andare alla deriva.
Il pescatore, per la fretta, non fece attenzione al carico di pesci che aveva con cura riposto sulla barca.
Infatti, mentre trascinava la barca a riva, il pesce cadde su alcuni ramoscelli.
La ragazza urlava e si dibatteva perche' una fata malvagia e invidiosa della sua bellezza l'aveva legata a una roccia, proprio vicino alla riva.
Il mare, sempre piu' agitato e freddo, la bagnava con onde altissime.
Il pescatore si butto' in mare, per liberare la giovane dalle catene che ormai si trovano sott'acqua.
Intanto i ramoscelli venivano colorati di rosso dal sangue dei pesci.
E a causa del freddo si indurivano immediatamente.
La ninfa Malvina uso' quei ramoscelli per ornarsi e divertirsi.
Quando si stanco' li lancio' in acqua.
La leggenda narra che nacquero cosi' i primi coralli.

 

IL CAVALLO DEL CAVALIERE SENZA TESTA
Arnaldo, Armando e Aldo, figli di un ricco mercante, girando il mondo capitarono nella locanda di uno strano oste.
Giocando a dadi con lui e perdendo, dovettero manterene una promessa.
Avrebbero dovuto portargli il famoso cavallo del Cavaliere senza testa.
L'oste malvagio, intanto, teneva prigioniero uno di loro, Arnaldo.
I due fratelli partirono, assicurando che sarebbe ro tornati con il cavallo.
Avevano promesso, ma in realta' non avevano nessuna idea di dove poter cercare l'animale magico.
Cominciarono a chiedere a tutti i viandanti che incontravano, ma nessuno di loro aveva mai sentito parlare del cavallo del Cavaliere senza testa.
O meglio, qualcuno di loro ne aveva sentito parlare, ma credendo che si trattasse di una leggenda, non avevano mai fatto caso al luogo dove rintracciare la bestia.
Un giorno, pero', incontrarono un ometto basso e pelato che disse:
"Certo che conosco quell'animale. L'ho visto proprio nel castello del Cavaliere senza testa, che in realta' la testa ce l'ha, ma porta sempre un elmo".
L'uomo li accompagno' nel maniero e si fece ricevere dal padrone di casa.
Racconto' la storia dei tre fratelli e il Cavaliere non solo non si commosse, ma li minaccio' di morte per averlo disturbato.
Allora l'ometto si presento' come la persona che anni prima gli aveva salvato la vita, durante un inseguimento.
Il Cavaliere lo abbraccio', regalo' il cavallo ai due ragazzi e tenne con se' l'ometto che da allora visse ricco e contento.

 

ISTINTO CACCIATORE
Una gatta si innamoro' di un giovanotto bello e gentile.
L'animale allora chiese a una fata di trasformarla in una ragazza.
La fata acconsenti' alla richiesta e la tramuto' in una dolce e meravigliosa donna.
In questo modo, il ragazzo vedendola non avrebbe potuto ignorarla e anzi si sarebbe perdutamente innamorato di lei.
Le avrebbe subito chiesto di sposarlo e cosi' i due sarebbero stati felici per sempre.
La gatta-ragazza aveva avuto dalla fata anche bellissimi abiti e una casetta piccola ma molto accogliente.
Un giorno, i due giovani erano nella casa della gatta.
La fata volle fare una prova, per verificare che la gatta si fosse meritata il regalo che le era stato fatto.
La maga allora fece apparire un topolino proprio nel salotto di casa.
La gatta-ragazza fece un balzo e dal divano piombo' sul animale, con l'intenzione di mangiarlo.
Si era completamente dimenticata della sua nuova condizione e delle promesse che aveva fatto.
La fata, che si era accorta di avere fatto un errore, perche' la gatta non era pronta a diventare umana, annullo' l'incantesimo.

 

LUCCIOLA
Lucciola, lucciola, vieni da me
ti daro' pan da re
ti daro' pan da regina
lucciola, lucciola, maggiolina.
Lucciola, lucciola, vien da me,
ti daro' veste da re
e poi manto da regina
lucciola, lucciola, vespertina.
Lucciola, lucciola, vien da me!
Ti daro' letto da re,
e lenzuola da regina
lucciola, lucciola, lucciolina.

 

FILASTROCCA DI CINCIRINELLA
Uno, due, tre, quattro,
cinque, sei, sette, otto,
pan biscotto e mortadella,
viva la moglie di Cincirinella.
Cincirinella aveva un podere
e tutti i dì l'andava a vedere:
se gli mamcava un tozzo di pane,
dava la colpa al povero cane;
se gli mancava un fuscellino,
dava la colpa al contadino;
se gli mancava una pera spina,
dava la colpa alla contadina.

 

CRISTINA E LA FANTASIA DI UN FIOCCO DI NEVE
Siamo in inverno, mamma neve e babbo gelo decidono di mandare i loro figli fiocchi sulla terra.
"Io, Ciccio, ti raccontero' tutta la spedizione neve" disse un fiocco a una bimba di nome Cristina.
"Noi tutti fratellini fiocchi siamo felici di "nevicare" poiche', tre stagioni su quattro, dobbiamo stare nel frigorifero per paura del sole, pero' domani e' il grande giorno e si parte.
La mamma ci accompagna nei frigoriferi letto per dormire presto poiche' domani sara' una giornata faticosa. Mentre noi tutti dormiamo, babbo gelo va da nonno temporale e nonna nuvola, apre la porta e saluta: "Buongiorno Comare nuvola! Buon giorno nonno temporale! Avrei bisogno di un favore, poiche' domani devo mandare i miei bambini sulla terra.
Prima di tutto tu nonno temporale dovrai tenere ben chiuso l'innaffiatoio dell'acqua e tu Comare nuvola, verso le otto di mattina, terrai a bada il sole coprendolo! Grazie e arrivederci".
Sbattendo la porta babbo gelo esce, si mette la sciarpa e la cuffia e scende sulla terra per fare calare la temperatura fino a raggiungere gli zero gradi.
La mattina del giorno seguente alle ore otto Comare nuvola copre il sole e la mamma ci mette tutti in fila indiana e ci da gli ultimi consigli: "State attenti bambini, nell'aria danzate dolcemente e non abbiate paura!".
Poi uno ad uno la mamma ci mette il cappottino bianco, il cappellino bianco, le scarpine e la sciarpina bianca, ci allaccia il paracadute e... via!!! Incomincia il ballo della neve: il piu' bello.
Io Ciccio, con la mia amichetta Pimpa balliamo insieme, mentre zio venticello soffia leggermente e ci fa ondulare.
Mamma neve intanto cuce ancora guantini, sciarpine e cappelli perche' sa che quando ritorneremo sotto forma di acqua ognuno di noi sara' senza qualcosa".

 

LANCILLOTTO
Sette, quattordici ventuno, ventotto,
questo e' il gioco di Lancillotto.
Lancillotto è giu' in cantina
a cercare la regina,
la regina e' andata via
a lavar la biancheria.
La regina e' andata a Roma
a cercare la corona
la corona e' gia' venduta
la regina e' svenuta
e' svenuto pure il re
a vedere le cornacchie
venir fuori dalla tazza di te'.

 

IL MIO REGNO PER UNA BUGIA
C'era una volta un re che aveva una sola figlia. Quando la ragazza fu cresciuta, il re proclamo' che avrebbe concesso la sua mano alla persona che fosse riuscita a fargli dire per tre volte di seguito:
"E' una menzogna, una menzogna, una menzogna".
La notizia del proclama si sparse per il mondo e raggiunse anche l'Irlanda dove allora vivevano una povera vedova e suo figlio che era un celebre bugiardo.
Una sera il ragazzo parti' per il regno da dove veniva il proclama.
Quando giunse alla reggia del re, venne fermato dalle guardie.
"Vado dal vostro re, per sposare sua figlia" disse il bugiardo.
Le guardie lo portarono al cospetto del re, che lo condusse in un enorme prato, dove i suoi greggi e armenti stavano pascolando e chiese:
"Che cosa pensi del mio bestiame?"
"Questo non e' niente.
Dovreste vedere il bestiame di mia madre", disse il ragazzo.
"Sono cosi' grandi che una volta, sotto una foglia di un cavolo si pote' fare un banchetto di nozze".
Il re porto' il giovane in un orto vastissimo e gli chiese che cosa pensasse delle fave.
"Perche' queste sono fave? Le fave dell'orto di mia madre! Sono piante cosi' alte che la punta della piu' corta raggiunge le nuvole.
Quando vado a raccoglierle, mi porto lo zaino e la merenda perche' sto via alcuni giorni.
E quando torno mi faccio dare un passaggio dalle aquile che volano ad alta quota. " Questa e' una menzogna, una menzogna, una menzogna!" urlo' il re arrabbiato.
"Lo so, Vostra Maesta', ma voi stesso mi avete invitato a dirla".
E cosi' fu che il povero irlandese ottenne la mano della figlia del re.

 

BOM!
Piede, piedino,
fa male il sassolino.
Tolgo il sasso,
vado a spasso,
la legna a raccattare,
il fuoco voglio fare.
Mano mano morta,
picchia alla porta,
picchia al porton,
bom!

 

CANTILENA
Capra, capretta,
che bruchi l'erbetta,
vuoi una manciatina
di sale da cucina?
Il sale è salato,
il bimbo è nel prato,
la mamma è alla fonte,
il sole è sul monte,
sul monte è l'erbetta,
capra, capretta!

 

LA STORIA DELLA PROBOSCIDE
In un tempo lontano lontano gli elefanti non avevano il naso lungo. Anzi, erano animali molto diversi, con il muso simile a quello di un orso, ma con molto meno pelo. ma un giorno nacque nella savana africana un elefantino molto dispettoso e curioso che infastidiva tutti gli altri animali.
Un giorno ando' dalla giraffa e chiese:
"Perch' hai il collo cosi' lungo?". Lei, un po' perche' era permalosa e un po' perche' non sapeva che cosa rispondere, lo mando' via.
Allora l'elefantino sconsolato si rivolse all'ippopotamo, perche' era incuriosito dalla sua mole.
"Perche' sei cosi' ciccione?" gli chiese.
E anche l'ippopotamo lo tratto male.
Il cucciolo di elefante S'incammino' verso il bosco e penso' di andare a parlare con il coccodrillo.
Quindi prosegui' per il fiume.
Non appena vide il coccodrillo, si avvicino' per fargli qualche domanda impertinente.
Ma il feroce animale fu piu' veloce e prese il piccolo elefantino per il naso.
Da quel giorno tutti gli elefanti hanno il naso lungo, cioe' la proboscide.

 

IL CICLISTA
Filastrocca del gregario corridore proletario
Che al campione di mestiere devi fare il cameriere
E sul podio, senza gloria servi a loro la vittoria
Al traguardo quando arriva non ha applausi, ne' evviva,
col salario che si piglia fa campare la famiglia
e da vecchio poi si acquista un negozio da ciclista
o un baretto, anche piu' spesso, con la macchina dell'espresso.

 

LA COLOMBA E LA FORMICA
In una calda giornata d'estate, una formica aveva deciso di andare a dissetarsi al fiume.
Mentre stava bevendo, aveva perso l'equilibrio ed era scivolata in acqua.
A causa delle piccole dimensioni, non riusciva a contrastare la corrente e veniva trascinata sempre piu' lontano dal suo formicaio.
Nel frattempo, una colomba che stava raccogliendo piccoli frammenti di erba e legno per rinforzare il nido, vide la formica in difficolta'.
Si abbasso' fino a toccare con le zampette la superficie dell'acqua e sollevo' la formichina fuori dal fiume.
Dopo averla ringraziata con grandi cerimonie, la formica se ne era andata per la sua strada.
Qualche ora dopo, un cacciatore, che si era appostato nel bosco, stava per sparare alla colomba.
Per fortuna la formica se ne era accorta e aveva fatto in tempo a morsicare la caviglia dell'uomo.
Il cacciatore, che stava per sparare, urlo' per il fastidio della puntura e manco' il bersaglio.
Fu cosi' che la piccola formica restitui' il favore alla colomba.

 

IL DRAGO INGANNATO
Tanto tempo fa, quando esistevano ancora fate e cavalieri, in un piccolo paese austriaco, gli abitanti avevano un gran brutto vicino di casa.
Infatti, ai margini del bosco, c'era la grotta nella quale viveva un drago ferocissimo.
Naturalmente tutti ne erano terrorizzati, perche' quando il drago era affamato, e succedeva molto spesso, attaccava il bestiame, come le pecore e le mucche, ma anche le persone.
Per questo motivo, la gente decise di ucciderlo.
Si rendevano pero' conto che non sarebbe stato assolutamente facile.
Visto che non potevano batterlo con la forza, perche' il drago era molto piu' grande e potente di loro, lo avrebbbero eliminato con l'inganno.
Costruirono una enorme scatola di legno con due entrate, una piu' grande dell'altra.
Misero la scatola all'entrata della caverna del drago, dalla parte dell'entrata piu' grande.
Dall'altra parte misero un vitello.
Il drago annuso' la presenza dell'animale e per raggiungerlo, entro' senza accorgersene nella costruzione.
Non riuscendo ad arrivare all'animale, cerco' di uscire, ma era rimasto intrappolato.
Tutti gli abitanti del villaggio si fecero coraggio, si avvicinarono e riempirono la scatola con della paglia.
Poi appiccarono il fuoco.
Il drago mori' bruciato e la gente festeggio' la liberazione dalla tirannica presenza.

 

LA LEGGENDA DELLA DONNA SENZA CUORE
Tanto tempo fa, in un castello viveva una ricca proprietaria terriera.
Lady Sabrina era nota per essere egoista, avida e completamente priva di sentimenti.
I contadini che lavoravano nei suoi terreni venivano pagati pochissimo, soltanto dietro forti insistenze, e spesso erano impegnati piU' di dodici ore al giorno.
Quando arrivo' un periodo di grande carestia, tutti gli abitanti del villaggio rischiavano di morire di fame. Solo Lady Sabrina aveva provviste a sufficienza e anche di piu'.
La donna si preoccupo' solo di avere abbastanza cibo per se e per il suo unico amore, un bellissimo cavallo bianco.
Con il destriero, Lady Sabrina era solita andare a ispezionare le coltivazioni della sua proprietA'.
Un giorno, durante una di queste pignole spedizioni, incontrO' un uomo.
"Abbi pieta' di un uomo vecchio e stanco" disse lo straniero.
"Dammi qualcosa da mangiare". L'uomo infatti aveva visto che Lady Sabrina stava dando deliziosi dolcetti al cavallo.
La donna, senza rispondergli, passo' avanti.
"Dammi qualcosa da mangiare, in nome di Dio" continuo' lo straniero.
Lady Sabrina, allora torno' indietro e gli butto' una pietra.
"Se hai davvero fame, mangia questa" disse.
"Possa tu trasformarti in una pietra, come quella che mi hai lanciato e come quella che hai al posto del cuore" intimo' l'uomo, che era in realta' un mago buono invocato dai contadini che lavoravano per Lady Sabrina.
E cosi' fu.
Il cavallo, il castello e tutti i terreni diventarono proprieta' dei contadini, che non rivelarono mai a nessuno quello che era accaduto.

 

PIERINO PORCOSPINO
Oh! Che schifo quel bambino!
E' Pierino Porcospino!
Egli ha unghie smisurate
Che non furono mai tagliate.
I capelli sulla testa
Gli han formato una foresta
Densa, sporca, puzzolente.
Dice a lui tutta la gente:
Oh! Che schifo quel bambino!
E' Pierino Porcospino!

 

VORREI UNA VOCE NUOVA
C'era una volta un corvo invidioso.
Non era soddisfatto della sua voce.
Ne voleva una piu' bella, simile a quella melodiosa dei fringuelli o degli usignoli.
Se ne stava tutto il tempo sul suo nido ad ascoltare la voce degli altri animali, non solo quella degli uccelli, per imitarle.
Un giorno passo' un pappagallo.
Ma il corvo non gradi' il suono che produceva.
Dopo un po' passo' un gatto e anche il suo miagolio non valeva la pena di essere imitato, secondo il corvo.
Ad un certo punto, l'uccello nero senti' un potente ruggito e vide che da li' stava passando un leone.
Il corvo decise che da quel momento si sarebbe esercitato per imparare a fare il verso del leone.
Ma siccome era un corvo, e non un leone, non riusci' mai ad emettere un ruggito.
Anzi perse quasi del tutto la voce e anche gli amici, che non ne potevano piu' della sua ossessione.
"Sarebbe meglio che tu ti accettassi come sei" gli dicevano sempre gli altri corvi.
"Saresti piu' felice."

 

PIMPIRULIN
Pimpirulin piangeva:
voleva mezza mela.
La mamma non l'aveva,
Pimpirulin piangeva.
A mezzanotte in punto
passava un aeroplano
e sotto c'era scritto:
"Pimpirulin, sta zitto!"

 

IL GATTO E IL TOPOLINO
Gatto: Topolino, topolino, cosa fai nel mio giardino?
Topolino: Mangio l'uva
Gatto: E la chiave?
Topolino: É sotto il trave!
Gatto: E il chiavino?
Topolino: É sotto al cuscino!
Gatto: E la licenza?
Topolino: É sotto la credenza!
Gatto: E se io ti prendo?
Topolino: Io scappo!

 

PER UN CHIODO
Per un chiodo che mancava
perse un ferro il buon destrier.
E pel ferro che mancava
cadde insieme al cavalier!
Per mancanza di cavallo
l'infelice messagger
dal nemico fu raggiunto
e soffri' per il dover.
Ma il messaggio fu carpito.
La battaglia per tal modo
fu perduta e tutto questo
tutto questo per un chiodo.

 

COSCINE DI POLLO
Fate la nanna, coscine di pollo
la vostra mamma vi ha fatto un gonnello
e ve l'ha fatto con lo smerlo in fondo,
fate la nanna coscine di pollo.
Fate la nanna, possiate dormire
il letto è fatto di rose e di viole
e la coperta di lana sottile,
fate la nanna, begli occhi di sole.
Fate la nanna, un bel sonno faremo,
un sonno lungo e poi mi voglio destare:
fate la nanna, un bel sonno faremo
un sonno lungo e poi ci desteremo.
Ninna nanna, ninna nanna
il bambino è della mamma
della mamma e di Gesu'
il bambino non piange piu'.

 

IL CONTADINO FORTUNATO
C'era una volta un povero contadino, che un giorno decise di andare per il mondo a cercare fortuna.
Cammina, cammina, vide per terra cinque monete d'oro.
Le raccolse e le mise in tasca. Dopo poco giunse in una citta' ed entro' in un locale per mangiare qualcosa.
Il proprietario vide che era vestito male e lo prese per un barbone.
Penso' che non potesse pagare e non gli volle dare da mangiare.
Il contadino allora mise sul bancone una delle monete, che valeva cento volte il costo del pranzo.
"Come faro' a darti il resto?", disse l'oste, che stava pensando che il giovane fosse il figlio del re travestito.
"Lo puoi tenere" rispose il contadino.
Anche gli altri clienti pensarono la stessa cosa:
quello era il figlio del re.
Il contadino volle andare alle terme. Ma all'entrata lo fermarono, perche' era vestito da povero.
Dopo poco arrivo' l'oste con un barbiere e vestiti nuovi, come il contadino aveva chiesto.
"Questo e' il figlio del re travestito" confido' l'oste al guardiano delle terme.
Udendo cio', il custode invito' il povero contadino a entrare e corse dal suo padrone a raccontargli quel che stava accadendo.
Il proprietario dei bagni ebbe paura che il re volesse punirlo.
Corse a casa, riempi' un sacco di monete d'oro e torno' indietro per chiedere perdono al contadino, che prese il sacco e torno a casa.
Quando arrivo' al punto in cui aveva trovato le monete, ne tolse cinque dal suo sacco e le depose per terra.

 

RINOCERONTE
Rinoceronte
che passa il ponte,
che salta, che balla,
che gioca alla palla,
che sta sull'attenti,
che fa i complimenti,
che dice buongiorno,
girandosi attorno.
Gira e rigira,
la testa mi gira
non ne posso piu'!
Cara pallina
cadimi giu'!

 

IL CAN CHE PASSA
Guarda il can che passa:
vuol mangiare tutta la pappa!
La pappina del bambino
l'ha mangiata il cagnolino!
Il cagnolin tutto contento
se la mangia in un momento!
E poi dopo fa bubù
e la pappa non c'e' piu'!

 

LA FIGLIA DEL MAGO
Il mago Saro aveva una figlia da maritare.
La ragazza era bella, ma triste, perche' il padre non le faceva mai incontrare i ragazzi che andavano a trovarla, anzi li faceva sparire.
In paese la voce girava, ma il giovane Alessio volle provare ugualmente a incontrare la figlia del mago.
Sulla via incontro' un vecchio che gli diede un consiglio: "Il sentiero che arriva al castello e' pieno di trappole. Per non sprofondare, appena arrivato osserva la figlia del mago che passeggia. Avvicinati, seguendo i suoi passi".
Alessio fece cosi' e appena arrivato al castello, il mago si complimento' per la sua astuzia. "Domani farai una seconda prova" gli disse.
E infatti, l'indomani mattina si trovo' a dover domare un cavallo selvaggio.
Ma Alessio sapeva che il cavallo era in realta' il mago.
Lo sapeva perche' la notte prima, la figlia del mago era andata da lui e glielo aveva detto.
E gli aveva anche spiegato che per farlo calmare avrebbe dovuto picchiarlo sulla testa per tre volte.
Il giovane, che sapeva come fare, lo domo' in fretta e fu pronto per la terza prova.
"Dovrai riconoscere tra cento, la mia mano" gli confido' la giovane. "Ma sara' facile perche' sul mignolo ho una cicatrice". E infatti Alessio non ebbe esitazioni e la riconobbe.
Saro non poteva piu' opporsi perche' aveva dato la sua parola.
E infatti il giorno dopo si sposarono.
La loro gioia era cosi' grande che anche il mago festeggio'.

 

RISO E CACAO
Riso e cacao
riso e cacao
voglio sposar
una donna di Rio
che sappia cucir
che voglia ballar
che sappia cantar
che voglia giocar.
Riso e latte
riso e latte
voglio sposar
un uomo che combatte
che sappia baciar
che voglia viaggiar
che sappia stupir
che voglia scherzar.

 

LA MANO
Pollice,
pollice,
dove sei?
Sono qui.
Voglio salutarti.
Ora vado
Vado anch'io.
Indice,
indice,
dove sei?
Sono qui.
Voglio salutarti.
Ora vado.
Vado anch'io.
Medio,
medio,
dove sei?
Sono qui.
Voglio salutarti.
Ora vado.
Vado anch'io.
Anulare,
anulare,
dove sei?
Sono qui.
Voglio salutarti.
Ora vado.
Vado anch'io.
Mignolo,
mignolo,
dove sei?
Sono qui.
Voglio salutarti.
Ora vado.
Vado anch'io.

 

I TRE DESIDERI
C'era una volta una volpe che aveva molta fame.
Non aveva catturato nessuna preda da almeno tre giorni e la sua proverbiale arguzia stava cominciando ad essere messa un po' troppo alla prova.
A forza di andare a caccia, finalmente vede un uccellino. E' piccolo, piccolo, ma per una che ha fame va bene.
"Almeno mi calma i morsi della fame" pensa la volpe. Capendo di essere senza scampo, l'uccellino comincia a parlarle.
"Se non mi mangi posso soddisfare tre voglie: quella di formaggio, quella di olio e quella di ridere" le dice l'animaletto.
"Smetti di parlare e comincia a dimostrare quello che mi hai promesso" incalza la volpe.
L'uccellino vola verso il sentiero e incontra una donna con una cesta piena di formaggio.
Sta andando al mercato a vendere i prodotti della sua fattoria.
L'uccellino comincia a saltellarle davanti, cinguetta e si fa seguire.
La donna mette a terra la cesta e cerca di prenderlo, ma senza risultato.
Quando desiste e torna alla cesta, il formaggio non c'e' piu'.
La volpe, con la pancia piena di formaggio, dice: "Adesso mangerei volentieri dell'olio".
L'uccellino torna sul sentiero e vede un uomo con un fiasco pieno d'olio.
Lo sta portando a casa perche' l'ha appena comprato.
L'animaletto si fa notare dall'uomo che cerca di prenderlo.
Mette a terra il fiasco e corre dietro all'uccellino.
E intanto la volpe ruba l'olio.
Dopo essersi leccata i baffi sporchi d'olio, la volpe ricorda all'uccellino, che deve ancora farla ridere.
Il piccolo vola in un campo e va a disturbare i contadini che stanno lavorando.
Salta sulla testa di uno, becca il naso di un altro e toglie il cappello a un altro ancora.
In men che non si dica, ci sono almeno dieci contadini che si aiutano a vicenda per liberarsi dall'uccellino.
Ne nasce una gran confusione che fa ridere a crepapelle la volpe. "Ti sei meritato la liberta'" dice all'animaletto, che vola via felice.

 

IL BUONGIORNO
Buon giorno: viene il sole,
su tre cavalli d'oro;
d'oro e d'argento
e vale cinquecento.
Vale centocinquanta
e la gallina canta.
E canta sola sola,
non vuole andare a scuola:
gallina bianca e nera
ti do la buona sera.
Buona sera e buona notte,
c'e' il lupo dietro la porta:
ma la porta casca giu'
e il lupo non c'e' piu'.
E' fuggito sulla montagna,
ha trovato una castagna;
la castagna é tutta mia:
buona notte alla compagnia.

 

LA COPPIA PIU' VELOCE DEL MONDO
C'era una volta un villaggio africano dove abitava la coppia di sposi piu' veloce del mondo.
Un giorno, era il periodo della raccolta del grano, il marito stava tornando alla sua fattoria con una cesta piena di grano.
Mentre scendeva da una collina scoscesa e fangosa, scivolo' e cadde.
Naturalmente la cesta si capovolse, ma il grano sbalzato fuori non fece in tempo a cadere in terra.
L'uomo infatti corse a casa, prese un coltello, taglio' alcune canne e costrui' alcune stuoie.
In questo modo raccolse il grano che stava per toccare il suolo.
Uni' gli angoli delle stuoie, li carico' in testa come se fossero una cesta e riprese il cammino dal luogo nel quale era caduto.
Quello stesso giorno, la moglie aveva aperto il pollaio e liberato galli e galline per farli scorrazzare un po' nell'aia.
Nel frattempo, lei se ne era andata al fiume a fare il bucato.
Mentre stava lavando, vide che un falco stava planando sul gruppo di pollame.
Avrebbe di certo fatto una strage, se la donna non fosse tornata a casa di corsa e non avesse fatto in tempo a coprire i polli a gruppi sotto alcune ceste.
E quando il falco arrivo' a Terra, non avendo fatto in tempo a cambiare direzione, data la velocita' della donna, venne malmenato e fatto scappare.

 

A COME AQUILA
Un'aquila nel cielo,
un bimbo sopra un melo,
un cane alla catena,
un dado nella rena,>br> un elefante grosso,
un faro tutto rosso,
un giglio e una conchiglia,
un ah! di meraviglia,
un istrice arrabbiato,
un lume affumicato,
un mare azzurro e calmo,
un nano grande un palmo,
un'oca grulla assai,
un pesce che non hai,
un quadro di valore,
un rospo col malore,
un sasso grosso e tondo,
un tino senza fondo,
un uccellino giallo,
un vaso con un gallo,
lo zufolo completo;
evviva l'alfabeto.

 

CECCO VELLUTO
Cecco Velluto
suonami l'imbuto,
suonamelo bene:
c'e' un angiolin che viene,
viene da Roma,
mi porta una corona
d'oro e d'argento
che costa mille e cento,
cento e cinquanta,
la pecorina canta,
canta il gallo,
risponde la gallina;
s'affaccia Menichina
con la ghirlanda in testa;
passan tre fanti
con tre cavalli bianchi,
bianca la sella,
bianco il parasole,
Gesu' mandi il sole,
ce lo mandi bello bello
fino al fondo dell'inverno.

 

IL TOPINO
Il codino di un topino
fuor da un buco un dì spunto'.
Venne il gatto, quatto, quatto,
e coi denti l'afferro'.
Il topino, poverino,
pianse e poi grido'.
Proprio allora, questa è bella,
un gran cane capito'
ed il gatto, quatto, quatto,
impaurito se ne ando'.
Il topino il suo codino
dentro al buco ritiro'.

 

L'ASINO PIGRO
C'era una volta un uomo che aveva molti asini.
Ogni giorno, sceglieva uno di loro e lo carica con le merci da vendere al mercato.
Arrivati al villaggio, l'uomo scaricava l'asino e aspettava i clienti interessati all'acquisto della merce che aveva portato.
Un giorno Kandi e il suo asino si erano fermati in un villaggio per comprare un carico di sale.
Poi si erano rimessi in cammino per il mercato.
Kandi infatti aveva notato che nessuno vendeva sale e quindi sarebbero andati tutti a comprarlo da lui.
Prima di arrivare al mercato, pero', dovevano attraversare un piccolo ruscello.
L'asino era scivolato ed era caduto nell'acqua.
E prima che Kandi lo aiutasse a uscire, quasi tutto il sale si era sciolto.
Quella notte gli asini si erano messi a discutere nel recinto di Kandi.
L'asino che era caduto nel ruscello aveva raccontato quello che era successo al fiume.
"Strano," disse l'asino.
"Quando mi sono alzato, il carico che portavo era molto piu' leggero di prima.
Cadro' nell'acqua apposta anche la prossima volta che attraversero' quel fiume."
Gli altri asini avevano deciso che quella era un'ottima idea.
Il giorno seguente Kandi scelse un asino e lo carico' di pacchi.
Passando da un villaggio, Kandi compro' delle spugne da vendere al mercato.
Quando fu il momento di attraversare il fiume cerco' di stare attento all'asino, che pero' volle assolutamente fare il giro largo, per immergersi nell'acqua profonda.
Ma le spugne, completamente piene d'acqua, pesavano cosi' tanto che l'asino non riusci' ad alzarsi.

 

LA LUCCIOLETTA
La gaia luccioletta
presa dal calabrone
fu messa per lampione
sopra la bicicletta.
Ma il rospo vigilozzo
che stava alla vedetta
gli fece in fretta in fretta
questa contravvenzione:
"E' scritto a chiare lettere
che per ragioni interne
non si possono ammettere
lucciole per lanterne!"

 

PERCHE' ESISTONO IL GIORNO E LA NOTTE
In un tempo lontano non esisteva la divisione tra giorno e notte, c'era sempre luce e non diventava mai buio.
In quel tempo, c'era un villaggio nel quale tutte le donne avevano un figlio, tranne una.
Lei aveva un grande desiderio di maternita', ma tutto quello che poteva fare era vedere che le altre donne accudivano bimbi e bimbe.
Molte mamme la insultavano e la emarginavano, pensando che incarnasse il diavolo.
"Devi essere una persona malvagia, se gli dei non ti concedono la gioia di un figlio" le dicevano.
Lei sapeva di non essere piu' cattiva di chiunque altro e volle tentare una cura per rimanere in cinta.
Avendo saputo di un guaritore che risolveva molti problemi solo con l'imposizione delle mani, decise di consultarlo.
Dopo aver sentito la sua storia l'uomo disse: "Sto per portare alcuni bambini alla luce, ma so che non saranno brave persone da adulte.
Quindi aspetta un po' e scegliero' il bimbo giusto per te".
Ma la donna era stanca di attendere e disse: "E' meglio avere un bambino non buono, che nessun bambino".
L'uomo acconsenti' suo malgrado e le tocco' il ventre con la mano.
Dopo nove mesi partori' un maschietto.
Il piccolo era sempre nervoso, non dormiva mai e piangeva di continuo.
Ma la donna non si preoccupava perche' il suo non era l'unico bambino capriccioso che conosceva.
Il bimbo crebbe in salute, ma divento' sempre piu' malvagio.
Torturava e uccideva gli animaletti del bosco e tormentava gli altri bambini.
Da grande si divertiva a fare del male a tutti, genitori compresi.
Un giorno decise che avrebbe ucciso chi avesse tentato di cambiarlo.
Ando' da un mago e si fece insegnare come creare il buio intorno a se'.
Tornato al villaggio volle mettere alla prova il suo potere e sfido' una maga.
La donna, che possedeva il potere della luce, lo contrappose al giovane.
Dopo una lunga lotta, nessuno dei due ebbe la meglio.
Anzi, entrambi morirono.
Poiche' i due erano morti e il mago del buio era stato ucciso dal giovane malvagio, nessuno sapeva come tornare alla luce perenne.
Cosi' da allora, i due poteri, del buio e della luce, continuano a combattersi instancabili.

 

MANGO, CHE PASSIONE
C'era una volta un uomo che adorava mangiare il frutto dell'albero di mango.
Quando lascio' la casa della sua famiglia per sposarsi, pianto' un albero di mango di fianco a entrambe le porte della casa.
In questo modo poteva raccogliere un frutto ogni volta che entrava o usciva.
Non appena l'albero crebbe abbastanza per produrre i frutti, ogni giorno l'uomo controllava la maturazione dei mango.
Stava anche meditando di piantare tanti altri alberi, in modo da circondare la casa completamente.
Una mattina si accorse che i frutti erano maturati in entrambe le piante.
Quelli sulla destra della casa erano gialli, con un tocco di rosa sul lato. Cosi' come quelli sul lato sinistro.
L'uomo non sapeva decidere quale dei due alberi assaggiare per primo.
Incapace di prendere una decisione si sedette in mezzo alla casa e diventando sempre piu' affamato.
Alla fine decise di dormirci su.
Poco dopo passo' un viandante che vide l'uomo stravolto e sull'orlo delle lacrime.
"Mi sembra che i frutti sulla sinistra siano migliori" disse lo straniero.
"Intanto quelli sulla destra matureranno ancora un po'".
Davanti all'albero sulla sinistra, l'uomo non sapeva se cominciare dai frutti piccoli o da quelli grandi.
E comincio' a piangere.
Quando, dopo una settimana, il viandante torno', vide che l'uomo stava ancora aspettando di mangiare i mango.
Purtroppo, pero', nel frattempo i frutti erano gia' maturati troppo ed erano caduti dall'albero.

 

L'UOMO PESCE
In un luogo molto lontano, alla foce di un fiume, viveva una ragazza che aveva rifiutato molti pretendenti.
Un giorno busso' alla sua porta un uomo che era riuscito ad affascinarla.
I due parlarono per tutto il giorno e alla fine la donna si innamoro' di lui.
"Devo presentarti ai miei genitori" disse lei. "Sono troppo povero, e' meglio che non ci fai conoscere. Di certo non gli piacerei" rispose lui.
I due innamorati stavano insieme tutto il giorno e l'uomo, che in realta' era lo Spirito del fiume, non faceva piu' il suo lavoro che era quello di controllare le acque e i pesci. Cosi' al villaggio mancavano l'acqua per lavare, per dissetarsi e per abbeverare gli animali e i pesci da mangiare.
La donna disse: "E' colpa vostra, se io potessi stare con lui senza nascondermi, allora saremmo in due a occuparci del fiume".
Tutti gli abitanti del villaggio si riunirono e decisero che era meglio accettare quella strana unione.
Per alcuni giorni, la donna spari'.
Nel frattempo ricomincio' a piovere, il fiume riprese a scorrere e non mancavano piu' acqua e pesci.
Dopo un po', la donna torno'. E racconto' che ora abitava sott'acqua, nel fiume.
La' tutto era uguale alle citta' sulla terra, ma l'acqua era ovunque.
Dopo alcuni mesi torno' per far conoscere alla sua famiglia il figlio neonato e da allora nessuno la vide piu'.

 

PIOGGERELLINA
Piove piovesina
la gatta va in cucina,
trova le scodelle,
e rompe le piu' belle.
La salta sul letto,
la trova un confetto;
il confetto è duro,
la salta sul muro;
il muro è bianco,
la salta sul banco;
il banco è rosso,
la salta nel pozzo;
il pozzo è pieno d'acqua,
si annega la culatta;
la gatta non si muove,
si accende la candela,
si dice buonasera.

 

PERCHE' IL SOLE VIVE IN CIELO?
Il mare ha sempre vissuto sulla terra, dove ci sono vallate e depressioni del terreno, ma il sole non vive in cielo da sempre.
Un tempo il sole era appoggiato sulla cima di una montagna.
Il sole e il mare erano buoni amici.
Spesso il sole scendeva dalla montagna e andava a far visita al mare e i due passavano del tempo a divertirsi insieme.
Il sole chiedeva spesso al mare di andare a fargli visita a casa sua, sulla cima della montagna, ma il mare non ci andava mai.
Dopo un po' il sole comincio' a offendersi per il comportamento del mare e si arrabbio'.
"Perche' non vuoi venire a casa mia? Io sono un buon ospite, la mia casa e' grande ed ho abbastanza cibo da offrirti.
Il mare replico': "Mio caro amico, io sono enorme e profondo.
Mi ritengo un tuo amico, e mi dispiace fare qualcosa che ti offenda".
Il sole continuo' a insistere e il mare decise di salire sulla montagna.
Era così immenso, che in poco tempo sommerse la montagna, ma il sole era cosi' orgoglioso da non ammettere di aver sbagliato.
Cosi' il mare continuo' ad avanzare e ben presto copri' anche altre montagne.
Il sole, temendo di essere travolto dal mare, sali' fino in cielo.
Il mare torno' a casa sua, mentre il sole rimase in cielo, invece di tornare sulla cima della montagna.

 

APE OPERAIA
Io sono l'ape piccolina
qualche volta biricchina:
quando volo nel giardino
scappa, scappa bel bambino!
Ma son anche operosa
cerco la piu' bella rosa;
so la cera fabbricare
e il miele si puo' mangiare.

 

LA FILASTROCCA ALLO ZOO
La murena sulla rena
con la rana fa buriana
ed a galla resta il gallo,
duole il callo allo sciacallo
che barcolla e caracolla.
La mangusta si disgusta
e i machachi mangian cachi,
lo stambecco non ha il becco,
la giraffa arruffa e arraffa
poiché vien di riffa in raffa.
Eleganti gli elefanti
con gli infanti stan da fanti,
la beccaccia si procaccia
la focaccia con la caccia,
la civetta svetta in vetta
e l'assiuolo solo solo
fa un a solo nel chiassuolo.
Per ripicca picchia il picchio,
la tellina sta in collina,
sta in calabria il calabrone
come a Fano sta il tafano.
Le zanzare a Zanzibar
vanno a zonzo pei bazar.

 

LISA E LE MUCCHE CHE FILANO CANAPA
Lisa aveva perso la mamma da piccola.
Il papa', per aiutarla a crescere bene, si era risposato molto presto.
La matrigna pero' non si era rivelata una degna sostituta della mamma.
La donna, che si chiamava Lilia, cucinava molto bene, sapeva gestire la casa ed era una grande risparmiatrice.
Pero' non sapeva come trattare i bambini.
Era dura e severa con Lisa, che invece era una bimba angelica e dolce.
Lilia si faceva aiutare in casa dalla bimba che era molto coscienziosa e precisa.
Un giorno la matrigna disse alla piccola che entro quella sera avrebbe dovuto filare una grande quantita' di canapa e per tutto il pomeriggio sarebbe stata impegnata al pascolo, a controllare le mucche.
Lisa era disperata perche' si rendeva conto che non sarebbe mai riuscita a fare contenta la matrigna, che le aveva dato poco tempo.
Salendo sulla collina dove le mucche stavano pascolando, Lisa incontro' una vecchia.
La signora la vide cosi' triste che si fece raccontare il motivo.
Dopo aver ascoltato, la vecchina disse a Lisa "Attacca la stoppa alle corna della tua mucca preferita.
Lei lavorera' per te.
Poi vieni qui e tienimi compagnia".
Lisa ubbidi' e alla sera tornando al pascolo vide tutta la canapa gia' filata.
Quando la porto' alla matrigna, le racconto' come aveva fatto e Lilia divento' molto curiosa.
"Non credero' certo alle tue storie, signorina, chissa' che stregoneria hai fatto per filare la canapa".
Il giorno dopo Lilia ando' al pascolo per verificare.
Sulla strada incontro' la vecchia che diede anche a lei lo stesso consiglio dato a Lisa.
Ma Lilia non torno' a fare compagnia alla vecchina, anzi si addormento' all'ombra.
Quando al tramonto si sveglio', vide che la mucca aveva rovinato la stoppa, spargendola ovunque.
In piu', molte delle mucche si erano allontanate e Lilia fatico' tutta la notte per recuperarle.
"E pensare che bastava essere gentile" disse la vecchia.

 

IL RAGAZZO E LA VOLPE (Svezia)
C'era una volta un ragazzo che stava percorrendo la strada tortuosa per andare da casa sua alla Chiesa.
Camminando pensava a quanto avrebbe desiderato comprare una nuova slitta.
Proprio mentre stava sognando a occhi aperti, vide una volpe che stava dormendo su una roccia.
L'animale non si accorse dell'arrivo del ragazzino, perche' la neve attutiva i rumori.
"Se uccidessi quella volpe" disse il ragazzino a voce bassa "potrei vendere la pelle e con i soldi ricavati potrei comprare quello che voglio, dolci, giocattoli e una bella slitta".
Mentre si stava avvicinando alla volpe, gli venne in mente che tutti lo avrebbero invidiato perche' lui aveva una slitta nuova.
E forse qualcuno avrebbe cercato di rubargliela.
"Mi inseguiranno per togliermi la slitta e non saro' mai sicuro quando la lasciero' fuori di casa, di notte.
Mi svegliero' ogni momento e un bel giorno vedro' dei ragazzacci scappare via con la mia slitta".
Preso dalla rabbia e dalla paura a causa del furto del suo oggetto dei desideri, il ragazzetto urlo' "Andate via da casa mia, lasciate stare la mia slitta!".
Svegliata dai rumori, la volpe si scosse dalla neve e corse via.
E il ragazzino rimase senza parole... e senza soldi per la slitta.

 

GATTO IN CAMICIA
C'era un letto
e sotto un gatto,
un gatto in camicia
che scoppiava dalle risa;
i topi per le scale
suonavan le campane
e la gente in citta'
mangiava con golosita'.
Ma la coda si è staccata
e la storia è terminata.

 

IL VECCHIO E LA ZUCCA (Senegal)
C'era una volta un uomo molto povero che viveva con suo figlio.
Quando si ammalo' e sentiva che stava per morire, disse al ragazzo:
"Quando sara' finito il mio funerale, pianta qualche seme di zucca sulla tomba".
Dopo queste parole, il vecchio mori'. Il figlio, con le lacrime agli occhi, obbedi'.
Le zucche crebbero e a un certo punto una fu abbastanza matura e pronta per essere cucinata.
Il giovane la raccolse e la porto' a casa a fatica.
Quando taglio' la prima fetta di zucca, dal'interno scaturirono molte monete d'argento.
Stupito, ma molto felice, il ragazzo non colse le altre zucche e aspetto' che fossero mature.
In poco tempo, visto che anche le altre zucche erano cresciute piene di monete, il giovane divento' ricco.
Il re di quella regione era venuto a sapere della vicenda e mando' i suoi soldati a portare via tutte le monete d'argento.
Il ragazzo non pote' fare nulla, se non serbare il segreto sulle proprieta' magiche delle zucche.
Quando i soldati rovesciarono le monete ai piedi del re, dalle ceste uscirono decine di serpenti. Il sovrano, impaurito e arrabbiato, per vendicarsi fece portare tutti i serpenti a casa del giovane derubato.
Quando apri' le ceste ritrovo' le sue monete.
E nessun altro provo' piu' a derubarlo.

 

LA SIGNORA MARIOLINA
Staccia staccia la farina
la signora Mariolina
staccia bene staccia male
staccia prima di Natale.
Lava lava le scodelle
per mangiar le tagliatelle
lava bene, lava male
butta l'acqua nel canale.

 

LA RAGAZZA CHE NACQUE DA UNA PALMA DA COCCO
C'era una volta un paese dove crescevano ovunque palme da cocco.
Gli abitanti non avevano mai fame, perche' potevano in ogni momento salire su un albero o scuoterlo e mangiare una noce di cocco.
Il re di quella terra aveva, naturalmente, piu' cocco di tutti i suoi sudditi.
Il sovrano aveva anche sette mogli, ma nessuna di loro era mai stata in grado di dargli un figlio o una figlia.
Il re era molto triste perché non aveva mai provato la gioia di stringere tra le braccia un figlio suo.
Inoltre non aveva discendenti.
"Chi governerà il mio popolo quando io non ci saro' piu'" si chiedeva spesso il re.
Un anno, il raccolto di noci di cocco fu particolarmente ricco e abbondante.
Un giorno i domestici del re stavano lavorando il cocco per ottenere il prezioso olio.
Il re, che era passato a controllare, non aveva mai visto la cisterna così piena.
Ma subito si fece triste, perché pensare ai raccolti precedenti gli aveva fatto venire in mente che stava invecchiando.
Con gli occhi bassi e le mani appoggiate alla cisterna, il re pregò di avere finalmente un erede.
All'improvviso, una voce dolce mormorò dalla cisterna: "Padre, fammi uscire da qui.
Sono tua figlia".
Il re vide una giovane e bellissima donna, elegante e solare.
Il sovrano la chiamo' Bella e chiamo' le ancelle per occuparsi di lei.
Le fece costruire una casa senza camino, perché lei era nata dall'olio e il re aveva paura che il calore le nuocesse.
Bella era amata e rispettata da tutti e ognuno pensava che il regno sarebbe stato in buone mani.
Venne l'inverno e tutti accesero i camini.
Solo Bella non poteva mai stare al caldo.
Un giorno, quando nessuno la stava guardando, ando' in cucina e si avvicino' al focolare.
Il re e i domestici non fecero in tempo ad aiutarla: il fuoco la lambi' in un attimo e Bella scomparve per sempre.

 

SCACCIAPENSIERI
La filastrocca scacciapensieri
parla di oggi e parla di ieri,
parla del tempo che va veloce,
parla del fiume che va alla foce.
Viene la sera e viene il giorno:
il tempo vissuto non fa ritorno,
la settimana è presto passata
e la domenica è già arrivata.
Passano i mesi e cambia stagione
cadon le foglie, occorre il maglione.
Passano i mesi, il freddo è finito
l'albero spoglio è già rifiorito.
L'anno che passa non ha importanza,
se tu lo vivi con la speranza
di preparare un mondo migliore
dove la gente ragiona col cuore.

 

LA GALLINA
La gallina padovana
Un ovetto fresco, fresco
Ha deposto
Nel cestino pien di lana
Ha fatto 1
Ha fatto 2
Ha fatto 3
2 per 2 fa quattro
ci vediamo domani alle otto,
tutti insieme faremo la pappa
con l’ovetto fresco fresco
che ha deposto
nel cestino pien di lana
la gallina padovana.

 

CRAPA PELATA
Zucca pelata mangia la rapa,
beve il vino, spazzacamino;
Zucca pelata dai cento capelli
tutta la notte ammazza i grilli
e se ne fa unA grande mangiata.
Zucca pelata mangia cicoria,
dopo le sette gioca a tresette;
Zucca pelata ci ha tanto coraggio,
tutta la notte taglia formaggio
e se ne fa un'abbondante mangiata.
Zucca pelata mangia ricotta,
dopo le nove sente se spiove;
Zucca pelata ha un solo capello,
tutta la notte cucina il vitello
e se ne fa un'abbondante mangiata.

 

OZIO E STRAVIZIO
Il lunedì è giorno di baldoria,
così dice la storia,
non voglio più studiar.
Il martedì è il giorno susseguente,
non voglio più far niente,
non posso più studiar.
Il mercoledì è giorno benedetto,
mi piace stare a letto,
non voglio più studiar.
Il giovedì è giorno di vacanza,
mi voglio riempire la pancia,
non posso più studiar.
Il venerdì è giorno di dolore,
morì nostro Signore,
non voglio più studiar.
Il sabato è giorno di vigilia
sarebbe meraviglia mettersi a studiar.
La domenica è girono di riposo,
sarebbe scandaloso
dover anche studiar.

 

LO SCIOPERO DEGLI ANIMALI
C'era una volta una bambina che si chiamava Sabrina.
Il suo papa' si chiamava Fulvio e la sua mamma Maria.
I due genitori erano veterinari, cioe' i dottori degli animali.
Faceva parte della famiglia anche un cane di razza cocker di taglia minima. Era marrone, grande come un canarino e si chiamava Giorgino.
Giorgino era un bravo cane ma sapeva solo il bauese, cioe' la lingua dei cani.
Un giorno Giorgino corse a casa e si vedeva che era molto spaventato.
"Bauuuuuu", diceva disperato.
Il papa' Fulvio che sapeva il bauese capi' quello che Giorgino stava cercando di dire e cioe': "Allarme allarme, le galline non vogliono piu' fare le uova perche' sono stanche di sentirsi dire che non sono animali intelligenti.
Vogliono diventare laureate e quindi si vogliono iscrivere all'Universita'".
Questo voleva dire che non ci sarebbero state piu' torte, dolci o salate, che non si potevano fare frittate ne' uova strapazzate.
Non ci sarebbero stati piu' nemmeno la maionese, ne' il gelato alla crema o il tiramisu'.
Allora papa' Fulvio organizzo' una scuola speciale per le galline, che si laurearono tutte e ricominciarono a fare le uova.
Ma non era finita.
Giorgino un giorno arrivo' a casa di corsa e comincio' a dire "Bauuuuuuu".
"Che cosa c'e' di nuovo" disse il papa' veterinario.
E Giorgino spiego' in bauese che le mucche non volevano fare piu' latte.
Erano stanche di sentire persone arrabbiate che dicevano porca vacca. Era una grave mancanza di rispetto nei loro confronti e per protesta avevano deciso di non produrre piu' latte.
La faccenda era grave perche' avevano ragione.
Allora papa' Fulvio decise di attaccare manifesti sui muri della citta' per spiegare alla gente che bisognava rispettare le mucche.
Non tanto come in India, ma comunque abbastanza perche' riprendessero a fare il latte.
Le mucche finirono lo sciopero e torno' il latte.
E il papa' di Sabrina divento' sindaco del suo paese.

 

IL FANTASMA
Sono il fantasma di Rocca Rotonda
e vengo fuori a notte fonda.
Sui vetri picchio, nei muri batto,
in terra striscio e faccio il matto.
La viscontessa, ah mamma mia,
coi bigodini scappa via.
Il visconte scappa lesto
con le mutande dentro a un cesto.
Il viscontino che arriva qui
dalla paura fa la pipi'.

 

LA SORGENTE MAGICA
C'era una volta in un solitario paese del Trentino, un bellissimo cervo.
Nessuno sapeva dire quanti anni avesse.
C'erano mamme e papa' che ricordavano di averlo visto gia' adulto quando loro erano bambini.
In molti pensavano che questo splendido esemplare fosse immortale.
Cacciatori senza pieta' raccontavano di averlo inseguito piu' volte nel bosco e molti di loro affermavano di averlo colpito, ma nessuno era riuscito a catturarlo.
Il nobile animale spariva senza lasciare traccia e ricompariva dopo qualche giorno, misteriosamente illeso.
I cacciatori, ma non solo loro, non sapevano spiegare questa strana caratteristica.
Un giorno, durante una battuta di caccia, alcuni uomini videro il cervo e i tiratori piu' bravi gli spararono.
Certi di averlo colpito, cominciarono a correre dietro all'animale che si inoltrava sempre piu' nella foresta.
I cacciatori arrivarono a una radura e videro alcune macchie di sangue in terra. Gli uomini si aspettavano di vedere l'animale morto, ma il cervo si stava bagnando in una sorgente di acqua termale, per farla guarire.
Da allora, in quella zona molte persone hanno goduto degli effetti benefici delle acque della salute scoperte dal cervo misterioso.

 

IL FOLLETTO DELL'ACQUA (Ungheria)
Vive nei fiumi, nei laghi, negli stagni ed e' un nanerottolo dalla marsina verde e dai pantaloni rossi sfilacciati.
Il folletto dell'acqua non si trova dappertutto, anzi.
Gli piacciono molto ruscelli e grotte dell'est Europa. Ha il cappellino verde o rosso sui verdi capelli tramati di piante acquatiche.
Verdi sono anche gli occhi rotondi come piattini.
Gli piace molto attirare le ragazze nel suo nascondiglio, ma deve stare attento a non spingersi troppo lontano dall'acqua.
Infatti il folletto deve avere sempre la coda della giacca bagnata, altrimenti diventa debole e indifeso e rischia di essere catturato dalla gente.
Di solito partecipa alle fiere e sui banchi vende variopinti bottoni, specchietti, pettinini fiocchi e nappe e cerca di ammaliare le fanciulle.
Un giorno in un villaggio ungherese, uno degli omini dell'acqua si era spinto fino alla piazza del paese per sedurre una giovane fornaia.
La ragazza, bionda come un angelo, aveva capito il trucco del folletto e si voleva vendicare.
Lo attiro' fino al negozio e lo chiuse dentro.
"Venite a vedere il folletto dell'acqua, l'ho catturato da sola!" grido' la giovane.
Molti accorsero e vollero vederlo.
Appena aprirono la porta, l'omino sgattaiolo' fuori come un furetto e cerco' disperato un po' di acqua, perche' la sua giacca era quasi asciutta.
Vide una fontana, si getto' di corsa e poi prese la via del bosco, per tornare nella sua tana sul fondo del fiume.
Si spavento' cosi' tanto che per un po' non oso' avvicinare nessuna ragazza.

 

IL CODINO DI UN TOPINO
Il codino
d'un topino
fuor da un buco
un di' spunto'.
Venne il gatto
quatto quatto
e con i denti l'afferro'.
Il topino
poverino
pianse pianse e poi grido'.
Proprio allora,
questa e' bella,
un gran cane capito'
ed il gatto
quatto quatto
impaurito se ne ando'.
Il topino
il suo codino
dentro il buco ritiro'.

 

UN UOMO CON DUE MOGLI
C'era una volta un uomo che aveva due mogli.
Una delle due viveva al piano superiore della casa, l'altra al piano inferiore.
Un giorno un ladro irruppe nella casa con l'intenzione di appropriarsi di tutto quello che riusciva a prendere.
Ma i membri della famiglia si accorsero della sua presenza, anche se era notte e avrebbero dovuto dormire e lo fermarono.
Appena fece chiaro, lo portarono alla polizia.
Non era stato rubato alcun oggetto, ma il ladro era entrato in casa e questo era un reato.
Il giudice stava per infliggere al ladro una punizione, quando l'uomo intervenne per dire:
"Gentile giudice, fate di me quello che volete perche' e' vero che ho sbagliato a entrare in quella casa.
Potete rinchiudermi in una cella o farmi sbranare dai cani, potete bruciarmi il corpo ma c'e' una punizione che temo piu' di ogni altra".
"E che cosa non vorresti che ti infliggessi?"
chiese curioso il giudice.
L'uomo rispose che non avrebbe mai voluto essere il marito di due donne.
"E perche' mai"
chiese il giudice.
Allora il ladro spiego' come era accaduto che era stato preso e non era riuscito a rubare nulla.
"Per tutta la notte il padrone di quella casa deve stare in piedi sui gradini della scala perche' una delle mogli lo vuole di sopra, mentre l'altra lo chiama di sotto.
Una gli tira i capelli e l'altra i piedi.
Deve stare scomodo e al freddo per ore.
Per questo sono stato scoperto e non ho potuto rubare nulla.

Siamo anche noi come l'uomo con due mogli: quando i nostri desideri non sono in armonia e combattono tra loro non siamo in pace e non otteniamo alcuna cosa.
Solo l'unita' di intenti ci da' la forza di concentrare tutte le energie verso un unico scopo.

 

IL LUPO E LA GRU Un giorno un lupo, che stava avidamente mangiando una preda appena catturata, inghiotti' un osso e gli rimase in gola.
Sempre violento e prepotente, in quel momento di dolore divento' docile.
Urlava, promettendo premi e favori agli altri animali per convincerli ad aiutarlo.
Ma nessuno si faceva avanti, perche' tutti sapevano come era fatto.
Temevano persino che, dopo averlo aiutato, il lupo cercasse di mangiarli.
Dopo promesse, garanzie e giuramento, riusci' a convincere una gru.
L'uccello, calando il lungo collo nelle fauci, esegui' la pericolosa operazione.
"Allora che cosa mi dai per averti aiutato?"
chiese tutta smaniosa la gru.
"Non me l'aspettavo proprio da te, che dici di essere onesta e corretta" disse il lupo.
"Non ti basta che ti abbia fatto tirare fuori la testa dalla mia bocca senza farti del male? Vorresti anche un regalo? Sei proprio un'ingrata".
Tutti gli animali pensarono che il lupo non sarebbe mai cambiato.
Ingrato e prepotente, era proprio lui il primo a non ringraziare per il favore che gli era stato fatto.

 

NINNA NANNA DELLA LUNA
Luna, dolce luna cosa guardi tu
Luna dolce luna cosa cerchi tu.
Il tuo bimbo dolce nella notte blu
dorme la mia pulce col nasino in su.
Luna dolce luna a chi pensi tu
Luna dolce luna cosa cerchi tu.
Vedo nel tuo viso un pigiama blu
si apre il tuo sorriso che non scordo piu'.
Buonanotte luna sogna un po' di me.
Buonanotte luna sognero' di te.
Per tutta la notte io ti cullero',
per tutta la notte non ti lascerò.

 

PERCHE' I PIPISTRELLI VOLANO DI NOTTE (Africa)
Tanto tempo fa, gli animali e gli uccelli avevano cominciato a non andare d'accordo.
Litigavano e si facevano spesso i dispetti.
I pipistrelli, in tutta questa confusione, non sapevano da che parte stare.
Visto che simpatizzavano per gli uccelli, i pipistrelli si misero dalla loro parte. Ma gli uccelli non li volevano vicino, perche' li consideravano animali.
"Abbiamo le ali" sostenevano i pipistrelli.
Dopo alcune insistenze, gli uccelli li accettarono.
Purtroppo gli animali ebbero la meglio, in quella guerra che si era scatenata.
Quindi, i pipistrelli volarono da loro.
"Voi non siete animali" risposero leoni ed elefanti.
"Guardate i nostri denti" replicarono i pipistrelli e mostrarono i piccoli canini.
Gli animali li cacciarono e gli uccelli non vollero dalla loro dei traditori.
Senza nessun gruppo al quale aggregarsi, i pipistrelli cominciarono a evitare di mostrarsi durante il giorno e a volare e cacciare di notte.

 

LA FATA RENATA
Tanti anni fa, in un paese lontano, viveva una famiglia di fatine buone.
Dovete sapere che non tutte le fate sono dolci e simpatiche.
Alcune crescono un po' dispettose e altre addirittura malvage.
La fatina piu' piccola di questa bizzarra famiglia, si chiamava Renata ed era molto pasticciona: faceva tante magie un po' pericolose.
Una volta fece sparire l'uccellino della sua sorellina che appena si accorse che l'uccellino non era piu' nella gabbia, scoppio' a piangere e a disperarsi.
Ma Renata, che non voleva essere punita dai genitori, non disse di avere la responsabilita' dell'accaduto.
Quando la mamma, con una magia, riusci' a recuperare l'uccellino, l'animaletto, che essendo magico sapeva parlare, disse chi era stato a farlo sparire.
Allora la piccola Renata scappo' di casa.
Ando' a nascondersi nel bosco e visse per un po' di tempo da sola e triste.
Un giorno le apparve la sua buona mamma, che piangeva di dolore per il suo destino.
Renata decise di impegnarsi ed esercitarsi a fare magie belle e non pericolose.
Torno' a casa, accolta dai genitori e dalle sorelle, e regalo' a tutta la famiglia un albero alto alto, con tanti nidi di uccellini.

 

LA STRANA BANDA
Lunghe brache hanno i bruchi
e le oche fioche e poche
alle foche fan da cuoche.
I bisonti son bisunti,
qui c'e' un ragno con la rogna,
la cicogna sogna e agogna
di vigogna una carogna,
l'anatrotto e l'anatrotta
con la trota trotta trotta.
Nanerottola e' la nottola
e il pidocchio ch'e' sul cocchio
all'abbacchio strizza l'occhio
e lo sgombro sgombra l'ombra
e l'aringa non si tinga
e i mandrilli e i coccodrilli
fanno trilli e strilli ai grilli,
(pero' i grilli sono grulli).

 

LA REGINA DELLE ROSE
La Regina delle rose viveva un tempo in un giardino segreto.
Elegante e profumata, la sovrana aveva tutte le caratteristiche piu' belle dei fiori dai quali prendeva il nome.
Viveva su una collina circondata da un roseto ricco e in perenne fioritura.
Tutti gli abitanti del luogo le volevano bene e le riconoscevano molta saggezza.
Le chiedevano consigli e la invitavano alle feste, dai matrimoni ai party di compleanno.
La sua vita scorreva tranquilla, si godeva le belle giornate e stava al sole quando non scottava troppo, per non sciupare la pelle perfetta.
Non aveva mai sentito il bisogno di uscire dal suo giardino incantato, perche' li' c'era tutto quello che la faceva felice.
Oggi, ormai anziana, e' sempre stupenda e ricorda con orrore l'anno nel quale si innamoro'.
Il suo cuore puro di fiore fu catturato dalla bellezza di un giovane suddito.
Lui andava a trovarla tutti i giorni, insieme parlavano e sognavano il futuro.
Un giorno il ragazzo le disse che avrebbe voluto sposarla, ma non poteva presentarla agli amici.
Lei era troppo bella, troppo perfetta, diversa da tutti.
"Dovrai cambiare" disse il giovane, "e adattarti a noi".
"Se cercherai di essere meno buona e gentile, meno solare e vivace, gli altri non mi faranno notare quanto siamo diversi".
La Regina delle rose fu molto colpita e non riusciva a spiegarsi come poteva essere una buona cosa, diventare meno gentile e bella.
Un giorno chiamo il suo innamorato e gli disse:
"Se tu mi ami, devi avere il coraggio di accettare tutto quello che sono.
E se sono diversa dai tuoi amici, forse loro mi apprezzeranno per questo.
Altrimenti non vale la pena di conoscerli.
Non cambiero' per te, non rinneghero' quello che sono".
Da allora i due non si sono mai piu' visti e la sovrana e' contenta di non aver accettato di diventare qualcun altro pur di essere accettata.

 

FILASTROCCA LENTA
Filastrocca della lana,
la matassa si dipana:
voglio fare un vestitino
per il mio bel bambino.
Due scarpette e due guantini
per le mani ed i piedini.
Fila, fila, filastrocca,
fila, fila dalla rocca:
il gomitolo si fa
guai al gatto se lo vedra'!
Filastrocca lenta, lenta
il bambino si addormenta:
dolcemente, piano, piano
con il filo stretto in mano.

 

LA RAGAZZA DEL MELONE
C'erano una volta una coppia di anziani coniugi, senza figli.
Un giorno la moglie ando' a fare il bucato in un ruscello e vide galleggiare un bellissimo melone.
Decise di portarlo a casa e di dividerlo con il marito.
Quando lo aprirono, videro che dentro c'era una neonata.
Ne furono felici, perche' avevano sempre desiderato avere dei bambini per casa.
Passo' del tempo e la bambina crebbe e divento' una bellissima ragazza.
Era rispettata da tutti perche' era gentile e generosa.
La ragazza si era fidanzata con il figlio del signore di quella zona.
Nella foresta viveva un'orchessa, gelosa della felicita' della figlia del melone.
Un giorno che i genitori si erano allontanati e la ragazza era sola in casa, l'orchessa si presento' alla sua porta.
La ragazza le apri' e l'orchessa la chiuse in una caverna profonda e poi prese la sua forma.
Ma i genitori si accorsero che c'era qualcosa che non andava nella loro figlia:
era scontrosa, non aveva dato da mangiare al suo Neko, il gatto di casa, e lo trattava male, e non parlava del suo principe.
Il gatto, il piu' astuto di tutti, aveva capito tutto.
Si allontano' e ando' nella foresta.
La ragazza era molto amica dei Tanuki, i tassi della foresta.
Neko chiese se sapessero dove fosse stata nascosta la ragazza, e i Tanuki gli indicarono la caverna.
Cosi' il gatto la libero'.
E l'orchessa fuggi' inseguita dagli animali che la cacciarono dalla foresta per sempre.

 

IL VENTO FUORI STAGIONE
In un lontano paesino, viveva un vecchio mago egoista che aveva rubato il venticello di primavera per averlo solo per se'.
In un giorno di pioggia, il mago usci' a prendere il giornale e porto' con se' la sua borsa magica con dentro tutti i suoi segreti e le sue armi incantate.
Dentro alla borsa aveva anche la scatola dove aveva rinchiuso la brezza profumata di fiori che soffia solo all'inizio della primavera.
Mentre stava camminando, inciampo' in un cagnolino che stava attraversando la strada.
La borsa si apri' e tutto si sparse sul marciapiede.
Cadde anche la scatola con il vento, che si apri' e fece scappare quello che c'era dentro.
Purtroppo era il mese di ottobre e la brezza primaverile non sapeva dove andare.
Non poteva soffiare, perche' tutti gli animali che erano appena andati in letargo per affrontare l'inverno si sarebbero svegliati all'improvviso e avrebbero avuto uno scioc, sentendo gia' caldo.
Anche le piante, che si stavano preparando alla stagione fredda, avrebbero sofferto.
Quindi per alcuni giorni il vento primaverile rimase in alto, vicino alle nuvole, per non dare fastidio a nessuno.
Tutti i bambini che si erano accorti che qualcosa non andava, cominciarono a pensare a come risolvere il problema.
Sapete chi li aiuto'?
Un vento tropicale, che passava da li' per caso, vide la giovane brezza primaverile e la porto' con se'.
"Trascorrerai l'inverno con me in un paese caldo.
In primavera tornerai qui" disse il vento caldo.
E cosi' animali e piante rimasero tranquille in attesa del freddo e della neve.

 

SOGNI DI TRE PICCOLI ALBERI...
C'erano una volta, sopra una montagna, tre piccoli alberi che immaginavano cosa sarebbero stati da grandi.
Il primo, guardando le stelle, disse:
"io voglio essere il baule piu' prezioso del mondo, pieno di tesori.
Per avere questo fine, posso anche accettare di essere tagliato".
Il secondo, guardò il fiume e sospirò:
"io voglio essere una grande nave per trasportare re e regine".
Il terzo albero, guardò la valle e disse:
"voglio restare qui, sopra la montagna, e crescere tanto che le persone, quando mi guarderanno, alzeranno gli occhi e penseranno a Dio".
Passarono molti anni ed un giorno, arrivarono tre spaccalegna e tagliarono i tre alberi, tutti e tre ansiosi di essere trasformati in quello che sognavano.
PerO', i legnaioli non erano abituati a sentire ne' a capire i sogni!... Peccato!
Il primo albero fini' per essere trasformato in una mangiatoia per animali piena di fieno.
Il secondo si trasformo' in una semplice e piccola barca da pesca che trasportava tutti i giorni persone e pesci.
Il terzo, pur sognando di restare sopra la montagna, fini' per essere tagliato in grandi e grosse travi e fu messo da parte in un deposito.
Tutti e tre si domandavano delusi e tristi:
"e perche' e' successo cosi'"?
Ma, in una notte speciale, piena di luce e stelle, mentre si sentivano mille canzoni nell'aria, una giovane donna mise il suo bimbo, appena nato, in quella mangiatoia per animali.
All'improvviso, il primo albero percepi' che conteneva il maggiore tesoro del mondo...
Il secondo albero, più tardi, fini' per trasportare un uomo che si addormento' sulla barca, ma quando la tempesta stava quasi affondando la barca , l'uomo si alzo' e sgrido' le acque che si calmarono!
All'improvviso, il secondo albero capi' che trasportava il Re del Cielo e della Terra!
Alcuni anni dopo, in un venerdi', il terzo albero si spavento' quando le sue travi furono trasformate in una croce ed un uomo vi fu crocifisso.
L'albero si sentì orribile e crudele. Pero', il giorno dopo , il mondo grido' di gioia ed il terzo albero capi' che su di lui un uomo era stato crocifisso per la salvezza dell'umanitá e capi' che guardando quella croce le persone si sarebbero sempre ricordate di DIO e di suo figlio GESU' CRISTO.
Gli alberi hanno avuto dei sogni... Ma la loro realizzazione è stata mille volte piu' grande e piu' buona di quanto avrebbero potuto immaginare.
Non importa se il tuo sogno é piccolo o grande.
Se credi e ti impegni nella sua realizzazione, la vita diventerà più' bella!

 

Preghiera per il buon umore
Dammi, o Signore, una buona digestione e anche qualcosa da digerire.
Dammi la salute del corpo, col buon umore necessario per mantenerla. Dammi, o Signore, un'anima santa, che faccia tesoro di quello che è buono.
Dammi un'anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che io mi crucci eccesivamente per quella cosa troppo invadente che si chiama "Io".
Dammi, o Signore, il senso dell'umorismo.
Concedimi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po' di gioia e possa farne parte anche ad altri.

 

LA MOFFETTA E IL SUO ODORE
La moffetta e' un animale dall'aspetto simpatico e buffo.
E' un animale di media taglia, con il corpo molto grosso e tozzo, una coda folta e lunga e le orecchie corte e rotonde.
Il muso e' leggermente allungato.
Il colore della pelliccia varia dal beige, al crema, al nero.
Quattro o sei strisce bianche laterali che si congiungono a livello del collo sono la caratteristica costante.
In un tempo molto lontano, la moffetta era un animale molto grande.
Oggi assomiglia piu' o meno a un gatto, ma anni e anni fa era grande come un cavallo.
Poi con il passare del tempo, comincio' a diventare sempre piu' piccola.
"Se continuo a rimpicciolirmi, perdero' la mia forza e diventero' facile preda degli animali piu' grandi" rifletteva la moffetta.
"Come potro' cacciare e alimentarmi, difendermi e avere una vita normale?" si chiedeva.
La moffetta decise che avrebbe cercato un rimedio per mantenere le sue caratteristiche anche con un corpo piu' piccolo.
Comincio' a cercare nel bosco un'erba che le assicurasse forza e potere.
Alla fine trovo' una piantina che faceva al caso suo.
la porto' nella sua tana, la fece seccare e la ridusse in polvere.
Poi la mise in un sacchetto e si abituo' a portarla sempre con se'.
Per essere certa delle potenzialita' del suo rimedio, decise di metterlo alla prova.
Penso' che l'essere vivente piu' grande che conosceva era la quercia.
E proprio contro di lei decise di provare la polverina.
Ne mise un po' in una ciotola d'acqua e la bevve.
"Puoi impedirmi di cacciare tutte le prede che voglio, vecchia quercia?" urlo' la moffetta davanti al maestoso albero.
L'animale stupito fece appena in tempo a spostarsi, che la quercia cadde al suolo e quasi si disintegro'.
Davanti a quel mucchietto di cenere, la moffetta capi' che la polverina avrebbe funzionato.
La pozione serviva a sviluppare una puzza insopportabile!
Ed e' la stessa che ancora oggi protegge puzzole e moffette da incontri indesiderati!

 

L'alba
Un vento leggero si alzò dal mare;
disse alla nebbia: "Fammi passare!".
Scosse le vele delle barche nel porto:
"Salpate, marinai, che il giorno è sorto!"
E corse via per le pianure intorno:
"Svegliatevi, svegliatevi, ch'e' giorno!"
Squassò le chiome a tutta la foresta
"Spiega le tue bandiere, ora che sei desta".
Lieve toccò le ali ripiegate
agli uccellini: "E' l'alba, su, cantate!"
Nell'aia al gallo scompigliò le penne:
"Suona la sveglia" disse e ai campi venne.
Tutte piegò le spighe ad un inchino:
"Salve" dicendo "Ecco il mattino!".
Nel campanile entrò prepotente:
"Scuotiti bronzo a ridestar la gente!".
Ma sospirò, passando al cimitero:
"Pazienza, non è ancora il Giorno vero".

 

IL SORRISO
Non dura che un istante ma nel ricordo puo' essere eterno.
Nessuno e' cosi' ricco da poterne fare a meno e nessuno e' cosi' povero da non meritarlo.
Creatore di felicita' in casa, negli affari e' un sostegno, e' il segno sensibile dell'amicizia profonda.
Un sorriso da' riposo alla stanchezza, allo scoraggiamento rinnova il coraggio, nella tristezza e' consolazione, e' l'antidoto naturale di tutte le nostre pene.
Ma e' bene che non si possa comprare, né rubare, ne' prestare, poiche' solo ha valore nell'istante in cui si dona.
E se poi incontrerete talora chi l'aspettato sorriso a voi non dona, siate generosi e date il vostro.
Perché nessuno ha tanto bisogno di sorriso come chi ad altri non sa darlo.

 

IL SEGRETO DELLA PICCOLA MARIELLA
"Anche oggi mi sono messa nei guai" penso' Mariella, quando senti' la voce della mamma un po' alterata.
La signora Elisa stava cercando di non urlare, ma appena si era accorta che la bambina aveva lasciato libri, giocattoli e qualche briciola di merendina sul tapeto della cameretta, la tentazione le era venuta.
"Mari, che cosa aspetti a mettere in ordine? Che vengano i pompieri a liberarti quando non uscirai piu' dalla tua stanza, intrappolata dal disordine?".
La mamma aveva ragione, ma la bimba non trovava mai il tempo per obbedire.
Ogni tanto anche papa' le faceva notare che dopo aver giocato, poteva anche riporre nella cesta dei giocattoli tutti i suoi tesori.
"Non proprio tutti" penso' ridendo Mari, mentre stava rannicchiata sulla panchina in cortile.
Eh si', perche' Mari da qualche settimana aveva un segreto.
Niente di grave, per carita', ma questo mistero un po' la impensieriva.
A scuola, nella mitica quarta B, stavano studiando gli animali.
In classe avevano tante gabbiette con uccellini, criceti e tartarughe.
Quando le uova della papera si erano schiuse, Mari si era innamorata di quei batuffoli di peluria gialla e si era portata a casa un pulcino.
Senza dire niente a nessuno, senza avere bisogno di nulla, stava curando il piccolino da sola.
E per mascherare la scomoda presenza aveva cominciato a lasciare in disordine.
Cosi' la mamma e il papa' non avrebbero visto la scatola di cartone e il prezioso inquilino.
E se glielo avessero tolto?
Se non le avessero permesso di tenerlo?
Avrebbe pianto per una settimana, giuro' a se stessa.
Quella sera, papa' a cena la guardava e sorrideva.
"Mari, non credi che il tuo amico starebbe meglio qui?" le disse.
E intanto la mamma le mostrava una gabbietta di metallo blu, comoda comoda.
Mari arrossi' e corse in braccio a papa'.
Peccato, adesso avrebbe dovuto mettere in ordine la cameretta!

 

Alba, tramonto e mezzodi'

Alba, tramonto e mezzodì,
si diffonde, allegro e antico,
della cicala il cri, cri, cri;
all'ombra di un frondoso fico
e' l'inverno ormai finito.
Foglie e frutti ben maturi
diffondono nell'aria
profumi dolce-amari.
Gran concerto si diffonde,
degli ulivi verde-argento
e' lo stormire delle fronde.
Profuma la terra calda
gialla, nera, nera, gialla
di biondo grano ondeggiante
sulla zolla ancora fumante.
Svanisce nel silenzio
un rumore di motore,
tace il tocco di campana,
la città è già lontana.

 

CUCCHIAINO D'ARGENTO
Cucchiaino d'argento
che vale cinquecento,
centocinquanta,
tutto il mondo canta.
Canta il gallo,
risponde la gallina.
La bella inglesina
s'affaccia alla finestra
con tre corone sulla testa.
Unta e bisunta
la tipa la si impunta,
la vecchia si annega
la ragazza prega.
Spenna l'uccello
dice che e' piu' bello,
annoda la cravatta,
le dice che e' matta.
La campana intanto suona,
e lei dice «Saro' piu' buona».

 

ALI' E LA LAMPADA MAGICA
C'era una volta un ragazzo di nome Ali', che viveva con la sua mamma in una piccola citta' araba. I due erano molto poveri e abitavano soli con un bel gatto nero.
Un giorno Ali' ando' al mercato e contratto' sul prezzo con un vecchio mercante per comprare una cassapanca.
Alla fine, dopo avere ottenuto un prezzo favorevole, la pago' e la porto' a casa.
Quando a casa apri' la cassapanca, usci' del fumo colorato e poi si materializzo' una bellissima ragazza.
"Per fortuna mi hai liberato. Adesso riportami a casa, nel palazzo reale", disse la giovane.
Ali' si mise in cammino per riportare a casa la principessa.
Mentre cavalcavano il cammello, la giovane Samira disse: "Mio padre ti vorra' di certo dare una ricompensa.
Spero che decida di darti la lampada magica".
Infatti il sultano, una volta ringraziato Ali', gli regalo' una lampada di ottone e gli promise che avrebbe potuto sposare la Samira.
Purtroppo il mercante scopri' di avere venduto a poco prezzo un oggetto che aveva portato tante ricchezze e decise di approfittarne.
Ando' al palazzo del sultano e chiese di parlare con Ali'.
Mentre lo aspettava, il mercante ando' nella stanza di Ali' e gli rubo' la lampada.
I due giovani decisero allora di vendicarsi. Samira, che aveva poteri magici, si trasformo' in un gatto.
Ando' nella casa del mercante e riusci' a portare via la lampada.
I due giovani si sposarono e la festa duro' tre giorni e tre notti.

 

AIUTO I LADRI!
Tanto, tanto tempo fa c'era una famiglia molto tranquilla che una brutta notte venne derubata dai ladri.
Il giorno dopo se ne accorsero ed il papa' disse:
"Oh beh! non e' molto raro essere derubati dai ladri, anche se ci hanno rubato solo 3000 lire. Ma la prossima notte non sara' cosi'".
Invece a mezzanotte vennero rubate altre 3000 lire.
Il papa' disse:
"Adesso basta se ci rubano altre 3000 lire mi strozzo!".
Quindi chiamarono la polizia pero' niente da fare!
Non servi' a niente, percio' furono rubate altre 3000 lire.
Provarono di tutto: F.B.I., agenti segreti, spie...
Ma niente da fare: ogni giorno venivano rubate 3000 lire.
"E' strano che il colpevole si accontenti di cosi' poco", si diceva in famiglia.
L'ultima possibilita' per catturare il ladro, furono le trappole per topi.
Tutti risero quando papa' lo propose, ma funziono'!
E vennero catturati due topi con i soldi.
Il papa' esclamo': "Non pensavo che esistessero topi ladri".

 

TOPOLINO TOPOLETTO
Topolino, topoletto,
e' caduto giu' dal letto
e la mamma poveretta
gli ha tirato la scopetta;
corri corri dalla nonna,
gli ha tirato la colonna;
corri corri dal nonnino,
gli ha tirato dietro il vino; corri corri in ospedale,
gli hanno detto: "Buon Natale!"
Corri corri in farmacia,
gli hanno detto: "Pussa via!"
Corri corri dalla sorella,
gli ha tirato la scodella.

 

LA PRINCIPESSA IN PERICOLO
C'erano una volta due regni molto vicini.
Le famiglie regnanti furono allietate dalla nascita di un figlio lo stesso anno.
Una bimba in una reggia e un bimbo nell'altra.
Il principe e la principessa crebbero insieme e arrivati all'eta' di venti anni si innamorarono.
I due si volevano bene fin da bambini ed avevano deciso di sposarsi.
Ma la principessa aveva una zia cattiva che l'aveva minacciata:
se si fosse sposata, l'avrebbe trasformata in cerbiatto.
La principessa era disperata perche' non sapeva come fare.
Da piccola aveva giocato ore nel cortile di due famiglie di taglialegna che avevano tutte e due una figlia dell'eta' della principessa.
La giovane nobile confido' le sue preoccupazioni alla figlia di una delle due famiglie, che abitava a palazzo come dama di compagnia.
Purtroppo l'amica non mantenne il segreto e allora la principessa decise di parlare all'altra ragazza, che fu molto comprensiva e non disse niente riguardo al segreto.
Le due ragazze diventarono amiche e anche la figlia del taglialegna divento' istruita ed elegante come la principessa.
Un giorno, prima del matrimonio con il principe, la figlia del re chiese alla sua amica di sposare il ragazzo al posto suo.
"Risolvero' il tuo problema, tu sposerai il tuo amore e sarai felice con lui per sempre" disse la figlia del taglialegna.
Una maga le aveva rivelato che l'incantesimo si sarebbe rotto se il principe avesse ferito la moglie mentre lei aveva le sembianze di un cerbiatto.
"Colpiscila con la tua spada!" disse la giovane quando la principessa si trasformo' proprio sull'altare.
La vecchia zia urlo' di non farlo.
Ma appena il principe feri' il cerbiatto, la zia malvagia si trasformo' in una civetta e la principessa abbraccio' il suo amore.
E furono felici per sempre.

 

LA BAMBOLA DIMENTICATA
C’era una volta una bella bambola, con i capelli biondi fatti di lana e il vestito con toppe di tutti i colori.
Era appena uscita dalla fabbrica e viveva nel magazzino di un grande negozio.
Quando era arrivato lo scatolone con tutte le bambole, lei era caduta per caso ed era scivolata in fondo allo scaffale.
Quindi tutte le volte che le commesse andavano a prendere i giocattoli per metterli in vetrina, non la vedevano e la lasciavano li'.
Il negoziante non si ricordava nemmeno piu' di averla e dopo molti mesi era rimasta invenduta.
La bambola, che si chiamava Isabella, era molto triste perche' si sentiva sola.
"Il bello dell' essere una bambola e' che puoi giocare con i bambini" pensava.
"Ma se io sto sempre qui in mezzo alla polvere, la mia vita non ha senso".
Non e' vero che i giocattoli non hanno emozioni.
Bambole, pupazzi e peluche provano molta gioia quando vengono trattati bene e stanno vicini ai bambini.
Quando invece rimangono in un angolo, dimenticati a prender polvere, si intristiscono e diventano piu' brutti.
La povera Isabella si annoiava da morire e sognava ogni giorno di essere magicamente ritrovata da una bella bambina, bionda come lei.
E infatti cosi' accadde.
Una mattina entrarono nel negozio una bambina di nome Giulia, in braccio alla sua mamma, Francesca.
Giulia compiva quel giorno sei anni e la mamma le voleva comprare una bambola.
Ma la bimba aveva dei gusti difficili e desiderava un giocattolo che le piacesse al primo sguardo.
Il negoziante la fece entrare nel magazzino e le disse di fare un giro per scegliere quello che le piaceva.
"Mamma, mamma, eccola!" urlo' Giulia.
Tra le mani sporche di polvere stringeva Isabella che, a guardarla bene, sorrideva felice!

 

IL GATTO CON GLI STIVALI
C’era una volta un mugnaio che lascio' in eredita' al figlio solo un gatto.
Il ragazzo era rimasto un po' deluso, ma rimase molto sorpreso quando il micio lo tiro' per la giacca e gli disse: "Non avere paura, pensero' io a te".
Il gatto ebbe un’idea geniale. Si vesti' da nobile e offri' al Re un tacchino come regalo da parte del suo padrone, il Marchese di Caraba'.
Poi porto' il giovane nel fiume e, quando passo' il re grido': "Aiuto il Marchese di Caraba' annega!".
Il Re lo fece aiutare, lo vesti' con begli abiti e lo invito' a salire sulla sua carrozza.
Sul mezzo c’era la figlia del Re, che subito si innamoro' del figlio del mugnaio. Intanto il gatto era corso avanti e a tutti i contadini che incontrava ordino'di rispondere al Re, che quelle terre erano di proprieta' del Marchese di Caraba'.
Ogni volta che il Re chiedeva: "Di chi sono questi campi?" si sentiva rispondere:
"Del Marchese di Caraba'".
Il Re fu contento di scoprire che il giovane Marchese fosse tanto ricco.
Quelle terre erano in realta' di un terribile orco, che abitava in un castello su una rupe altissima.
Il gatto si arrampico' fin lassu' e chiese all'orco se era vero che poteva trasformarsi in un animale qualsiasi.
"Perche' non diventi un topolino, allora?", chiese il micio.
Quando l’orco fece l'incantesimo su di se', il gatto lo divoro' in un boccone.
Quando il Re giunse al castello fu accolto con un "Benvenuto al castello del Marchese di Caraba'".
Dopo un mese, il figlio del mugnaio (ormai ricco) e la figlia del re si sposarono.
E vissero felici e contenti insieme al gatto intraprendente.

 

LA FARFALLA
apparivi leggera, dolce, variopinta, troppo bella per essere finta, quando coloravi i miei sogni di amore con alati tocchi di gioia e stupore, ed io ti ho cercato, desiderato, inseguito, ecco, ecco quasi sfiorato...
Poi la sveglia mia ha destato a guardar questa farfalla solo, triste, senza più affanno un'ala è illusione e l'altra inganno.

 

IL CAFFE' DELLA PEPPINA
La Peppina fa il caffe'
fa il caffe' con la cioccolata
ma ci mette la marmellata
mezzo chilo di cipolle
quattro o cinque caramelle
sette ali di farfalle
e poi dice: "Che caffe'!"
Il caffe' della Peppina
non si beve alla mattina
ne' col latte ne' col te'
ma perche', perche', perche'?
La Peppina fa il caffe'
fa il caffe' col rosmarino
mette qualche formaggino
una zampa di tacchino
una piuma di pulcino
cinque sacchi di farina
e poi dice: "Che caffe'!"
Il caffe' della Peppina
non si beve alla mattina
ne' col latte ne' col te'
ma perche', perche', perche'?
La Peppina fa il caffe'
fa il caffe' con pepe e sale
l'aglio no perche' fa male
l'acqua si ma col petrolio,
insalata senza olio
quando prova col tritolo
salta in aria col caffe'.

 

PERCHE' LA GALLINA GRATTA LA TERRA
Molto tempo fa, la gallina e il falco erano grandi amici.
Un giorno la gallina era andata a trovare il falco, che in quel momento stava giocherellando con un sasso colorato.
La gallina disse:
"Che bello, sai che piacerebbe molto ai miei bambini?".
"Se vuoi te lo presto, cosi' potrai portarlo a casa e farci giocare i tuoi figli" propose gentilmente il falco.
"Ma stati attenta a non perderlo perche' mi piace e ci tengo molto" aggiunse.
La gallina prese il sasso e lo porto' a casa sua.
I pulcini apprezzarono il regalo e giocarono per ore con la bellissima pietra.
Poiche' non sapevano dell'accordo con il falco, i piccoli lo nascosero in una buca.
"Cosi' lo potremo trovare solo noi", pensarono. Purtroppo si scordarono dove l'avevano messo.
Quando il falco ando' a trovare la gallina, chiese se poteva riavere il sasso.
"Certo, lo vado a chiedere ai miei bambini", disse la gallina.
Ma nessuno sapeva dove era finito.
La gallina si mise a grattare la terra, mentre il falco sempre piu' nervoso stava ad aspettare.
Aspetto' molto tempo, poi si arrabbio'.
Il falco disse alla gallina:
"Poiche' sono i vostri pulcini che hanno perso il mio sasso, tornero' qui ogni giorno a prendere uno del vostri piccoli fin quando riavro' il mio sasso".
E cosi' dicendo, agguanto' un pulcino e lo porto' con se'.
Da allora, il falco torna sempre a prendersi un pulcino e la gallina gratta ovunque per terra, senza mai trovare il sasso colorato perso dal falco.

 

LA STRANA BANDA
Cammina l'orso nero
e dondola la testa
percorre il suo sentiero
in mezzo alla foresta.
La lepre si nasconde
con andatura lesta
saltando tra le fronde
in mezzo alla foresta.
Vaga un lupo furtivo
e le foglie calpesta
si abbevera in un rivo
in mezzo alla foresta.
Il giovane cerbiatto
con belle corna in testa
fa tanti salti in alto
in mezzo alla foresta.
Il suo cibo un procione
a lavare si appresta
con cura e attenzione
in mezzo alla foresta.

 

IL LUNGO VIAGGIO
C'era una volta un giovane che volle partire per fare un lungo viaggio.
Sua madre gli diede dei sacchi di carne secca e degli amuleti portafortuna.
Suo padre gli disse:
"Ti dono quattro frecce magiche.
Quando avrai bisogno, lanciane una!".
Il giovane ando' nella foresta e riusci' per diversi giorni a procurarsi cibo. Ma un giorno non riusci' a prendere niente.
Allora lancio' la freccia magica e riusci' a prendere un grosso orso.
Un altro giorno, fu di nuovo in difficolta':
rilancio' un'altra freccia magica e riusci' a prendere un'alce.
La terza volta che si trovo' in difficolta' riusci' a catturare grazie alla terza freccia magica una renna e la quarta volta catturo' un bufalo.
Dopo aver utilizzato anche l'ultima freccia, il giovane usci' dalla foresta ed arrivo' in un villaggio.
In un angolo c'era una capanna dove viveva un'anziana coppia.
Il giovane si presento' e la donna decise che avrebbe abitato con loro.
Il ragazzo si fece costruire delle frecce e si rese utile cacciando diversi animali.
Qualche tempo dopo senti' che nel villaggio molti erano spaventati per la presenza di un'aquila che uccideva il bestiame nei campi.
Il capo del villaggio promise che sua figlia avrebbe sposato chi riusciva a uccidere l'aquila.
Il ragazzo, che si era innamorato della bella fanciulla, ando' a caccia dell'aquila e la uccise.
"Non ho avuto bisogno delle frecce magiche per conquistare tutto cio'.
Ho guadagnato l'amore di una nuova famiglia e di mia moglie con le mie forze", penso' il giovane che decise di tornare nel suo villaggio dai veri genitori con la sua sposa.

 

POLLICINO
C’erano una volta un vecchio uomo e una vecchia donna, senza figli.
Erano molto tristi per questo e ogni giorno pregavano Dio di dare loro un bambino.
"Andra' bene anche se sara' minuscolo, alto come un pollice".
E infatti un giorno trovarono davanti alla porta di casa una piccolissima culla con dentro un neonato piccino piccino.
"Lo chiameremo Pollicino", disse la donna.
I genitori erano molto felici, perche' volevano tanto avere un figlio.
Pollicino comincio' a parlare, ad andare a scuola e ad aiutare il padre in negozio (contava i soldi nel cassetto), ma non cresceva di statura.
Mangiava, mangiava ma non si alzava.
Gentile e generoso, Pollicino aveva un grande dono: sapeva cantare benissimo.
Quando compi' 18 anni decise di andare in citta' in cerca di fortuna.
Si trovo' subito a fronteggiare un grande pericolo.
Cosi' piccolo com'era, rischiava di essere pestato dalla gente che camminava.
Imparo' allora a passare tra le scarpe dei passanti.
Lungo la strada, aveva incontrato un uomo gentile che gli aveva suggerito di farsi presentare al direttore del teatro.
Quando arrivo' nel grande palazzo, venne visto dalla figlia del responsabile del teatro, che lo volle tenere con se'.
La aiutava a leggere, voltando le pagine, cantava per lei, la faceva ridere e la seguiva ovunque, nascosto nei guanti.
Un giorno la ragazza venne aggredita.
Un bandito la voleva uccidere e derubare.
Pollicino e Serena, questo era il nome della giovane, scapparono nel bosco.
Naturalmente si persero e quando arrivo' la notte erano ancora in cammino.
Arrivarono davanti a una casa molto bella, ma piccolissima.
Pollicino ando' a bussare alla porta e gli basto' un'occhiata per capire che la donna che gli aveva aperto, era in realta' la sua vera madre.
Dopo alcuni momenti di commozione, la donnina rivelo' al figlio che se voleva poteva crescere.
Bastava bere una pozione magica.
Pollicino, che amava Serena, la bevve.
Usci' di casa velocemente e divento' alto, alto, quasi un metro e ottanta!
Un mago cattivo lo aveva rapito dalla casa della madre, appena nato, ma le aveva lasciato il filtro magico.
Pollicino e Serena si sposarono e vissero felici e contenti.

 

LA LETTERA DI NATALE
Letterina di Natale,
sotto il piatto del papa'
sta tranquilla, zitta e buona
finche' lui ti trovera'.
Quando poi, finito il pranzo,
saran letti i miei auguri,
saran lette le promesse
per il tempo che verra',
letterina te ne prego
tu per me non arrossire:
per quest'anno le promesse
io ti posso garantire,
perche' quel che ho scritto dentro
sara' proprio tutto fatto.
Letterina di Natale
sta tranquilla sotto il piatto.

 

LA PICCOLA FIAMMIFERAIA
Era la Vigilia di Natale stava nevicando.
Una magra bimba bionda, conosciuta nel quartiere come la piccola fiammiferaia, camminava sul marciapiede a piedi nudi.
Quando al mattino il patrigno le aveva ordinato di andare in centro a chiedere l'elemosina, le aveva lanciato un paio di vecchie scarpe da mettere.
Ma erano cosi' larghe, che la piccola le aveva perse nella neve.
Con i piedini viola per il freddo e lo stomaco vuoto, la bimba stringeva tra le mani un cestino pieno di scatole di fiammiferi.
Se nessuno le avesse dato qualche moneta in regalo, avrebbe dovuto offrire in vendita una scatola di fiammiferi.
Ma era la notte di Natale e ormai passava poca gente.
Tutti stavano raggiungendo le famiglie per cenare insieme e festeggiare.
Nessuno la guardava e tantomeno si fermava a comprare la sua povera merce.
Non avrebbe avuto soldi da portare a casa e il suo patrigno l'avrebbe punita.
La bimba camminava rasente i muri per non farsi bagnare dalla neve, ma ormai aveva la testolina completamente bianca.
Le finestre erano tutte illuminate e per le strade si sentiva il profumo delle buone pietanze di Natale.
Per scaldarsi le manine, la fiammiferaia accese un cerino.
Si sedette a un angolo di strada e cerco' di raggomitolarsi per disperdere meno calore possibile.
Prese un fiammifero da una scatola, lo strofino' contro il muro e la fiamma brillo' nel buio.
La piccola era cosi' stanca che le sembro' di vedere tra lo scintillio, una tavola imbandita, tanti piatti con cibi golosi e torte meravigliose.
Vide un camino e una grande e comoda poltrona.
Che differenza rispetto alla casa dove viveva sola con il patrigno, piena di spifferi e senza riscaldamento.
Quando il fiammifero si spense, la bimba ne accese un altro e continuo' a sognare la casa bellissima e calda.
Continuo' ad accendere cerini per molto tempo, fino a quando apparve la sua mamma.
Era tanto che non la vedeva, da quando era morta, giovane e bella consumata da una malattia.
La mamma sorrise e le disse quanto le voleva bene e come le dispiacesse che l'uomo con il quale viveva la trattasse cosi' male.
La donna pianse e tese le braccia alla sua piccola.
Al mattino, la bambina era ancora li', immobile, col sorriso sulle labbra.
Intorno a lei c'erano tanti fiammiferi bruciati, che le avevano donato gli ultimi momenti di calore.

 

LA LEGGENDA DEL VISCHIO
C'era una volta, in un paese tra i monti, un vecchio mercante.
L'uomo viveva solo, non si era mai sposato e non aveva piu' nessun amico.
Per tutta la vita era stato avido e avaro, aveva sempre anteposto il guadagno all'amicizia e ai rapporti umani.
L'andamento dei suoi affari era l'unica cosa che gli importava.
Di notte dormiva pochissimo, spesso si alzava e andava a contare il denaro che teneva in casa, nascosto in una cassapanca.
Per avere sempre piu' soldi, a volte si comportava in modo disonesto e approfittava della ingenuita' di alcune persone.
Ma tanto a lui non importava, perche' non andava mai oltre le apparenze.
Non voleva conoscere quelli con i quali faceva affari.
Non gli interessavano le loro storie e i loro problemi.
E per questo motivo nessuno gli voleva bene.
Una notte di dicembre, ormai vicino a Natale, il vecchio mercante non riusciva a dormire e dopo aver fatto i conti dei guadagni, decise di uscire a fare una passeggiata.
Comincio' a sentire delle voci e delle risate, urla gioiose di bambini e canti.
Penso' che di notte era strano sentire tanto chiasso in paese.
Si incuriosi' perche' non aveva ancora incontrato nessuno, nonostante voci e rumori sembrassero molto vicini.
Ad un certo punto comincio' a sentire qualcuno che pronunciava il suo nome, chiedeva aiuto e lo chiamava fratello.
L'uomo non aveva fratelli o sorelle e si stupi'.
Per tutta la notte, ascolto' le voci che raccontavano storie tristi e allegre, vicende familiari e d'amore.
Venne a sapere che alcuni vicini erano molto poveri e che sfamavano a fatica i figli; che altre persone soffrivano la solitudine oppure che non avevano mai dimenticato un amore di gioventu'.
Pentito per non aver mai capito che cosa si nascondeva dietro alle persone che vedeva tutti i giorni, l'uomo comincio' a piangere.
Pianse cosi' tanto che le sue lacrime si sparsero sul cespuglio al quale si era appoggiato.
E le lacrime non sparirono al mattino, ma continuarono a splendere come perle.
Era nato il vischio.

 

Oltre la notte
Guardate questo cieco
egli cammina come se vedesse
soltanto il passo appare un poco sbieco
e le coordinate, disconnesse.
Forse è l'istinto che guida la sua rotta
come animale perso nella nebbia
sembra un gabbiano con ali di catrame
che annaspa scoraggiato nella sabbia.
Eppure un giorno correva a perdifiato
e gli occhi verdi sembravano smeraldi
pieni di luce, colmi di coraggio
pronti a sognare, limpidi e beffardi.
Fu una vampata a togliergli la vista
un improvviso raggio rifulgente
di due graffianti pietre d'ametista
che lo colpirono negli occhi e nella mente
Ora il suo sguardo è diventato vetro
e mira in una sola direzione
non più davanti guarda, ma di dietro
come colui che ha perso cognizione.
Eppure ciò che vede senza vista
è più di quanto non abbia mai avvertito
e nella notte che ammanta la sua pista
comprende e vede, l'astratto e l'infinito.

 

Assonanza
Simboli bianchi nel mare di antracite
aspettano impazienti le carezze
ma la mia mente oggi non si addice
a rime di visioni od astrattezze.
Un chiodo fisso perfora il mio sentire
un'ansia che mi rode piano piano
un fumo denso che mi fa appassire
e blocca i miei viaggi nell'arcano.
Oggi il pensiero è collegato al corpo
e sente il peso del suo forte ruolo
un palloncino ben saldato al morso
che non riesce, più a spiccare il volo.
Forse un richiamo a stare nel presente
a non evadere l'effettività
l'indicazione che la sola mente
non può sfuggire alla conformità.

 

LA NOTTE DI NATALE
La notte di Natale,
e' nato un bel bambino,
bianco, rosso
e tutto ricciolino.
La neve cadeva.
Cadeva giu' dal cielo,
Maria col suo velo
Copriva Gesu'.
Maria lavava,
Giuseppe stendeva
il Bimbo piangeva
dal freddo che aveva.
Sta zitto mio figlio
che adesso ti piglio,
del latte ti do;
ma pane non ho.
La neve cadeva,
cadeva giu' dal cielo,
Maria col suo velo
copriva Gesu'!

 

A CASA DI BABBO NATALE
Mancavano solo cinque giorni a Natale e i piccoli aiutanti di Babbo Natale erano molto impegnati.
Infatti stavano finendo tutti i giocattoli che i bambini e le bambine stavano aspettando per la notte del 25 dicembre.
Elfi e folletti non smettevano un attimo di cucire, incollare, assemblare e inscatolare.
"Siamo stati bravi oggi: abbiamo fatto molti giocattoli" disse uno degli elfi.
"Adesso possiamo riposarci un po'".
Non appena i piccoli operai ebbero riposto tutto per la notte, andarono a dormire nelle loro stanzette.
Dopo un po', Randy comincio' a sentire dei rumori che provenivano dal laboratorio.
Allora sveglio' gli altri e tutti si misero in ascolto.
Che cosa sara' stato? si chiesero.
"Forse e' Babbo Natale che controlla che tutto vada bene", disse Al.
"Oppure e' la signora Natale che mette a posto le nostre scrivanie" replico' Bud.
Due o tre coraggiosi, in pigiama e ciabattine, uscirono dalle stanzette per andare a controllare.
Saltellando sul pavimento freddo del corridoio, i folletti tenevano gli occhi ben aperti per evitare i pericoli.
Arrivati alla porta del laboratorio, si misero l'indice sulle labbra per ricordare di fare silenzio.
Con molta, molta calma, aprirono la porta del laboratorio e videro... bambole ovunque.
Bebe' e bamboline, pupazzi e bambole di pezza: tutte erano uscite dalle scatole e stavano allegramente ballando e scorrazzando per la stanza.
"Che cosa state facendo?" disse Randy.
Le bambole si zittirono e una di loro parlo':
"Volevamo festeggiare le nostre ultime notti al Polo Nord".
Allora elfi e folletti si unirono a loro e danzarono per tutta la notte, fino all'alba.

 

GLI AIUTANTI DI BABBO NATALE
Quel giorno era finalmente arrivato il momento che tutti al Polo nord avevano aspettato per un anno.
Le otto renne erano gia' state legate alla slitta e stavano correndo su e giu' per il cielo attorno alla casa di Babbo Natale per sgranchirsi le zampe.
Gli elfi agitavano le mani per salutare e scandivano saluti ad alta voce.
"Dai, ragazzi, torniamo al laboratorio e facciamo l'ultimo sforzo.
Mettiamo tutto a posto e puliamo, cosi' domani ci potremo godere il meritato riposo e un gustosissimo pranzo di Natale" disse uno dei folletti.
Mentre i piccoli aiutanti di Babbo Natale stavano riponendo strumenti, attrezzi e avanzi di materiale, uno di loro si accorse che l'orsetto che la piccola Amanda aveva chiesto in regalo, era rimasto su uno dei tavoloni.
"Peccato, abbiamo sbagliato e nel sacco di Babbo Natale abbiamo messo un cagnolino indirizzato alla bimba!" disse uno dei folletti.
"Cerchiamo di rimediare", dissero gli elfi, e decisero di chiamare Babbo Natale sulla sua radio ricetrasmittente.
"Abbiamo cattive notizie, capo, dovresti tornare indietro per rimediare a un nostro errore".
Ma Babbo Natale ormai era troppo lontano e non poteva permettersi di perdere tempo.
"Incontriamoci alla prossima tappa, quando mi fermero' per la consegna, voi mi darete il pacchetto giusto".
Allora due elfi attuarono il piano d'emergenza ed equipaggiarono una piccola slitta.
Attaccarono due renne e partirono di gran carriera.
Corri, corri, corri, la mini-slitta finalmente arrivo' nel posto giusto e in lontananza vide Babbo Natale che stava risalendo da un camino.
Gli elfi atterrarono sul tetto e fecero lo scambio di giocattoli.
"Bravi ragazzi, ancora una volta avete dimostrato di essere validissimi collaboratori!" disse Babbo Natale e prosegui' il suo lungo viaggio.

 

PASSIN PASSETTO
Passin passetto
salii sul tetto
salii sulla cima
d'una alta collina
di lassù vidi il mondo
da quadrato farsi rotondo,
guardandomi in giro
mi venne un capogiro,
giro, girello,
esci fuori bimbo bello.

 

LA CORNACCHIA VANITOSA
C'era una volta una cornacchia che si era stancata delle sue penne dai colori modesti.
Ne desiderava altre, più belle e appariscenti.
Ogni tanto si lamentava con le sue amiche cornacchie dell'abito scuro che indossava tutti i giorni e sognava di indossarne uno colorato ed elegante, in modo che tutti si voltassero ad ammirarla.
Un giorno trovò per terra alcune penne di pavone dai colori splendenti, li raccolse e se ne adornò:
contenta di averle trovate, si mise in mostra.
Incontrò alcune delle sue amiche e, con grande vanità, passò in mezzo a loro: alcune risero, ma lei le disprezzava perché non capivano la sua bellezza.
Fu così che perse l'amicizia delle sue compagne, ma la cornacchia vanitosa era talmente presa dal suo nuovo vestito che non gliene importò.
Andò allora tra i pavoni, sperando di essere accolta come una di loro.
Purtroppo la derisero tutti in coro e non la accolsero nel loro gruppo, perché era mezza cornacchia e mezzo pavone.
Sconsolata decise di tornare dalle compagne di sempre, ma queste la cacciarono intimandole di tornare con i pavoni e di non farsi più vedere.
Così la cornacchia dalle penne di pavone restò sola con la sua vanità.

 

LE FATE BIANCHE
C'erano una volta due sorelle di cui nessuno sapeva l'eta'.
Passavano le loro giornate filando e cantando.
Alcune donne del paese avevano ricevuto in dono dalle due fate bianche una matassa di lino.
Le donne beneficate godevano del privilegio di possedere matasse inesauribili; ma dovevano lavorare ogni giorno, comprese le feste, anche solo per pochi minuti.
E guai se si lamentavano o filavano controvoglia, perche' tutto scompariva e il lavoro di mesi andava in fumo.
Nel paese abitava una donna molto ambiziosa.
Aveva tre belle figlie e un marito che considerava di posizione sociale non abbastanza elevata.
Ma un giorno l'uomo, con imbrogli, era riuscito a fare un buon affare.
La donna decise di cucirgli un vestito per il giorno della firma del contratto.
Penso' allora di andare dalle bianche fate per chiedere loro consiglio.
Le due sorelle offrirono alla donna una matassa di filo d'oro.
L'uomo allora si reco' al palazzo del comune per firmare i documenti, con un vestito splendido.
Ma, quando ormai la cerimonia stava per finire, scoppio' una fragorosa risata generale perché il marito della donna ambiziosa, se ne stava in mutande, rosso come un papavero, a guardare quella folla piegata in due dalle risa.
La colpa era della moglie, che era a casa a lavorare al telaio e stava imprecando contro la conocchia fatata che le aveva impedito di assistere alla cerimonia.

 

NINNA NANNA BEL BAMBINO
Ninna nanna Bambino mio,
lascia che pianga io.
Sei arrivato sulla neve,
sei arrivato lieve, lieve.
Le cortine non son di seta
non di broccato le vestine,
t’hanno messo nudo a dormir
il freddo invernale a patir.
Una croce avevi per letto
una corona per guanciale,
Quanta luce c’era la Notte di Natale!

 

IL BAMBINO E L'ORSO
C'era una volta un falegname che viveva con il suo nipotino, rimasto orfano, in una baita in mezzo alle montagne.
Un giorno il falegname dovette lasciare la baita per andare a prendere provviste a valle.
Prima di andare via incarico' il suo nipotino di occuparsi della casa.
Gli disse di stare attento agli animali feroci che si aggiravano nella zona per cercare da mangiare e distruggere tutto il coltivato.
Il bambino ascolto' con attenzione il suo nonnino.
Dopo poco che il nonno era partito, arrivo' il nemico.
Un immenso e feroce orso!
Cari amichetti... Un immenso orso, che, imitando la voce del nonno, chiamo'e busso' alla porta per farsi aprire.
Al principio il bambino non seppe cosa fare e indugio', ascoltando i discorsi dell' orso.
L'orso, non solo era feroce, ma astuto come una volpe!
Il gigante diceva:
- Aprimi la porta bambino, aprimi e vedrai che ci divertiremo insieme! Ti portero' in un posto incantevole, pieno di neve, laghi e distese immense.
Li' potremo giocare, correre e divertirci con la neve!
Nel momento in cui il bambino, incuriosito e sedotto dalla voce dell'orso, stava per aprire la porta... una vocina dal di dentro gli ricordo' il pericolo e gli fermo' la mano.
Il piccolo coraggioso, guardo' attraverso una fessura della baita e cosi' vide il ferocissimo animale.
Senza indugio e senza farsi intimidire, si fece grande e disse:
- Bene, caro orso. Sei bravo a imitare la voce del mio nonnino, ma non saro'certo io, cosi' sciocco, da aprirti la porta e lasciarmi divorare!
Se davvero esistono questi bei luoghi, tutti innevati, dove puoi giocare e scivolare con la slitta fino al tramonto... ebbene, vacci da solo, magari un giorno ci rincontreremo li'! - Disse il bambino con fermezza e sicurezza. - Adesso te ne puoi andare, odiato animale!
E l'orso, scoperto e sconfitto se ne ando'a testa bassa.
Quando il nonno torno', trovo' la baita in perfetto ordine e, dopo aver sentito il racconto del nipotino, per ricompensarlo, gli regalo' una bellissima slitta nuova, tutta di legno e fatta con le sue mani.
Poi andarono insieme a provarla in quel luogo bellissimo.

 

LA BEFANA
La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
con le toppe alla sottana:
Viva, viva la Befana!
Col vestito alla romana
viene giu' questa befana,
ed un'aria un po' italiana...
Viva viva la Befana!
Col cappello alla romana:
Viva viva la Befana!
Porta un sacco pien di doni
da regalare ai bimbi buoni,
viene, bussa e scappa via,
la befana e' mamma mia.

 

NEL PAESE DI CICCIO CICCIONE
Carolina vive in un paesino chiamato Valino, lontano da tutti gli altri sulla vetta piu' alta di una montagna.
Un giorno, sull'autobus, mentre sta andando a scuola, incontra uno strano signore molto basso, paffuto e con un'enorme pancione! "Tieni quel ridicolo pancione al suo posto!" Gracchia una vecchia signora.
Allora, offeso e intimidito, decide di sedersi vicino a Carolina che gli sembra una bambina gentile e carina.
Carolina, incuriosita gli chiede:
"Come ti chiami? E da dove vieni?".
Il buffo signore le risponde: "Mi chiamo Ciccio Ciccione e vengo da Sproporzionato, un paesino che si trova in cima a una montagna, li' sono tutti sproporzionati, ci sono uomini col naso lunghissimo, uomini con le gambe lunghissime, donne col collo da giraffa e bambini con le orecchie grandi.
Nel mio paese piu'sei sproporzionato piu' sei bello!".
Carolina, sempre piu'incuriosita esclama:
"Che bello! Come mi piacerebbe vedere il tuo paese!".
In un battibaleno, Ciccio Ciccione afferra la bambina per mano e col suo bastone magico volano insieme a Sproporzionato.
Carolina incantata inizia a osservare tutto cio' che la circonda: case altissime e bassissime, alberi giganteschi, animali piu' grandi delle persone.
Ciccio Ciccione spiega a Carolina che ogni casa e' costruita su misura per chi la abita: le case larghe per i ciccioni come lui, quelle alte per gli uomini alti, ecc...
Mentre stanno parlando, alcune persone si dirigono verso Carolina e la guardano incuriosite.
Iniziano, senza volere, a prenderla in giro per il suo strano aspetto.
Carolina offesa scoppia a piangere.
In quell' istante Ciccio Ciccione interviene difendendola e raccontando a tutti che e' stata l'unica persona gentile e buona con lui.
Allora la piccola folla le chiede infinite scuse e la ringrazia per quello che ha fatto, dicendo:
"Non importa che sia brutta, l'importante e' che abbia un gran cuore!".
Al ritorno a casa, i genitori di Carolina le chiedono, come di consueto, come e' andata a scuola.
Carolina risponde:
"Bene, oggi ho imparato una bella lezione: non importa che una persona sia brutta, l'importante e' che abbia un gran cuore!".
Fine.

 

L'asino e il pettirosso
Era inverno, faceva molto freddo e tutte le strade erano ricoperte di neve e ghiaccio.
Il povero asino che era molto stanco non aveva più la forza di camminare fino alla stalla.
Le sue zampe erano pesanti e gelate e sprofondando nella neve rendevano il cammino sempre piu' faticoso.
"Ihh oh, ihh oh, qui mi butto e ci rimango!" disse l'asino lasciandosi cadere al suolo.
Un piccolo pettirosso che volava da quelle parti, vedendo l'asino sdraiato sul ghiaccio lo guardo', si avvicino', si poso' vicino al lungo orecchio e disse:
"Caro asino, amico mio, alzati subito e riprendi immediatamente il cammino!".
E l'asino rispose: "Perchè mai? Chi sei tu? Cosa vuoi da me?".
"Sono un uccellino che dall'alto vede tutto e questa volta ho visto che sotto di te, non c'è la terra, ma un grande lago gelato!"
L'asino piuttosto maleducato gli rispose:
"Lasciami in pace! Sono stanco e voglio riposare!".
In men che non si dica il calore del corpo del grosso asino inizio' a sciogliere il ghiaccio e l'asino incomincio' a sprofondare fra le enormi lastre di ghiaccio.
"Aiuto ihh oh!", urlava il poveretto, "Aiutatemi! Ohh!".
Il pettirosso cercava in tutti i modi di aiutare il povero animale, ma era troppo piccino per potercela fare da solo.
All'improvviso gli venne in mente di chiamare alcuni bambini che a quell'ora giocavano sempre nella zona.
I bambini capirono subito la gravita' della situazione e corsero immediatamente in suo aiuto.
Nonostante lo sforzo enorme riuscirono, tutti insieme a tirare fuori dal ghiaccio il povero asino, il quale li ringrazio' uno a uno e promise loro di portarli in giro sul suo dorso a giocare tutte le volte che avessero voluto.

 

I mesi dell'anno
Gennaio mette ai monti la parrucca
Febbraio grandi e piccoli imbacucca
Marzo libera il sol di prigionia
April di bei colori orna la via
Maggio vive tra musiche di uccelli
Giugno ama i frutti appesi ai ramoscelli
Luglio falcia le messi al solleone
Agosto, afoso, ansando le ripone
Settembre i dolci grappoli arrubina
Ottobre di vendemmia empie le tina
Novembre ammucchia foglie morte in terra
Dicembre ammazza l'anno e lo sotterra

 

BELLA E L' AMICO ISTRICE
In una colorata giornata di primavera, Bella stava osservando incantata i germogli che ricoprivano i rami degli alberi.
Ad un tratto la sua attenzione fu attratta da uno strano essere che si accingeva ad addentare tanto ben di Dio.
Era uno strano animale ricoperto da aculei incredibili che lasciavano libero solo il muso e gli occhi.
Bella, estroversa e curiosa per natura, decise di fare amicizia col buffo individuo:
"Ciao! Come ti chiami?"
chiese con voce squillante.
Lo strano essere si raggomitolò su se stesso, così da mostrare solo i temibili aculei, non rispose in alcun modo e restò completamente immobile.
Dopo qualche attimo di smarrimento Bella riprese coraggio e replico':
"Ciao... chi sei?"
Ancora nessuna risposta.
Allora Bella si avvicinò decisa di ottenere un risultato:
"Io mi chiamo Bella, e tu?"
L' animaletto sussulto' e piano piano mostrò una piccola parte del muso.
"Non devi aver paura" disse Bella, "voglio solo conoscerti".
"Io non voglio conoscere nessuno e non mi fido di nessuno", rispose sgarbatamente il buffo animale.
A quel punto Bella, ormai scocciata, replicò:
"e allora peggio per te, sei proprio maleducato.
Sbagli a rispondere in questo modo a chi ti si avvicina cordialmente".
Detto ciò si allontanò e ricominciò ad interessarsi ai germogli.
Dopo qualche minuto di riflessione, l'animaletto cambiò atteggiamento.
Si srotolò e si rivolse alla bambina:
"Ehi ...Bella. Io mi chiamo Pungino".
Lei rispose:
"Finalmente mi degni di una risposta!" Osservandolo attentamente chiese incuriosita:
"Cosa sono tutte quelle spine che hai sul corpo?"
"Sono aculei", rispose Pungino, mi servono come difesa dagli estranei.
Io sono un piccolo istrice.
"Un istrice? E' la prima volta che incontro un animale come te e sono felice di avere fatto una nuova conoscenza.
A me piace parlare con tutti e ci sono rimasta male prima quando mi hai risposto in quel modo".
Finalmente i due entrarono in confidenza e divennero amici, proprio come accade ai bambini e cominciarono a giocare felici.
Bella aveva cosi' insegnato a Pungino che gli aculei servono per difendersi dai malvagi e non per tenerli sul cuore.

 

Il sole innamorato
Una volta il Sole s'innamoro' di una piccola stella che gli stava di fronte.
La vedeva ogni mattina gingillarsi nel cielo e chiacchierare con tutti i pianeti e tutte le altre stelle.
Sbatteva le ciglia, si specchiava nelle scie delle comete ed era sempre pronta a catturare il primo raggio di sole per brillare piu' delle altre.
Il Sole, a forza di guardarla, si era talmente innamorato di lei che un giorno non riusciendo piu' a controllare il suo desiderio decise di farle un regalo.
Allungo' un raggio, stacco' da una nuvola un fiocco bianco a forma di rosa e lo dono' alla stella.
La stella impertinente rise del suo gesto e il Sole per la vergogna divenne tutto rosso e si tuffo' nel mare perche' nessuno se ne accorgesse.
Il giorno seguente il sole risorse e decise di fare un altro regalo alla stella.
Questa volta allungo' un raggio, rubo' la coda a una cometa e la dono' alla stella.
Anche questa volta la stella scoppio' a ridere, cosi' il sole, ormai offeso, si nascose tutto rosso dietro le montagne.
Il terzo giorno il sole si stufo' del comportamento della bella stella...
ma tanto impertinente! Cosi' decise di non farsi piu' vedere e inizio' a girare triste e sconsolato nascondendosi fra i pianeti.
All'improvviso, quando meno se lo aspettava, apparve una bellissima cometa che si avvicino' a lui e gli disse:
"amato sole, se continui cosi' ci farai morire di freddo! Abbiamo bisogno di te e del tuo calore! Non ci abbandonare!"
Il sole commosso e lusingato dalla richiesta della bellissima cometa smise di nascondersi e torno' a splendere sempre piu' forte.

 

CADE LA NEVE
Cade la neve, tutto e' bianco
e una bambina sprofonda di fianco.
Le due sorelle le danno una mano,
ma tutto e' invano!
Accorre la gente,
ma nessuno fa niente.
Solo uno spavento la fece rialzare
e tutto torno' a ricominciare.

 

COME IL COYOTE PORTO' IL FUOCO FRA GLI UOMINI
Tanto tempo fa, quando l'uomo era appena arrivato sulla Terra, era l'essere piu' felice che esisteva.
Saltava contento tra gli alberi e i prati, mentre i suoi bambini giocavano spensierati con tutti gli animali.
Non c'era nemmeno bisogno di andare a caccia, perche' l'uomo si cibava dei frutti spontanei della terra.
Ma un giorno arrivo' l' inverno, e inizio' a fare un freddo terribile, e molti bambini si ammalarono gravemente.
Un coyote che viveva da quelle parti si accorse che la gente del luogo iniziava ad avere grossi problemi.
Il coyote, come altri esseri, non aveva bisogno del caldo.
Passando vicino al villaggio degli uomini, vide che la paura e la disperazione si era ormai diffusa a causa di questo incredibile e inaspettato freddo.
"Il sole era cosi'caldo!", diceva un uomo, "potessimo avere un pezzo di sole nelle nostre capanne adesso!"
Il coyote capi' la loro tristezza e decise di aiutarli.
Su una montagna altissima vivevano i tre Esseri di Fuoco, che avevano un pezzo di sole per scaldarsi, ma che mai lo avrebbero dato, perche' erano cattivi ed egoisti.
Cosi' l' impavido coyote decise di andarlo a prendere da solo.
Con tanto coraggio scalo' la montagna, aspetto' che i tre Esseri di Fuoco andassero a dormire e poi rubo' il fuoco con l'aiuto di un ramo.
All'improvviso i tre Esseri di Fuoco si svegliarono e si accorsero del "ladruncolo" ed iniziarono a inseguirlo.
Il velocissimo coyote scappo' giu' dalla montagna, e attraverso' l'enorme foresta dove venne aiutato dagli abitanti del bosco (il procione, lo scoiattolo, l'orso e il cervo) per bloccare gli esseri malvagi.
In ogni caso, gli Esseri di Fuoco non avrebbero potuto attraversare la foresta ed arrivare alla pianura, perche' per la loro temperatura non sarebbero sopravissuti, si sarebbero spenti, e cosi', sconfitti, a fiamma bassa, dovettero tornare indietro.
Il coyote lascio' il ramo vicino al villaggio degli uomini, che da allora poterono avere un pezzo di sole per scaldarsi ed illuminarsi anche durante la stagione piu' fredda.

 

L'AMORE E LA FOLLIA
Si racconta che una volta, tanto tempo fa, tutti i sentimenti, le qualita' e i difetti dell'uomo si riunirono.
Dopo che la Noia aveva sbadigliato per l'ennesima volta la Pazzia propose di andare a giocare a nascondino.
La curiosita' chiese:
- A nascondino? Come si fa?
- E' un gioco, - spiego' la Follia, - io mi copro gli occhi e incomincio a contare fino a un milione. Voi intanto Vi nascondete e quando non c'e' piu' nessuno in giro e io ho finito di contare, il primo di Voi che trovo rimane al mio posto a fare la guardia per continuare il gioco.
L'Entusiasmo ballo' seguito dall' Euforia, dall'Allegria e fece tanti salti che fini' per convincere il Dubbio e l'Apatia, la quale non aveva mai voglia di fare nulla.
Ma non tutti vollero partecipare...
La Verita' preferi' non nascondersi, la superbia disse che era un gioco molto sciocco e la Codardia preferi' non rischiare.
- Uno, due, tre... - incomincio' a contare la Follia.
La prima a nascondersi fu la Pigrizia, che si nascose dietro la prima pietra del cammino.
La Fede sali' in cielo e la Invidia si nascose dietro l' ombra del Trionfo che era riuscito a salire in cima all'albero piu' alto.
La Generosita' invece non riusciva a nascondersi, ogni posto che trovava lo lasciava ai suoi amici.
Un lago cristallino? Ideale per la Bellezza, Un cespuglio? Perfetto per la Timidezza, Un soffio di vento?
Giusto per la Liberta'.
Finche' la Generosita' decise di nascondersi dietro un raggio di sole.
L'Egoismo invece si prese subito il posto migliore e superconfortevole, tutto per lui.
La Bugia si nascose... veramente non si sa dove, la Passione e il Desiderio si nascosero nel centro di un vulcano.
La Dimenticanza... non ce lo ricordiamo!
Quando la Follia arrivo' a contare fino a 999.999, l' Amore ancora non aveva trovato un luogo per nascondersi, perche' erano tutti occupati.
Alla fine vide un roseto e decise di nascondersi li', fra le bellissime rose.
- Un milione!!!- disse la Follia che inizio' a cercare.
La prima a farsi scoprire fu la Pigrizia. Poi la Fede, poi la Passione e il Desiderio, che aveva sentito vibrare dentro il vulcano. Trovo' poi l'Invidia che si era nascosta dove stava il trionfo.
Camminando vicino al lago, trovo' la Bellezza, poi il Dubbio, il quale non aveva ancora deciso dove nascondersi.
Eppoi uno dopo l'altro incontro' tutti gli altri, tranne l' Amore.
La Follia inizio' a cercarlo dietro a ogni albero, sotto il ruscello, in cima alla montagna... e quando fu al punto di darsi per vinta, vide il roseto e inizio' a muovere i rami, quando all'improvviso si senti' un doloroso grido.
Le spine avevano ferito negli occhi l'Amore!
La Follia non seppe cosa fare e come chiedergli scusa. Pianse, prego', imploro' e chiese perdono.
Da allora, da quando per la prima volta sulla terra si gioco' a nascondino: l'Amore fu cieco e la Follia non lo lascio' mai piu'.

 

LUMACA, LUMACHINA
"Lumaca, lumachina,
non correr, poverina!".
"Io corro quando posso
ma ho la mia casa addosso
e comunque chi va piano
va sano e va lontano!".
"Butta fuori le corna
senno' viene Martino,
il vecchio contadino
che con la zappa e lo zappino
ti butta giu' la casetta
e anche il tuo camino".
"Non sono poverina,
ma sono una dolce lumachina
che con in cima una casina,
si fa amare dalla contadina
e dal suo maritino
il buon Martino".

 

LA PRINCIPESSA DEL BAMBU'
C'erano una volta due vecchi coniugi Koni e Chiu.
Si volevano tanto, ma tanto bene, ma purtroppo erano molto poveri e per questo non potevano mantenere dei figli.
Cosi' gli anni passavano e Koni diventava ogni giorno piu' triste perche' non poteva avere quella bambina che tanto desiderava.
Per sopravvivere coltivavano la terra (che non era molto fertile) e tagliavano le canne di bambu' che poi vendevano al mercato.
Un bel giorno, Chiu, mentre stava tagliando le canne vide una bellissima canna di bambu' e decise di portarla a casa.
Giunto a casa, apri' la canna e con sua grande sorpresa, e con grande sorpresa di Koni, dalla canna usci' una bellissima bambina.
Un magnifico dono del cielo!
Passavano i giorni e i mesi e la bambina cresceva sempre piu' bella.
Chiu lavorava sempre di piu' per poter mantenere la figlia e Koni si dava tanto da fare per non farle mancare nulla.
Comprava le stoffe al mercato e le ricamava lei stessa per farle sembrare pregiate.
Tagliava e cuciva per lei kimoni all'ultima moda.
Due volte alla settimana Koni portava la sua bimba alla scuola di danza, dove andavano tutte le bambine del villaggio.
Per poter pagare la scuola ricamava tutti i vestiti per i saggi delle piccole ballerine.
Koni e Chiu erano felici.
Ma un giorno, la bambina ormai cresciuta disse ai suoi genitori adottivi:
"Io sono una principessa del cielo e il prossimo 15 ottobre dovro' ritornare da dove sono venuta!
I due vecchi si disperarono:
non volevano perdere la loro figlia, e tentarono di trattenerla facendole indossare un kimono magico, ma non ci riuscirono.
La ragazza volo' in cielo.
I due caddero in una terribile depressione!
Chiu non riusciva piu' a lavorare e Koni non mangiava, non cucinava e non ricamava piu'!
Presto si resero conto che la bambina, anzi la loro principessina, vegliava dal cielo sui suoi genitori adottivi che l'avevano educata con tanto amore, portando loro prosperita'.
Il terreno divenne piu' fertile e Koni divento' la piu' brava ricamatrice di kimoni del villaggio.
Nel ricordo della principessina, ogni 15 ottobre si festeggia la festa della Principessa del Bambu'.

 

LA CORNACCHIA E IL CANE
C'era una volta una cornacchia triste e sola perche' non riusciva ad avere amici.
Gli altri animali la consideravano brutta e antipatica.
Lei, invece, uccello dall'animo generoso, cercava in tutti i modi di farsi aprezzare.
Cosi' andava in giro facendo regali a tutti quelli che incontrava.
Un giorno un cane arrogante e presuntuoso le disse sfacciatamente:
"Risparmia i tuoi soldi, tanto sei antipatica a tutti e brutta!".
La cornacchia ci rimase molto male e se ne ando' via ancora piu' triste.
Il giorno dopo torno' dal cane e gli disse:
"Proprio per questo, perche' so di essere considerata antipatica, mi sforzo di essere gentile", rispose la cornacchia, "se fossi amata dagli altri, non avrei bisogno di ringraziamenti con doni e sorrisi!"
Il cane racconto' a tutti i suoi amici il dialogo che ebbe con la cornacchia.
Passarono alcune settimane, poi tutti gli animali insieme decisero di regalarle uno specchio.
Lei si specchio', si piacque e da allora ebbe piu' fiducia in se stessa e non ebbe piu' bisogno di conquistare gli altri a tutti i costi.
Da quel giorno, la triste cornacchia, non fu piu' triste ed ebbe tanti amici.

 

A POCO A POCO
Un poco oggi e un poco domani,
spiga con spiga, si fa un fascette;
con un fascette si fan tre pani
che dan da vivere ad un poveretto
sconsolato ma allegretto.
La goccia d'olio tien desto il lume;
da una scintilla s'accende il fuoco;
da una sorgente comincia il fiume:
perche' il molto vien dal poco.
E con i soldi che sai conservare,
farai pian piano un gruzzoletto,
finche' un bel giorno potrai comprare
quel che serve ad ogni ometto.
senza esser piu' sconsolato e poveretto!

 

UNA SPOSA PER UN TOPOLINO
C'era una volta un bellissimo topolino bianco, che diventava sempre piu' bello man mano che cresceva.
I suoi genitori, un po' preoccupati per il suo futuro, si chiedevano spesso dove avrebbero trovato una moglie degna per lui.
Quando arrivo' il momento di cercare una moglie decisero che solo nella famiglia di Dio poteva esserci una ragazza giusta per lui.
Cosi', come era solito fare nella tradizione dei topolini africani, gli anziani componenti della famiglia andarono da Dio a chiedergli una moglie per il bel topolino.
Giunti alla casa di Dio, gli anziani vecchietti entrarono e dissero:
"Signore nostro, siamo venuti per cercare la giusta sposa per nostro nipote, il bellissimo topolino bianco, solo tu puoi aiutarci!"
Dio allora disse:
"Grazie per essere venuti e avere avuto fiducia in me, io vi aiutero'.
Dovete andare alla casa del Vento, lui e' piu' veloce di me, ma attenti a correre forte per raggiungerlo e potergli parlare!"
Allora i vecchi topolini si incamminarono verso la casa del Vento.
Ma giunti la', il Vento disse loro:
"Vi ringrazio, per essere venuti qui, ma il Mare e' piu' forte e grande di me, andate da lui e aspettate... la marea vi condurra' nella giusta direzione."
Cosi' andarono in mezzo al mare con una barchetta.
Giunse l' alta marea e il mare con le sue onde inizio' a parlare:
"Topolini cari, grazie per essere venuti, purtroppo ho portato tante cose con la marea, ma non ho la topolina che cercate; andate dalla Montagna, lei e' piu' alta e stabile rispetto a me: sapra' aiutarvi".
A quel punto i messaggeri andarono dalla Montagna, la quale li ringrazio' e disse loro:
"Grazie topolini, so gia' quello che cercate, dalla mia alta vetta riesco a vedere tutto!
C'e' una creatura piu' potente, che mi sbriciola dalle fondamenta: abita la', andate a trovarla"!
I topolini ormai stanchi e un po' sfiduciati, andarono nella casa che gli era stata indicata e videro che era la casa di un Topo.
Il capofamiglia disse loro:
"Avete trovato la moglie per il vostro bellissimo topolino bianco!. Che gioia!"
E cosi' il bellissimo topolino bianco trovo' una moglie degna di lui.

 

UN PICCOLO GRANDE FUOCO
C'era una volta un piccolo fuoco che ardeva sul pianeta Terra: le sue fiamme fulgide avvolgevano la natura circostante e le sue punte erano ricolme di scintille.
Il suo corpo brillava.
Il piccolo fuoco si sentiva fiero e sicuro ed era portato a credere di essere la sola fonte di calore della sua vita.
Un mattino, al suo risveglio in un bosco, le dita del fuoco punsero un grande albero dalla chioma spruzzata di frutti.
Il vecchio tronco dallo sguardo saccente si volse al fuoco e disse:
"piccolo fuoco, perche' bussi alla mia porta ?".
"Non volevo, scusami.
Non ho bisogno di te, non vedi che brillo della mia luce ?" rispose il piccolo fuoco.
Il vecchio albero sorrise.
"Vedi, piccolo fuoco, c'e' un aspetto che devi considerare, noi creature della terra siamo un unico grande organismo che vive grazie alle energie di tutti", disse l'albero.
Il piccolo fuoco sembrava non capire.
Cosi' il saggio tronco aggiunse:
"come puoi vedere ogni scintilla del tuo corpo e' unita alle altre: non c'e' alcuna divisione.
Per noi creature e' lo stesso, ognuno di noi e' parte di un magico intero".
Il piccolo fuoco si era addormentato e una volta sveglio, nonostante non avesse ascoltato le parole del tronco, ebbe l'impressione di aver capito qualcosa, di aver raggiunto una nuova consapevolezza.
Fu allora che il piccolo fuoco si specchio' nel cielo e vide le creature della terra riflesse nelle sue fiamme ardenti.

 

IL PRINCIPE CALI' E LA PRINCIPESSA AFEF
C'era una volta il principe Cali', figlio del re di Giordania.
Cali' non solo era un bellissimo giovane, ma era anche astuto, intelligente, generoso ed amato da tutti.
Un giorno un sultano di un regno vicino, avido di potere e di territori, decise di attaccare il regno di Cali' per impossessarsene.
Organizzo' una spedizione in Giordania e con un esercito di mille guerrieri attacco' il palazzo del sultano e spodesto' i sovrani.
Cosi' Cali' e la sua famiglia furono costretti a lasciare il regno.
Dopo un lungo viaggio nel deserto giunsero nel regno di Persia, dove si stabilirono.
Li' Cali' inizio' a lavorare come stalliere.
In quel regno vivevano un sultano con la figlia, la principessa Afef, bellissima, dolcissima e molto saggia.
Un giorno mentre Cali' era nella piazza del mercato i banditori iniziarono a suonare per annunciare che la principessa Afef stava per uscire.
Cali' curioso, rimase a guardarla e fu colpito dalla sua bellezza.
Aveva sentito dire che Afef doveva ancora sposarsi, e chiese a una vecchia fattucchiera al mercato che cosa stesse succedendo.
"La principessa Afef non fa distinzioni di ceto.
Vuole sposare solo chi rispondera' a determinate sue risposte - spiegava a lui la fattucchiera - in tanti ci hanno provato, ma nessuno e' mai riuscito a guadagnarsi la stima della principessa".
Cali' decise di tentare: Afef era troppo bella per non rischiare.
Cosi' si presento' al suo cospetto.
Afef, colpita dall'aspetto sicuro e determinato di Cali', gli pose il primo quesito: "qual e' la creatura che abita in tutti i Paesi, che e' amica di tutti e non tollera nessuno uguale a se'?"
"E' il sole, - rispose Cali', - vive ovunque, ama tutti e nessuno puo' essere simile a lui!"
Allora Afef continuo' dicendo:
"Chi e' la madre che mette al mondo tutti i suoi figli e poi li divora quando sono cresciuti?"
"E' il mare, - rispose Cali', - madre di tutte le onde che poi ritornano in lui!"
E per finire Afef gli formulo' l'ultima domanda:
"Qual e' quell' albero le cui foglie sono bianche da un lato e nere dall'altro?"
"L'anno, - rispose Cali', - che alterna giorno e notte".
Allora Afef gli disse:
"Hai vinto tu, mio salvatore!"
Poco tempo dopo furono celebrate le nozze di Cali' e Afef e grazie all'esercito del suocero, Cali' pote' riconquistare il regno di suo padre.
E cosi' vissero felici e contenti.

 

IL MISTERO DELLA SCATOLA BLU
La scatola in raso blu era li', a portata di mano.
Lulu' la osservava da tempo, facendo varie ipotesi sul contenuto.
Oro e diamanti? Perle e rubini? Oppure messaggi d'amore da conservare con gelosia? O segreti microfilms?
Intenta nei suoi pensieri la bambina non si accorse che Pippo, un cucciolo di labrador di appena tre mesi, che sembrava un piumino di cipria, stava rosicchiando con tenacia ed allegria le gambe del tavolo.
" Smettila, smettila, se ti vede la mamma!" Gli grido' Lulu'.
"Vieni andiamo in giardino per un po', cosi' ti distrai".
Ma, al loro ritorno la scatoletta era scomparsa!
Lulu' ebbe un tuffo al cuore: il suo tesoro era sparito nel nulla!
"Mamma hai preso tu la bella scatoletta blu?"
"Quale scatola, non ne ho vista neanche una, non sara', come sempre, la tua galoppante fantasia?"
"Eppure non ho sognato, l' hai vista anche tu, vero Pippo?"
La bimba si infilo' allora il suo cappellino da Sherlock Holmes e incomincio' le indagini...
Ma niente, non riusciva a trovarla!
"Il mio tesoro, il mio tesoro, dov'è il mio tesoro..." gridava disperata girando per ogni angolo della casa" forse ho avuto un miraggio!"
Due giorni dopo, mentre giocava a nascondino con Pippo, un raggio di sole illumino' la sala e come per incanto la scatoletta riapparve, ma solo per un attimo.
Questa volta era trasparente e luminosa come l'acqua di una sorgente e sembrava che all'interno ci fossero mille bolle colorate.
Il piccolo labrador si lancio' per afferrarla, scodinzolando gioioso, ma, proprio come una bolla, svani' nel nulla.
Il mistero si infittiva sempre piu'.
E ancora il giorno dopo il cofanetto si materializzo', divenne un morbido rosso fragola e scomparve di nuovo.
Ormai la povera Lulu' pensava di soffrire di allucinazioni; lei e Pippo si guardavano sconsolati, non sapendo piu' che cosa fare.
Per qualche tempo e per brevi attimi rividero la scatolina, ora verde, ora gialla, arancio, viola...
Lulu' stava realmente pensando di avere una strana malattia!
Ma la mamma, a questo punto le disse:
"Quello che tu hai visto e' l'arcobaleno delle tue emozioni e dei tuoi desideri, sempre diversi e luminosi, quando saprai realmente cosa vorrai troverai la tua scatola."
Per molti anni la bambina non la vide piu' e, ormai cresciuta, non se ne ricordava nemmeno.
Un giorno, durante uno dei suoi viaggi in un paese pieno di sole e di allegria, Lulu' era una viaggiatrice curiosa e sempre pronta a scoprire nuove mete, senti' parlare di una cascata dall'acqua di smeraldo che si tuffava in un piccolo lago, e piena di curiosita' e con una strana emozione, volle andare a visitare quei luoghi.
Dopo una lunga camminata in un bosco fresco e profumato, Lulu' raggiunse la cascata e si tuffo' in quelle acque limpide e profonde, sentendo dentro di se' una pace e un'armonia ristoratrice.
E a quel punto la vide, dopo molto tempo, vide la sua scatoletta blu, scintillante e misteriosa, che si era materializzata vicino a lei.
O c'era sempre stata ed era lei che non la vedeva?
Finalmente riusci' a toccarla e ad aprirla.
Per prima cosa uscirono tutte le bolle colorate, i suoi sogni, le sue emozioni, che dipinsero il cielo a pois, e dentro rimase infine una piccola casa, la sua casa, quella che aveva sempre cercato.
E cosi' Lulu' rimase li' per sempre, in quel paese pieno di sole e di allegria.

 

DIN DON CAMPANA !
Din don campana
dammi la tua guardiana
non te la voglio dare
l'ho mandata a sposare
il di' di Sant'Antonio
faremo un matrimonio
matrimonio col buon pane
faremo Carnevale
Carnevale non vuol venire
perche' e' andato a dormire
allora pazienza
faremo la polenta
e un piatto di confettini
per far ballare i burattini!

 

NINNA NANNA DELL'ALFABETO
A e' un Anatroccolo che non sa volare
B e' una Banana ancora da sbucciare
C e' una Chitarra suonata con amore
D e' un Desiderio che porto in fondo al cuore
E e' un'Emozione dopo uno spavento
F e' una Farfalla che vola con il vento
G e' un Gelato al gusto di vaniglia
H e' il suono che fa una conchiglia
I e' Immaginare tante cose belle
L e' la Luna in cielo con le stelle
M e' un Momento che dura per la vita
N e' il coraggio di dir Non e' finita
O e' un Orsacchiotto con cui puoi giocare
P e' la Paura di volersi bene
Q e' un Quadrifoglio trovato per la via
R e' la Rosa piu' bella che ci sia
S e' un Sogno che puoi realizzare
T e' dir Ti voglio Tanto bene
U e' l'Ulivo colore dell'argento
V cosa puo' essere se non il Vento
Ed eccoci arrivati alla nostra meta
presentiamo a voi la signora Zeta
Z come Zucchero per il bimbo mio
Zucchero e' il bene che ti voglio io

 

IL PAESE SENZA DOLCI
C'era una volta, nella fredda Germania del Nord, un piccolo paesino isolato dal resto del mondo.
Gli abitanti del luogo erano molto legati alle tradizioni, proprio perche' non avevano contatti col mondo esterno.
Il conte Haider era l'unico nobile del paese e in quanto tale era l'unica persona colta, perche'aveva potuto studiare.
Per questo motivo era stato eletto sindaco.
Purtroppo aveva perso la moglie e da quando era rimasto solo era diventato molto rigido e intransigente.
Gli abitanti dovevano rigorosamente rispettare tutte le sue decisioni.
Non c'era democrazia.
La cosa piu' assurda era che in questo paese non c'erano pasticcerie!
Nemmeno nelle case private si potevano fare dolci!
Lo aveva proibito il conte dopo la scomparsa della moglie, la quale era morta per una indigestione di pasticcini.
Quella terribile vicenda gli aveva fatto perdere la ragione...
Gli abitanti non avevano la forza di ribellarsi alla sua autorita' perche' non si sentivano in grado di governare il paese.
Un giorno con il vento fortissimo del Nord, giunse in paese un pellegrino, che cercava una dimora.
Il conte non amava i forestieri perche' aveva paura che potessero turbare l'apparente tranquillita' di quel luogo.
Comunque non gli nego' ospitalita'.
Combinazione quell'uomo per vivere faceva il pasticcere!
Senza preoccuparsi delle leggi del conte Haider, il pellegrino incomincio' a fare dolci per ricambiare l'ospitalita'.
Quando il conte lo venne a sapere ando' su tutte le furie e caccio' immediatamente il forestiero dal paese.
Gli abitanti erano tristi e stanchi per l'intransigenza del "padrone".
E' vero che i dolci non erano indispensabili all'alimentazione, ma come si poteva pensare di festeggiare un compleanno soffiando sulle candeline di una torta fatta di crauti e patate?!
Inoltre i bambini non mangiavano piu' dolci da cosi' tanto tempo che ormai preferivano saltare la merenda!
Il pellegrino non si diede per vinto e decise di comunicare con le persone per trovare una soluzione.
Insieme decisero di organizzare una festa a sorpresa per il conte; una festa a base di dolci.
Cosi' fu.
Con una scusa banale, invitarono il conte nella casa piu' grande del paese addobbata con festoni; quando entro' rimase impietrito!
Non si aspettava un tale affronto...
Basto' un applauso, un gesto d'affetto e una canzone per fare tornare il sorriso a quell'uomo, che aveva tanto sofferto...
Il conte non disse una parola, nessuno gli aveva piu' fatto una torta da quando la sua amata era volata in cielo.
Guardo' commosso i suoi compaesani e li abbraccio' con lo sguardo; quello sguardo di un uomo solo che aveva tanto bisogno di affetto.
Quel giorno il conte decise di istituire la festa del dolce.
Ancora oggi i pellegrini di tutto il mondo si fermano in quel paese, per la "festa del dolce" e per assaggiare le prelibatezze della pasticceria "Il pellegrino".

 

LA VOLPE, IL LEONE E IL BRAMINO
C'era una volta un bramino, un sacerdote dell'India, un po' ingenuo e molto buono.
Il religioso si muoveva spesso per andare a celebrare cerimonie religiose in luoghi lontani e isolati.
Un giorno decise di andare a predicare in un villaggio lontano, per raggiungerlo dovette passare attraverso una foresta.
Lungo il cammino incontro' un leone rinchiuso in una gabbia.
Il bramino provo' pieta' per l'animale e decise di liberarlo, nonostante sapesse che i leoni potevano mangiare gli uomini.
Il leone gli disse:
"Ti giuro che non mangerei mai il mio benefattore!"
Cosi' il buon bramino lo libero'.
A quel punto l'animale disse:
"Come hai potuto pensare che dicessi la verita'? Ho fame e ti mangero'!".
Allora il bramino gli chiese:
"Prima di mangiarmi, sentiamo cosa ne pensa questo albero!"
L'albero rispose:
"Gli uomini sono cattivi.
Io offro loro riparo e refrigerio, e loro per tutta ricompensa mi tagliano e mi uccidono.
Per me lo puoi mangiare!"
Il bramino decise di chiedere un altro parere:
poco lontano, in una radura, c'era un asino che stava brucando... gli fecero la stessa domanda e l'asino rispose:
"Gli uomini? Creature perfide! Ci sfruttano tutta la vita, e quando siamo vecchi ci abbandonano.
Mangialo pure!"
In quell'istante, videro che stava arrivando una volpe:
"Chiediamo anche a lei, - disse il bramino, - e se anche lei dira' di mangiarmi, potrai mangiarmi!"
La volpe guardo' i due e disse:
"Voi mi state prendendo in giro: ma come faceva un leone cosi' ciccione a stare in una gabbia cosi' piccola?"
Il leone, un po' alterato, rispose che invece era possibile, e la volpe continuo':
"Si', e io vi credo!
Figuriamoci un po'..., per me mi state prendendo in giro!"
Arrabbiato, il leone entro' nella gabbia e immediatamente la volpe chiuse la porta di ferro e l'assicuro' con la sbarra; poi si rivolse al bramino e disse:
"Nella vita non basta essere buoni e bravi, ci vuole sempre un po' d'astuzia!"
Quel giorno il bramino non ando' al villaggio, ma ritorno' a casa a meditare su quello che aveva imparato dall' astuta volpe.

 

L'EPIDEMIA
In un piccolo paese d'Oriente si diffuse una epidemia.
Nessuno seppe come, nessuno seppe perche'.
Ad un tratto,il cielo si irrito' e si volse indietro.
Gli alberi, stanchi, si piegarono e il sole inizio' a gocciolare. Le nuvole sempre piu' gonfie iniziarono a starnutire e la bufera soffio'.
Gli uomini del villaggio ebbero riparo nelle case ma la loro pelle invecchiava a vista d'occhio: capelli bianchi si diffusero fra le lunghe e nere chiome delle madri mentre le spalle delle giovani sfiorivano.
Piu' gli abitanti del villaggio discutevano sul da farsi, maggiore era il diffondersi del morbo sconosciuto.
Il consiglio dei Saggi si riuni' e parlo' per giorni e giorni ma la situazione peggioro'.
Le donne dissero, confabularono e pregarono ma nulla di buono accadde.
Un giorno, la pioggia cadde dal cielo con violenza, mista a lapilli e cenere.
Gli uomini ebbero paura e nessuno parlo'.
Il silenzio allora si diffuse nelle valli ed ebbe ragione della tempesta.
I saggi si riunirono ma questa volta nulla fu detto.
Tutti compresero che il virus diffuso era la parola.
Il piccolo paese d'Oriente tacque per sempre e visse per l'eternita'.

 

LA GIOSTRA DEI PIANETI
A quest'ora su Marte,
Mercurio o Nettuno,
qualcuno sta cercando una parola
che non conosce nessuno.
A cominciar la filastrocca sta
finche' la giostra dei pianeti va.
E certo nel cielo di Orione,
dei Gemelli, del Leone,
un altro dimentica nel calamaio
i segni d'interpunzione...
Io ascolto lo scricchiolio
del firmamento
da dove viene un dolce movimento.
A cominciar la filastrocca sta
dove la giostra dei pianeti va.
In un gran girotondo
stanno i pianeti di tutto il mondo;
Marte, Venere e Plutone
insieme a Giove, Saturno e Orione,
la piu' bella costellazione;
uniti in un abbraccio stan
finche' la giostra va...

 

JO IL PESCATORE E LA DONNA-DELFINO
C'era una volta in un villaggio sulla costa del mare d'Irlanda, un giovane pescatore che si chiamava Jo Moore.
Ormai da tempo era in cerca di una moglie perche' aveva un gran desiderio di pescare e cucinare il pesce per una famiglia tutta sua.
Un mattino, all'alba, vide su uno scoglio vicino a casa sua una bellissima donna.
Si avvicino' per conoscerla, ma lei si tuffo' in mare e spari' fra le onde.
Il giorno dopo torno' sul posto e rivide la bellissima donna che impaurita scappo' via un'altra volta. E cosi' successe anche una terza e una quarta volta.
Il quinto giorno c'era l'alta marea e Jo non la vide, ma penso' a lei intensamente, senza riuscire a lavorare.
Il mattino dopo la rivide. Stranamente lei non scappo', ormai aveva capito che poteva fidarsi di Jo il pescatore.
I due si conobbero, parlarono a lungo, si innamorarono...
Purtroppo per sposare la donna-delfino Jo avrebbe dovuto rinunciare per sempre al suo lavoro e a mangiare i piccoli pesci del mare.
Jo non poteva accettare questo perche' era tutto cio' che aveva.
Se avesse smesso di pescare la gente del villaggio non avrebbe avuto piu' niente da mangiare.
La donna-delfino capi', si tuffo' in mare e scomparve tra le fredde acque del mare di Irlanda.
Non torno' mai piu'.
Jo non si sposo' mai, ma visse tutta la vita col ricordo della bellissima donna-delfino, la quale fu sempre al suo fianco, proteggendolo durante le tempeste e facendo in modo che le retate di pesce fossero abbondanti per tutti gli abitanti del villaggio.

 

UNA STELLINA PER FRANCESCA
Lassu' nel blu della notte una stellina piangeva:
Doveva lasciare la galassia, abbandonare il Sole e la Luna, Giove, Plutone, Venere e la Terra.
Soprattutto la Terra, con i suoi mari, i fiumi, le montagne con gli alberi, i fiori, i bambini.
E piangeva, piangeva e le sue lacrime scendevano nella notte con una pioggia di pagliuzze dorate, delicata come la neve in primavera.
"Cosa succede?", si chiese Francesca, una bambina vispa e curiosa che, come tutte le sere stava guardando il cielo con il suo telescopio, "e questa cos’e'?" -continuo' mentre raccoglieva con cura una lacrima d’oro.
E ne raccolse poi un’ altra e un’ altra ancora fino a riempirsene le tasche.
Non riusciva proprio a capire cosa stava succedendo! Era pero' ormai tardi e ando' quindi a dormire, ma nel sonno sogno' di essere trasportata in un altro universo, trasparente e pieno di luce dove incontro' la stellina triste.
"Vieni con me - questa le disse dolcemente - e faremo un viaggio che non potrai mai dimenticare.
Francesca accetto', si aggrapppo' alla lunga coda dorata della stellina e partirono insieme nell’azzurro senza tempo...
Si tuffarono in un caleidoscopio di colori, in cui bagliori intensi si alternavano a momenti di buio profondo, videro mille albe e mille tramonti, ascoltarono centinaia di linguaggi diversi e respirarono i profumi piu' intensi.
"Quanto duro' il viaggio?"
Mesi, anni o forse un minuto, Francesca non lo seppe mai.

(CONTINUA NELLA SECONDA PARTE)

 

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lunedì 15 luglio 2002 20.28.07